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Il filo nascosto: L’uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg

Seguendo la scia di David Bowie, il terzo appuntamento de Il filo nascosto si concentra su L'uomo che cadde sulla Terra.

Una figura inquietante e allo stesso tempo magnetica si aggira con fare spettrale per le desolate strade della provincia americana. Un alieno sceso letteralmente sul nostro pianeta alla ricerca di salvezza per il proprio popolo, errante essere cristologico inevitabilmente fuori posto all’interno di un genere umano sempre più individualista, ma allo stesso tempo perturbante creatura androgina e pansessuale, in netta continuità con Ziggy Stardust e con le sue avventure sui palchi di tutto il mondo. Si apre così L’uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg, cult fantascientifico degli anni ’70 e allo stesso tempo folgorante esordio sul grande schermo per uno dei più grandi artisti a tutto tondo del ‘900, capace di segnare indelebilmente un’epoca e un immaginario.

Dopo l’appuntamento con Labyrinth – Dove tutto è possibile della scorsa settimana, per la nostra rubrica a tema cinematografico Il filo nascosto seguiamo quindi ancora David Bowie, impegnato in una prova di segno opposto rispetto a quella offerta nel lavoro di Jim Henson: mentre il Re dei Goblin Gareth è un personaggio istrionico, spavaldo e costantemente sopra le righe, il Thomas Jerome Newton de L’uomo che cadde sulla Terra è la perfetta rappresentazione dello smarrimento, della solitudine e del disagio esistenziale, non a caso coevo di un’altra sontuosa incarnazione dell’alienazione come il Travis Bickle di Taxi Driver, uscito anch’esso nel 1976.

Il baricentro emotivo e narrativo di un’opera sghemba e ancora oggi sfuggente, figlia dell’omonimo romanzo di Walter Tevis, sottovalutato e prematuramente scomparso autore di una manciata di opere ampiamente saccheggiate dal panorama hollywoodiano, a cominciare da Lo spaccone (e dal suo seguito Il colore dei soldi) e per finire con La regina degli scacchi, base per l’omonima miniserie Netflix.

L’uomo che cadde sulla Terra: il disperato e sfuggente esordio al cinema di David Bowie

L'uomo che cadde sulla Terra

Sulla carta, l’intreccio su cui si poggia L’uomo che cadde sulla Terra è abbastanza semplice e lineare: un alieno in fuga da un pianeta sempre più arido e inospitale si reca in incognito sulla Terra, attratto dall’acqua presente in abbondanza in questo minuscolo pezzo di universo; grazie alle sue conoscenze, riesce a mettere in piedi un vero e proprio impero tecnologico e finanziario, con il quale organizza una missione spaziale con l’intento di fare ritorno a casa. La vera natura di Newton viene però scoperta dalla CIA, che rapisce e segrega la creatura per compiere indagini e approfondite analisi sulle sue potenzialità.

Ormai privo di una vera identità, Newton è condannato a un lungo oblio, incapace di invecchiare all’interno di un mondo che muta repentinamente intorno a lui e contemporaneamente devastato dall’alcol, che il suo organismo non è in grado di metabolizzare.

Un alieno buono, per certi versi precursore dei visitatori di Incontri ravvicinati del terzo tipo e dell’iconico E.T. l’extra-terrestre, entrambi di Steven Spielberg. Ma allo stesso tempo, anche una dolorosa rappresentazione della vita dello stesso Walter Tevis, uomo schivo e profondamente disilluso, dipendente dall’alcol e costretto per molto tempo a convivere con un cancro che ha messo anzitempo fine alla sua vita e alla sua prodigiosa produzione letteraria.

Un’opera rarefatta e prismatica

L'uomo che cadde sulla Terra

A rendere L’uomo che cadde sulla Terra un’opera rarefatta e prismatica sono soprattutto Nicolas Roeg e lo stesso David Bowie. Il regista compie un lavoro incredibilmente ardito e ambizioso, adottando il punto di vista dell’alieno e mettendo il suo unico stile al servizio di una narrazione che sfida apertamente le dinamiche tipiche del cinema mainstream, con stordenti ellissi temporali affiancate da brusche deviazioni a livello di temi e registri. Il suo florido background come direttore della fotografia (La maschera della morte rossa, Il dottor Živago e Fahrenheit 451 sono solo alcune delle opere a cui ha contribuito) permette inoltre a Roeg di accompagnare con le immagini il tormentato cammino di Newton, con toni scuri e lugubri che deflagrano in improvvise scariche di colore e dinamismo, come nelle stranianti sequenze erotiche.

I moderni cercatori di buchi di trama, sempre pronti a distogliere la loro attenzione dall’essenza stessa del cinema per concentrarsi su aspetti del tutto marginali, troverebbero ne L’uomo che cadde sulla Terra terreno fertile per la loro laboriosa attività. Con il contributo del montaggio decisamente fuori dall’ordinario di Graeme Clifford, Nicolas Roeg si diverte a spiazzare lo spettatore, alimentando la fortissima aura di mistero che contraddistingue il racconto con un lavoro che mira a demolire scientemente ogni suo punto di riferimento.

Si fatica a tenere il conto dei risvolti della parabola di Newton affrontati in modo vago e farraginoso, e gli stessi salti temporali sono realizzati con aperta noncuranza dei canoni a cui siamo abituati. Dinamiche che ci portano a provare una sensazione di smarrimento simile del tutto paragonabile a quella di Newton. Completano l’opera delle vere e proprie schegge impazzite narrative, come gli stranianti flashback della vita del protagonista o le psichedeliche scene di sesso, accompagnate da un sonoro chiassoso e volutamente disturbante.

L’uomo che cadde sulla Terra: la straniante performance di David Bowie

L'uomo che cadde sulla Terra

L’altra pietra angolare de L’uomo che cadde sulla Terra è ovviamente David Bowie, che si fonde letteralmente con il suo personaggio, diventando fondamentalmente indistinguibile da esso, nonostante la colonna sonora da lui composta per il film sia stata sorprendentemente scartata da Roeg. Nel corso di un’intervista concessa a Rolling Stone nel 1983, l’artista ha dichiarato che all’epoca delle riprese si trovava anch’esso in uno stato di alienazione simile a quello di Newton, soprattutto per via delle ingenti quantità di cocaina che era solito consumare. Il risultato di tutto questo sullo schermo è evidente, e non fa che rendere ancora più straziante il martirio fisico ed emotivo del suo personaggio, tale da eliminare addirittura le tracce della sua origine extraterrestre, come ci rivela una delle sequenze più toccanti dell’opera.

Il portamento regale e realmente “alieno” di David Bowie fa il resto, creando un coraggioso collegamento fra lo status di star del protagonista, già al centro della scena musicale internazionale, e la figura di un triste e solitario straniero in terra straniera, che mette in luce le storture e le contraddizioni di una società capace di inglobare e distruggere tutto ciò che è diverso e lontano dall’ordinario. Fra le pieghe di un racconto labirintico e per certi versi contraddittorio, emerge anche una feroce critica ai mass media, ben rappresentata dalla sequenza in cui Newton è totalmente smarrito davanti a una moltitudine di schermi, incapace di decifrare la nostra realtà nonostante sia stato proprio uno schermo a portarlo sulla Terra («Abbiamo visto alla televisione le immagini del vostro pianeta», ammette candidamente la creatura).

L’uomo che cadde sulla Terra: la figura cristologica di David Bowie

L'uomo che cadde sulla Terra

Come accennavamo in apertura, un altro evidente sottotesto su cui si poggia L’uomo che cadde sulla Terra è la figura cristologica del protagonista, che compie una vera e propria discesa sul nostro pianeta per poi vivere un calvario analogo a quello di Gesù Cristo, a cui non riescono a porre freno né le potenzialità pressoché illimitate di Newton né la sua natura per certi versi divina, capace di mantenere immutato il suo aspetto mentre tutto si corrode fuori e dentro di lui. Un parallelo che trova una perfetta sponda nel rapporto del protagonista con la Mary-Lou di Candy Clark, ideale compagna di vita e di solitudine che gli è impossibile amare veramente, come testimoniato dalle grottesche scene di sesso e dalla lacerante sequenza del dono dell’anello.

Al protagonista non resta così che assistere al declino etico e spirituale della società intorno a lui, che ignora costantemente i suoi insegnamenti, costringendolo a un mesto pellegrinaggio fra prigioni visibili e invisibili, costellato da amarezza, disincanto e pessimismo sull’intero genere umano. Non a caso, nel momento in cui Newton viene interrogato sul trattamento ricevuto sulla Terra, il protagonista non si lascia andare alla collera o agli istinti vendicativi, ma prende semplicemente atto della natura delle cose con un laconico «Probabilmente vi avremmo trattato allo stesso modo, se fosse venuto lei da noi».

Un monito per l’umanità

L'uomo che cadde sulla Terra

In un panorama dell’audiovisivo che tende ad accartocciarsi sempre più spesso su opere standardizzate e falsamente confortanti, L’uomo che cadde sulla Terra è ancora oggi un fulgido esempio di cinema totalmente scevro da compromessi, che mette continuamente alla prova lo spettatore, evitando di dare risposte semplici ma ponendo al contrario interrogativi sempre più complessi e profondi. Un’opera che trascende il genere fantascientifico per concentrarsi sull’umanità nel senso più ampio del termine, scoprendosi oggi tristemente più attuale che mai: difficile infatti non immedesimarsi nella figura di Newton, sempre più solo e avvilito nonostante le crescenti potenzialità tecnologiche, in fuga da un pianeta al collasso e proiettato verso un futuro fatto di incertezza e mortificazione.

L'uomo che cadde sulla Terra

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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