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Il filo nascosto: Stand by Me – Ricordo di un’estate di Rob Reiner

Inizia con Stand by Me - Ricordo di un'estate la rubrica di TechPrincess Il filo nascosto, dedicata alla storia del cinema.

«Eravamo stati via solo due giorni, eppure la città sembrava diversa. Più piccola». Questa frase apparentemente semplice di Gordie, voce narrante del racconto, racchiude uno dei tanti segreti di Stand by Me – Ricordo di un’estate, film del 1986 di Rob Reiner con cui inauguriamo la nostra nuova rubrica Il filo nascosto, dedicata alla storia del cinema. Uno dei maggiori pregi di quest’opera, e del racconto Il corpo di Stephen King da cui è tratta, è infatti proprio la capacità di descrivere il turbolento stato d’animo del passaggio dall’infanzia all’adolescenza, e in particolare la rapidità con cui cambia il nostro punto di vista su ciò che ci circonda durante questa complessa fase della vita.

Ci troviamo nella fittizia cittadina di Castle Rock, che il regista sposta dal Maine di King all’Oregon, ma potremmo essere anche a Derry, ambientazione di un altro capolavoro kinghiano come It, nella Astoria dove hanno luogo gli eventi del coevo I Goonies o in una qualsiasi cittadina di provincia, luogo fisico ma soprattutto stato d’animo. Siamo nel 1959: tanto tempo fa, «ma solo misurando il tempo in termini di anni», come ci ricorda lo stesso Gordie. Ma soprattutto ci troviamo in estate, la stagione che più di tutte ha la capacità di travalicare i confini temporali, trasformandosi in tempo sospeso per chi la vive ma anche in un periodo unico e immutabile, almeno nei nostri più dolci ricordi. Il teatro perfetto per una delle più celebri avventure per ragazzi, per un nostalgico racconto di formazione e per una delle più struggenti riflessioni sulla crescita mai viste sul grande schermo.

Stand by Me – Ricordo di un’estate: nostalgia e disagio esistenziale in un racconto di formazione senza tempo

Il corpo del titolo del racconto di King (che avrebbe dovuto essere anche quello del film, modificato poi in Stand by Me per la presenza del celeberrimo brano di Ben E. King sui titoli di coda) è quello morto di Ray Brower, ragazzo scomparso pochi giorni prima ma già sulla bocca di tutti in città. Origliando una conversazione del fratello maggiore, membro di una banda di bulli locale, l’imbranato Vern (Jerry O’Connell) viene a sapere che il cadavere del ragazzo si trova a qualche decina di chilometri da Castle Rock, ma non è ancora stato denunciato alla polizia. Un’occasione ghiotta per coinvolgere gli amici di sempre in un avventura che potrebbe trasformarli in eroi locali.

Oltre a Vern, partono così alla ricerca del corpo l’irascibile e beffardo Teddy Duchamp (Corey Feldman), l’aspirante scrittore Gordie Lachance (Wil Wheaton), che ha da poco perso il fratello maggiore, e Chris Chambers (River Phoenix), leader del gruppo con una pessima nomea in città. I quattro partono all’avventura in spazi immensi, con i binari della ferrovia a fare da silenziosa e impassibile guida, dei polverosi sacchi a pelo come improvvisati giacigli e pochi spiccioli con cui fare rifornimento di viveri. Sulle tracce del cadavere ci sono però anche gli arroganti e minacciosi ragazzi più grandi, capitanati dal temibile Asso Merrill (Kiefer Sutherland). Il corpo è poco più di un pretesto. Per i quattro ragazzi in palio c’è infatti la possibilità di crescere e di vincere le rispettive paure, nella consapevolezza di essere al centro di un periodo unico e irripetibile della vita e della loro amicizia.

Gordie e Chris

In meno di 90 minuti, miracolosi soprattutto se paragonati all’incontrollabile lunghezza del cinema odierno, Stand by Me – Ricordo di un’estate mette in scena un vero e proprio compendio sulla preadolescenza, centrando uno splendido connubio fra dramma, commedia e avventura. Il cuore del racconto è il rapporto fra Gordie e Chris, agli antipodi per estrazione sociale, carattere e personalità ma accomunati da un’amicizia capace di resistere alla crescita, alla distanza e persino agli anni passati senza vedersi. Da intelligente e raffinato uomo di cinema, Rob Reiner compie la scelta più rispettosa possibile del racconto di King che, come spesso accade negli adattamenti di libri per il cinema, consiste paradossalmente in un piccolo ma funzionale tradimento del materiale originale.

Mentre ne Il corpo (parte della raccolta Stagioni diverse che contiene anche Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, adattato per il grande schermo ne Le ali della libertà) è Chris l’eroe tragico al centro dei pensieri e dello sguardo dello scrittore Gordie, che mette in moto la macchina dei ricordi dopo aver appreso della tragica morte dell’amico, in Stand by Me – Ricordo di un’estate è proprio Gordie ad assumere il ruolo del protagonista, nonché ad avere l’onore e l’onere di puntare la pistola contro Asso nel tesissimo epilogo dello scontro fra i due gruppi di ragazzi.

Due visioni diverse ma complementari della stessa storia: sulla carta, a King serve la voce narrante di Gordie, personaggio chiaramente autobiografico, ma sullo schermo lo straziante personaggio di Wil Wheaton riesce a trasmettere il senso di inadeguatezza, la paura del futuro e il bisogno di sostegno e amicizia tipici di questa fase della vita, quando gli adulti sono un universo lontano e quasi sempre ostile.

Stand by Me – Ricordo di un’estate: dal libro al film

Stand by Me - Ricordo di un'estate

Le cose più importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, poiché le parole le immiseriscono. Le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori. Ma è più che questo, vero?

Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov’è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portare via. E potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevate. Questa è la cosa peggiore, secondo me. Quando il segreto rimane chiuso dentro non per mancanza di uno che lo racconti ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare.

Così scrive Stephen King ne Il corpo, trasportando su carta le esperienze della sua adolescenza e tracciando al tempo stesso anche le linee guida per Stand by Me – Ricordo di un’estate. Nel corso del lavoro di Rob Reiner, la maturazione dei protagonisti passa infatti anche dai dialoghi, che con il passare dei minuti diventano sempre più profondi e dolorosi. Le bonarie prese in giro fra Gordie, Chris, Teddy e Vern e gli assurdi dialoghi sulla natura dei cartoni animati lasciano presto spazio a veri e propri gridi di dolore, rappresentativi di diversi traumi della preadolescenza.

Le problematiche figure maschili

Stand by Me - Ricordo di un'estate

Mentre Vern rappresenta la parte di noi che non vuole staccarsi dall’infanzia e dalla sua leggerezza, gli altri tre elementi del gruppo sono tutti alle prese con un rapporto conflittuale con gli adulti, e in particolare con le figure maschili. Gordie vive come un fantasma in casa sua, dimenticato dai genitori che sono ancora in lutto per la perdita del fratello maggiore, chiaramente il prediletto dei due; Teddy risente visibilmente del carattere instabile del padre, ex militare non più sano di mente a cui rimane affezionato nonostante alcuni atti imperdonabili, come la volontaria bruciatura di un orecchio del ragazzo su una stufa; Chris è costantemente malmenato dal padre, sminuito dal fratello maggiore e guardato con diffidenza e pregiudizio in città. Drammi reali e universali, in cui chiunque si è imbattuto almeno una volta nella vita, anche indirettamente.

Allo stesso modo, i tanti incontri che i protagonisti fanno lungo la ferrovia sono rappresentativi di eventi che si vivono lungo i binari della vita: la fuga a perdifiato dal treno in corsa, simbolo del mondo degli adulti che si avvicina sempre più; l’attacco delle sanguisughe, che idealmente rappresentano gli imprevisti dell’esistenza e le tante persone opportuniste che si incontrano nel corso di essa; l’incontro col cervo, emblema della speranza e degli scampoli di dolcezza che affiorano quando meno ce l’aspettiamo; Asso e i suoi scagnozzi, che chiaramente simboleggiano le svariate persone prevaricatrici e senza scrupoli che incontriamo durante il nostro cammino.

Stand by Me – Ricordo di un’estate e la nostalgia

Insieme a I Goonies, opera decisamente più spielberghiana con cui condivide diversi risvolti della trama, Stand by Me – Ricordo di un’estate scrive le regole della nostalgia prima ancora di farne parte, in anticipo rispetto al filone di revival anni ’80 incarnato da Stranger Things e altre operazioni analoghe. Lo fa con un approccio ancora oggi insuperato, rappresentativo del ponte fra età, epoche e atmosfere che rappresenta.

Durante l’adolescenza, ci si immedesima nelle avventure di questi ragazzi e nelle loro chiacchiere sul niente capaci di trasformarsi improvvisamente in riflessioni sul tutto («Sono strambo?», chiede Gordie. «Sì, ma che vuol dire? Siamo tutti un po’ strambi», gli risponde Chris), con le solenni musiche di Jack Nitzsche ad accompagnare alcune delle sentenze più amare e rivelatrici sulla crescita («Gli amici vanno e vengono nella vita, come i fattorini in un albergo», dice ancora il Gordie adulto, interpretato da Richard Dreyfuss).

La maturità porta invece con sé la consapevolezza di ciò che è stato e che non si ripeterà. A tal proposito, è difficile, se non impossibile, trattenere le lacrime di fronte a vere e proprie stilettate al cuore come «I ragazzini sprecano tutto, se non c’è qualcuno che li tiene d’occhio» o «Un giorno tu sarai un grande scrittore Gordie, potrai anche scrivere di noi se sarai a corto di idee».

L’età adulta infine permette di vivere con trasporto ancora maggiore i momenti più tristi, e in particolare l’ultimo saluto fra i due protagonisti, con Chris che risponde con un ingenuo ma sincero «Basta volerlo» al sussurrato «Ci vediamo» di Gordie, per poi scomparire in un lancinante cortocircuito fra la successiva morte del personaggio e quella reale del suo compianto interprete River Phoenix, deceduto prematuramente in un’assurda notte al Viper Room, quando il mondo del cinema sembrava letteralmente ai suoi piedi.

I postumi di un sogno

Stand by Me - Ricordo di un'estate

Gli stessi protagonisti di Stand by Me – Ricordo di un’estate vivono e completano un arco di trasformazione irreversibile, che nel giro di appena due giorni li restituisce a Castle Rock indelebilmente segnati nel profondo. A simboleggiare il cambiamento è soprattutto Gordie, che dopo aver messo in fuga i bulli impugnando con sicurezza un’arma da fuoco convince il resto del gruppo a rinunciare alla gloria passeggera e a non trasformare il cadavere di un ragazzo come loro in un trofeo da esibire per placare la cattiveria e l’ignoranza delle malelingue locali. Il timido e impacciato anatroccolo si è trasformato in fiero cigno, pronto per il luminoso futuro che lo attende.

L’orgoglio per la maturità e per il coraggio dimostrato viene però messo ben presto in secondo piano dalla consapevolezza che quest’avventura è stata anche l’ultima per un gruppo che sembrava destinato a durare in eterno. Come postumi di un sogno, le imprese di Gordie, Chris, Teddy e Vern cominciano a sfumare poco dopo il loro compimento, travolte da gli inevitabili cambiamenti, dalle imminenti separazioni e dai binari morti che costellano la vita di ognuno di noi. Gli spensierati balli al ritmo di Lollipop, i dibattiti sulla maturazione di Minnie e i racconti davanti al fuoco si dissolvono, lasciando spazio alla laconica cronaca della vita da adulti dei protagonisti, leggermente più conciliante rispetto all’opera di King (ne Il corpo, Gordie è l’unico superstite del gruppo).

Il finale di Stand by Me – Ricordo di un’estate

Stand by Me - Ricordo di un'estate

Passato e presente si ricongiungono nella struggente sequenza che chiude Stand by Me – Ricordo di un’estate, con Gordie che realizza la profezia di Chris, scrivendo di quei giorni così lontani ma ancora vivi nei suoi ricordi. Mentre la musica e le parole dei due King si fondono in un travolgente mix, rimane impressa nello schermo e nella nostra mente la frase che chiude questa pietra miliare del cinema: «Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?». Una presa di coscienza che ci restituisce alla realtà con un pizzico di tristezza e malinconia, ma allo stesso tempo con il dolce ricordo di quegli interminabili pomeriggi estivi, quando il futuro era una pagina bianca ancora tutta da scrivere.

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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