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Monsters & Co. compie vent’anni

Il capolavoro targato Pixar usciva nella sale americane il 2 novembre 2001

Siamo irresistibilmente attratti dalle classifiche, e anche il cinema non sfugge a questa nostra inclinazione.

Per quanto riguarda le pellicole “adulte”, moltissimi esperti e appassionati considerano Quarto potere di Orson Welles come vertice insormontabile della settima arte. Qualcuno storce il naso e cita Kubrik, altri preferiscono Kurosawa, c’è chi indica i cineasti del neorealismo o quelli della Nouvelle Vague, eccetera.

Il gioco si ripete identico per i film d’animazione. Un classico Dysney? O magari una produzione dello Studio Ghibli?

Di certo, da vent’anni c’è un prodotto che ha messo in crisi tutti gli amanti delle classifiche cinematografiche, specie quelle – appunto – dedicate ai film d’animazione.

Si tratta di Monsters & Co., di cui si è appena celebrato il ventennale. Il cartone è infatti uscito nelle sale americane il 2 novembre del 2001 (a dire il vero dopo un’anteprima nel solo El Capitan Theatre Di Hoolywood il 28 ottobre 2001).

Ma perché, dunque, anche dopo vent’anni Monsters & Co. resta un capolavoro difficilmente eguagliabile, che mette d’accordo severi critici e bambini di ogni Paese?

Proviamo a capirlo assieme.

Monsters & Co.

Monsters & Co. in breve

Prima di spiegare i motivi del successo di una pellicola fuoriclasse, ricordiamo in breve – ai due o tre lettori che non l’avessero mai visto – cos’è Monsters & Co.

Ci troviamo a Mostropoli, dove due inseparabili amici – James Sullivan e Mike Wazowski – lavorano come spaventatori dei sonni dei bambini. Perché proprio le urla dei bimbi forniscono l’energia elettrica di cui Mostropoli ha bisogno.

Ma mentre il gigantesco James eccelle nel mestiere, altrettanto non si può dire del buffo Mike.

Per una disattenzione, una bambina entrerà nel mondo dei mostri (e si badi: i mostri sono terrorizzati dagli umani così come gli umani lo sono di loro), causando una serie di rocambolesche situazioni in cui entreranno in gioco amicizia, lealtà, coraggio, accoglienza ma anche ambiguità, corruzione e brama di potere.

Il successo di pubblico e critica

Monster & Co. è costato circa 115 milioni di dollari e, in tutto il mondo, ne ha incassati quasi 563 milioni.

Candidato a 4 Oscar nel 2002, ha vinto quello per la miglior canzone (e noi qui ci guarderemo dal dire che la pellicola vincitrice come miglior film d’animazione era decisamente meno riuscita).

E la critica? Per fermarci al testo sacro dei cinefili italiani, il Mereghetti, ricordiamo che l’omonimo compilatore del dizionario ha dato a Monster & Co. gli ambitissimi quattro asterischi: il massimo che il severo critico attribuisce.

Monster & Co.: i perché di un capolavoro

Il quarto film d’animazione della Pixar, che ha visto alla regia Pete Docter e alla sceneggiatura Andrew Stanton e Daniel Gerson, ha tutte le peculiarità del capolavoro assoluto.

E, secondo noi, un capolavoro assoluto è tale quando ha diverse caratteristiche che entrano in dialogo con tutte le tipologie di fruitore (di spettatore, in questo caso), garantendo a ciascuna il massimo del godimento estetico.

Partiamo dai disegni: ogni mostro è pensato in modo splendidamente fantasioso, l’uno è diverso dagli altri, e il tratto è sempre morbido, non c’è mai un eccesso di particolari che avrebbe reso stucchevole la resa d’insieme.

I personaggi funzionano tutti, sia singolarmente che nella loro interazione. Tutti i principali mostri sembrano essere ciascuno il portatore di una virtù (o di un vizio, quelli negativi), e non manca chi svelerà un lato nascosto di sé.

James e Mike, poi, sono una coppia perfetta: si vogliono bene, si prendono in giro, e danno il meglio di sé quando uniscono le loro forze. Basta rivedere una loro immagine a distanza di anni per farsi scappare un sorriso.

E la storia? Divertente, poetica, piena d’azione e di colpi di scena, a tratti anche commovente ma mai mielosa, sa far passare lo spettatore da un’emozione all’altra dosando sempre alla perfezione i tempi.

E non dimentichiamoci del corto introduttivo, Pennuti spennati, Oscar 2002 nella categoria.

Monsters & Co.

I diversi piani di lettura

Ma la sensazione è che la carta vincente di Monster & Co., che lo rende irresistibile anche oggi, a vent’anni dall’uscita, e lo eleva dai pur bellissimi film d’animazione usciti in quel giro di anni, sia proprio la capacità di parlare praticamente a ogni tipo di pubblico.

I bambini ridono delle gesta dei mostri buoni e di quelli cattivi (e intanto imparano una lezione non banale sulla diversità: per noi i mostri sono tali, ma per i mostri i veri esseri mostruosi siamo noi umani). Gli adulti non privi di cultura cinematografica riconosceranno citazioni più o meno celate (anche letterarie, a dire il vero). E si troveranno davanti a una critica piuttosto netta all’industria del profitto.

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Dopo Monster & Co.

I capolavori, rari per loro stessa natura, sono destinati a diventare pietre di paragone.

Fortunatamente di Monster & Co. esiste solo una versione 3D del 2012 e un prequel del 2013, Monster University, oltre a una recentissima serie per Dysney +.

Va anche citato il corto del 2002, La nuova macchina di Mike.

Un plauso in più alla produzione, che non si è fatta prendere troppo la mano, forse consapevole dell’irripetibilità del loro fiore all’occhiello.

E se durante la lettura di questo articolo avreste percepito da parte dell’estensore un certo entusiasmo, e vi foste domandati se anche noi andiamo in brodo di giuggiole per Monster & Co., beh: la risposta è sì.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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