Correva l’anno 1994 ed un giovanissimo me seguiva ogni più piccola novità su un probabile concerto dei Pink Floyd a Roma. Tutti ne parlavano, bisognava solo trovare una location adatta. Inizialmente si era pensato allo stadio Flaminio poi, colpo di scena si era quasi deciso per l’ Ippodoromo Tor Di Valle, tanto che, se ben ricordo, furono anche venduti dei biglietti per quella location ma poi sopraggiunse un nuovo ed ulteriore cambiamento ed entrarono in gioco gli Studios di Cinecittà. Dopo Ben Hur ed Amarcord gli storici studi delle Dolce Vita avrebbero ospitato una leggenda della musica: i Pink Floyd.
Ma chi erano questi Pink Floyd?
Vedevo sempre sparsi per casa i vinili abbastanza vissuti di questi Pink Floyd dovevo saperne assolutamente di più su questa band che destò addirittura l’attenzione delle Istituzioni che si stavano facendo in quattro al fine di trovare una location idonea al concerto. Nel 1994 non sapevo neanche cosa fosse internet mia madre per conoscere i programmi TV comperava “Tele Tutto” mentre i più ricchi e tecnologici consultavano il “Televideo”.
Per la musica io avevo un metodo infallibile: il negozio di dischi sotto casa. Quattro chiacchiere col titolare che mi spiegò qualcosa mentre prendevo appunti.
Fondati nel 1965 a Londra da Syd Barrett, Roger Waters, Nick Mason e Richard Wright nel 1967 si aggiunse alla comitiva il mio preferito (posso dirlo?) David Gilmour.
La loro storia è sempre stata caratterizzata da sperimentazione figlia di uno studio non indifferente oltre che di una genialità fuori dal comune. Ogni membro del gruppo ha segnato in momenti differenti il corso dei Pink Floyd e non sono mancate le scaramucce e le azioni legali.
Ad un certo punto il negoziante si interrompe e mi racconta un aneddoto riguardante il padre di Roger Waters, caduto in battaglia durante lo sbarco di Anzio e a cui il figlio dedicò “The Fletcher Memorial Home“. In due distinti momenti del brano si sente una voce in sottofondo che parla in italiano, l’avevate mai notata? Se ancora no ascoltate attentamente il brano e poi scrivetemi.
Tornando a noi, dopo essermi chiuso in camera ed aver ascoltato a volumi da arresto per almeno 10 volte di fila “Another Brick in The Wall” capii che questi Pink Floyd non avevano nulla da invidiare ai miei idoli del momento, come gli Alice in Chains o i Nirvana, anzi, questi Pink Floyd stavano avanti. Ora non mi rimaneva che procurarmi un biglietto.
Il pre The Division Bell Tour
L’Italia era da poco reduce da quella che era stata una estate amara, tormentata da quel mondiale di calcio perso contro il Brasile meno forte di sempre, io stesso, che all’epoca ancora seguivo il calcio, dovevo rifarmi in qualche modo. Non bastava il mondiale del ’90 buttato a quella maniera, dovevamo impegnarci anche per perdere questo!
Quale miglior modo per rifarsi di un concerto e per giunta dei Pink Floyd? La mia smania durò poco: le 55.000 Lire del biglietto, unite al sold out quasi istantaneo (strano eh?) mi tolsero subito dalla mente qualsiasi tipo di velleità. Inoltre, a 13 anni, non potevo andare da solo e quindi i biglietti dovevano essere almeno due. Con molta delusione, ma con un bruciolo di cultura musicale in più, tornai in camera mia a consumare la puntina del giradischi.
Il 4 settembre 1994, lo ricordo chiaramente, mio padre bussò alla porta della camera agitando due biglietti del “The Divison Bell Tour” come si agita una bistecca di manzo davanti al proprio cane. Solo ora posso immaginare quanto gli sia costata quella sorpresa.
Il The Division Bell Tour
Era una calda serata di fine settembre. Parcheggiamo la macchina a non so quanta distanza e ci avviamo a piedi. Durante la lunga sfacchinata mio padre si prodiga in interessanti storie, di chi, come lui, i Pink Floyd, per ragioni anagrafiche, li ha vissuti sulla propria pelle. Mi dice che non è il suo primo concerto dei “fluido rosa” e chi gli dispiace non ci sia più Roger Waters. Mentre annaspiamo dal caldo ci tiene a farmi una lunga filippica su quello che oggi troviamo su Wikipedia come concetto di Sound and Vision. A sua detta, un concerto dei (ex) ragazzi inglesi è una esperienza sia uditiva che visiva e nessuno meglio di loro ha messo in campo il cosi detto LIGHT SHOW. Tutto questo fu possibile grazie a colui il quale venne definito a tutti gli effetti un vero e proprio membro della band: Mike Leonard che non fu solo un tecnico delle luci ma anche una sorta di padre.
Dopo una fila interminabile si entra, troviamo un posticino in fondo e di fronte a noi vediamo un palco immenso, mai visto nulla del genere. Come da tradizione della band, uno schermo circolare alle spalle dei musicisti anch’esso enorme ed una serie di luci da far paura che facevano passare quasi in secondo piano Gilmour&CO. Inizia la musica, il caldo è infernale, e ci godiamo i brani del periodo psichedelico della band in cui si sente tutta l’influenza di Barret. Siamo come una comitiva al ristorante che sgranocchia un grissino in attesa dei rigatoni con la pajata: “Vogliamo i grandi classici!” penso tra me e me.
Mi ero quasi tolto dalla testa quel maledetto mondiale di calcio quando una pizzicata di basso mi fa venire in mente la sigla del programma calcistico Dribbling ( la canzone era One Of These Days) la gente iniziava ad urlare: avevo capito che da lì in poi si faceva sul serio. Iniziai a scatenarmi, il cuore batteva forte e dopo poco sarebbe comparso anche il famoso Pink Floyd Pig ed una serie di effetti e giochi di luce a dir poco stellari. Non era un concerto: era un vero e proprio evento che mai avrei dimenticato. Arriva la mia canzone preferita fino a quel momento: “Another Brick In the Wall“. Mio padre non parla più da tempo immemore e resta attonito di fronte a cotanta musica. Io mi commuovo e mi unisco al silenzio.
Ormai siamo quasi agli sgoccioli, diamo uno sguardo all’orologio, siamo stremati dalla folla, dal caldo, dalla potenza devastante dell’impianto audio che ti fa vibrare il petto ma l’adrenalina è talmente alta che vorremo che il tempo si fermasse.
Dulcis in fundo: “Comfortably Numb”. Non l’avevo mai considerata più di tanto e solo allora, durante quell’esibizione, con un David Gilmour magico che pur non avendo la velocità di Jimi Hendrix e nemmeno la precisione di Eric “slowhand” Clapton aveva tirato fuori un assolo di chitarra contornato da quegli effetti di luce a dir poco straordinari che mi avevano colpito nel profondo. Avevo cambiato idea: da quel momento per me i Pink Floyd erano quell’assolo mostruoso di Gilmour. Il concerto finisce poco dopo, aspettiamo che la folla defluisca e piano piano ci incamminiamo. Non parliamo, ci guardiamo negli occhi e col pensiero ci diciamo di aver partecipato a qualcosa che non scorderemo mai ed il fatto di averlo condiviso tra padre e figlio è una ulteriore fonte di inestimabile gioia.
Il post “The Division Bell Tour”
Inutile dirvi che non ho dormito per un paio di notti e che nei giorni a seguire rimasi incollato alla TV a vedere tutti i vari servizi televisivi sull’evento. Mi rimase impressa una intervista ad una anziana signora che abitava nei pressi di Cinecittà e che in classico dialetto milanese disse: ” Nun lo so che hanno hanno fatto ieri sera, a casa mia se moriva de callo, stavo con le finestre spalancate e me tremava tutto, pure er lampadaro“.
L’anno successivo uscì un album intitolato “Pulse” in cui vennero inserite le performance della serata del 20 ottobre 1994 all’Earls Court di Londra.
Lo acquistai in CD e ancora oggi mi tiene compagnia.
Per la traduzione della dichiarazione della signora o se volete raccontarci la vostra scriveteci nei commenti.
Buona musica, in questo caso “floydiana“, a tutti!
- Coffret P.U.L.S.E Edition Deluxe Limitée Blu-ray
- Audience Rating: NR (Non valutato)
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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Quella Macchina di suoni e luci i ricordo ancora adesso la prima volta che approdati nella dimensione rosa fu nel luglio 1988 all stadio comunale di Torino con un indimenticabile inizio di Shine crazy diamond a seguire nel maggio 1989
all autodromo Monza e per completare la follia di quegli anni a Venezia il 29 luglio 1989. In seguito l poi il Division bell tour nel luglio 1994 allo stadio San Jacop di Basilea e per completare la magia andai anche
a vederli a Londra Earls Court nel ottobre 1994 per l’ultimo concerto di quel tour e purtroppo l’ultimo della loro gloriosa storia.
Caro Nicola,
sono emozioni uniche che rimangono scalfite nella memoria.
Sono stato alla data del 20 settembre, dopo aver atteso quasi un anno dall’acquisto del biglietto.
Fu una esperienza memorabile e non entro nei dettagli dei ricordi del concerto perché mi dilungherei davvero tanto.
Ricordo però il venditore di magliette, all’uscita che urlava “Comprate, che questi non tornano più!”.
E purtroppo aveva ragione…
Poi durante un concerto il. Solito ubriaco che iniziò a infastidire con urla varie e che in un momento di solidarietà empatica, fu ricacciato a spintoni 20 metri più indietro in pochi secondi.
Wright in camicia bianca, il video di Shine On come un viaggio iniziatico.
Tante emozioni che solo loro mi hanno dato, nonostante anni di concerti…
Caro Nik 72,
qualche anno fa vidi sempre a Roma Roger Waters, la speranza che in un futuro prossimo possano fare un concerto tutti assieme c’è sempre.
Attendiamo il miracolo!
C’ero anch’io con il mio papà il 19 Settembre. Avevo 16 anni, partimmo dalla Puglia. Mi ricordo che Gilmour concluse il concerto dicendo: “see you tomorrow”e io pensai: “perché non abbiamo comprato i biglietti per tutte le date romane?!?” Avrei voluto che non finisse mai… ricordi indelebili