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Recensione PlayerUnknown’s Battlegrounds: sbarco su PS4

Il colossale scooter multiplayer ideato da Brendan Greene è arrivato anche sulla console Sony, pronto a conquistare la community 'sonara'.

Prima del fenomeno Fortnite, la tendenza del 2017 rispondeva al nome di PlayerUnknown’s Battlegrounds. Il popolare Battle Royale si era distinto sin dal suo debutto in Early Access conquistando migliaia di giocatori e diventando, a tempo record, il titolo più giocato in assoluto su Steam – con grande dispiacere di Dota 2, che fino a quel momento aveva dominato la classifica.

Il primo milione di utenti connessi simultaneamente arriva nel settembre 2017, record triplicato solo tre mesi dopo stracciando la soglia dei tre milioni di giocatori collegati ai server di PUBG. Numeri assolutamente incredibili per un gioco che nasce come semplice mod di DayZ, ma a quanto pare il ‘piccolo’ progetto di Brendan Greene era destinato a imprese ben più gloriose.

Mentre il Battle Royale di Epic Games poteva già contare sul vantaggioso supporto multipiattaforma, PlayerUknown’s Battlegrounds ci ha impiegato un po’ a paracadutarsi sulle console casalinghe e sui dispositivi mobile. La collaborazione con Microsoft è stata fondamentale per lo sbarco su Xbox One, ma è inutile girarci intorno: la community ‘consolara’ più grande appartiene a Sony e il lancio su PlayStation 4 era ormai divenuto la massima priorità di Bluehole.

DualShock alla mano, ci siamo buttati nella mischia – e che mischia! – della versione PS4 di PUBG, tra un colpo di cecchino ben piazzato e una padellata in pieno volto. Vi raccontiamo la nostra esperienza.

La Battaglia Reale si sposta in salotto

Prima di procedere con un’analisi più dettagliata del porting in questione, facciamo un passo indietro per comprendere il successo e l’estrema popolarità del (sotto)genere a cui è legato PlayerUknown’s Battlegrounds. Quella dei Battle Royale è una ristretta cerchia di titoli che hanno letteralmente divorato il mercato PC – e, solo di recente, console e mobile – nell’arco dell’ultimo biennio, nonostante la formula alla loro base sia pressoché la medesima.

Ispirati dall’omonimo, celebre romanzo di Koushun Takami (Battle Royale, 1999), i titoli della ‘Battaglia Reale’ riuniranno diversi partecipanti in un unico vasto mondo di gioco: qui potranno girare liberamente per raccogliere armi ed equipaggiamenti, perseguendo il principale obiettivo di eliminare tutti gli avversari e di diventare, infine, l’ultimo superstite di un vero e proprio massacro. Con queste parole si potrebbe serenamente sintetizzare la formula del nostro PUBG, in cui saranno ben 100 i giocatori che se le daranno di santa ragione – impugnando bocche da fuoco o armi da mischia più o meno insolite – nel tentativo di celebrare un unico, grande vincitore.

Ciò che accomuna tutti i titoli appartenenti a questa giovane famiglia è la strategia adottata dai giocatori che decideranno di accettare la sfida. Dopo esserci paracadutati sull’isola che ospiterà il sanguinoso spettacolo, sarà imperativo mettersi alla rapida ricerca delle armi e degli strumenti che ci permetteranno di sopravvivere. A tal proposito, sarà altrettanto fondamentale procedere con cautela, prestando costante attenzione a ciò che accade nelle vicinanze e all’area di combattimento: quest’ultima, infatti, potrà restringere la propria circonferenza col passare dei minuti, costringendo i partecipanti a uscire allo scoperto.

A grandi linee, è così che saranno strutturate le adrenaliniche partite dei Battle Royale. Nel caso specifico di PUBG, tuttavia, l’azione muterà leggermente in base alla modalità selezionata.

In Solo affronteremo la genuina sfida della Battaglia Reale: 100 giocatori, tutti contro tutti, ne rimarrà solo uno; sarà la scelta consigliata per coloro che vorranno mettere alla prova le proprie capacità. Il discorso cambia nel momento in cui opteremo per Duo o Squad: in coppia o con altri tre giocatori, potremo fare affidamento su almeno un compagno con cui condividere armi e risorse e guadagnare un significativo vantaggio tattico sui team in minoranza – ma solo se saremo riusciti a coordinarci con il nostro gruppo. C’è poi il singolare caso dei match 1-Man Squad, destinati ai più audaci che vorranno affrontare intere squadre contando esclusivamente su sé stessi, senza alcun supporto.

Indipendentemente dalla modalità scelta, il matchmaking di PlayerUnknown’s Battlegrounds – fulmineo anche su PS4, con nostra sorpresa – ci assegnerà a una delle tre sconfinate mappe disponibili: Erangel, che ci porterà nei territori della Russia, l’americana Miramar e l’asiatica Sanhok. In queste ultime ore è stata rilasciata anche la quarta mappa, Vikendi, la quale porterà i giocatori a esplorare un’isola innevata dell’Adriatico. La gradita possibilità di accedere al PTS (Public Test Server) anche da console ci ha offerto l’occasione di testare in anteprima l’ultima ambientazione e confermare, ancora una volta, la bontà qualitativa e l’attenzione riposta dagli sviluppatori nella realizzazione di queste mappe.

Le prime note dolenti, su PlayStation 4 come sulle altre piattaforme compatibili, si fanno sentire sul fronte del gameplay. Se è vero che abbiamo tratto non poco appagamento dalle prime eliminazioni ai danni dei nostri sfidanti, l’essenziale gunplay di PUBG inciampa in una visuale in prima persona un po’ legnosa e alla quale sarà difficile accedere in maniera fulminea passando dalla telecamera posta dietro le spalle del nostro alter ego – complice una mappatura dei tasti su controller da rivisitare.

Ma veniamo al dunque e poniamoci la domanda più attesa da chi starà leggendo questa Recensione: come si comporta PlayerUnknown’s Battlegrounds sull’ammiraglia Sony?

L’action di Bluehole non ha mai brillato sul piano tecnico, come testimoniano la stessa versione PC e il disastroso porting realizzato per Xbox One, dove i giocatori hanno fatto i conti con un framerate ballerino e non pochi bug. Possiamo dire che queste ultime problematiche non si sono palesate durante la nostra prova su PS4, ma la fluidità di gioco continua a non convincere del tutto, facendoci rimpiangere la mancanza di mouse e tastiera. La situazione non migliora neanche quando gettiamo uno sguardo alla veste grafica, macchiata da texture scarne e da un sistema d’illuminazione a tratti pasticciato; solo i modelli dettagliati dei personaggi sono riusciti ad allietare la nostra vista.

Se è vero che abbiamo tentato di chiudere un occhio sul comparto tecnico, non possiamo fare a meno di restare delusi dal lavoro svolto da Bluehole su questo fronte, visto l’enorme successo riscontrato dal titolo sulle varie piattaforme e noto, per giunta, il risultato ottenuto su smartphone, dove PUBG si è affermato come uno dei giochi più belli da vedere e giocare su un telefono; paradossalmente.

Ciononostante, ci siamo lasciati trasportare dalla coinvolgente azione ad alto tasso di adrenalina della Battaglia Reale concepita dal signor Greene, trascorrendo più di qualche semplice giornata tra una (ansiogena) partita in solitaria e le allegre scorribande in compagnia dei nostri amici, spesso concedendoci un paio – già, “un paio”… – di imprecazioni.

Se anche voi abbraccerete la folle filosofia di PUBG non dimenticate di spendere i vostri Battle Point: vi aspettano tante golose skin, tra cui un paio dedicate a Uncharted e The Last of Us.

Pro Pros Icon
  • La formula vincente di PUBG, sempre divertente e appagante
  • Mappe caratteristiche e ben strutturate
  • Tante personalizzazioni disponibili
Contro Cons Icon
  • Un gunplay a tratti farraginoso
  • Framerate non sempre stabile
  • Deludente sul fronte grafico

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Pasquale Fusco

A metà strada tra un nerd e un geek, appassionato di videogiochi, cinema, serie TV e hi-tech. Scrivo di questo e molto altro ancora, cercando di dare un senso alla mia laurea in Scienze della Comunicazione e alla mia collezione di Funko Pop.

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