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Clearview Ai e il futuro del riconoscimento facciale

L’azienda ha un database di 10 miliardi di foto. Potenzialità e implicazioni etiche dello strumento

Abbiamo dedicato diversi articoli alle enormi potenzialità dell’intelligenza artificiale e alla vastità del suo utilizzo.

Per prendere solo due dei molteplici esempi possibili, in altrettanti articoli dei mesi scorsi abbiamo visto come l’Ai possa essere adoperata dall’Agenzia delle entrate per combattere l’evasione fiscale. O addirittura in campo medico, allo scopo di dare sollievo ai pazienti locked-in, ossia affetti da una malattia che inibisce qualsiasi tipo di movimento volontario e qualunque tipo di comunicazione.

Tuttavia l’Intelligenza artificiale, ed è la perplessità di molti, viene spesso usata come strumento di controllo, e sono diverse le associazioni che vigilano sugli eccessi di intromissione nella privacy dei cittadini.

In questo senso, particolarmente sensibile è l’argomento del riconoscimento facciale. Strumento che certamente snellirebbe di molto una serie di operazioni. Ma che porta in sé il serio problema della gestione dei dati antropometrici dei cittadini.

Di recente, un’intervista rilasciata a Wired da Hoan Ton-That (Ceo di Clearview Ai) ha risollevato più di un dubbio sul binomio riconoscimento facciale-rispetto della privacy.

riconoscimento facciale

Dieci miliardi di foto

Clearview Ai è una startup di New York che fornisce appunto un software di riconoscimento facciale. Commercializzato, a sentire l’azienda, soprattutto alle forze dell’ordine.

Hoan Ton-That ha dichiarato che a oggi la sua società possiede un database di oltre 10 miliardi di foto raccolte online. È una cifra più che tripla più rispetto ai tre milioni di immagini dichiarate alla fine del 2019.

Da allora, una serie di inchieste avrebbe dimostrato come Clearview Ai fornisca il suo software non solo alla polizia ma anche ad aziende ed enti pubblici di tutto il mondo.

Preoccupa la tecnologia utilizzata dall’azienda statunitense, che anche solo con un’immagine del volto permette di risalire con estrema rapidità all’identità di una persona.

Anzi: attraverso sistemi basati sul machine learning, Clearview Ai è anche in grado di lavorare immagini sfocate o parziali per risalire all’identità dell’individuo in questione.

Il problema a questo punto è triplice: quello della sorveglianza, quello della raccolta e archiviazione dei dati antropometrici ma anche quello del consenso all’utilizzo delle immagini. Che spesso vengono prese dal Web senza minimamente interpellare i diretti interessati.

La posizione di Hoan Ton-That

Il Ceo di Clearview Ai non sembra troppo intenzionato a tranquillizzare i cittadini sulla salvaguardia della loro privacy. Promette solo, genericamente, di fare in modo che il suo software “resti sempre sotto il controllo umano”.

Si spertica poi nello spiegare i miglioramenti della tecnologia che sta alla base dei suoi prodotti. E l’importanza del loro utilizzo da parte delle forze dell’ordine, che ben si sposerebbe con il crescente desiderio di sicurezza mostrato dai cittadini.

Dichiarazioni ambigue, queste, che potrebbero collegarsi all’inchiesta dell’Huffington Post, secondo cui Ton-That avrebbe rapporti con Alt-right, movimento politico statunitense di estrema destra, avallato anche da Donald Trump.

Riconoscimento facciale: Facebook e gli altri si smarcano

Jason Grosse, Policy communications manager di Facebook, fa sapere che “le azioni di Clearview AI invadono la privacy delle persone, motivo per cui abbiamo bandito il loro fondatore dai nostri servizi e inviato loro una richiesta legale di interrompere l’accesso a dati, foto o video dai nostri servizi”.

Intanto Ibm, seguendo un’analoga mossa di Amazon, ha smesso di fornire software di riconoscimento facciale al governo e alle forze dell’ordine Usa. Con una nota decisamente esplicita: “Ibm si oppone fermamente e non perdonerà l’uso di alcuna tecnologia di riconoscimento facciale, incluse quelle offerte da altri fornitori, per la sorveglianza di massa, la profilazione razziale, le violazioni dei diritti umani e delle libertà di base o a qualsiasi scopo che non sia coerente con i nostri valori e principi di fiducia e trasparenza”.

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La Polizia italiana e Clearview Ai

Secondo un’inchiesta di Buzzfeed, anche la polizia italiana avrebbe condotto dalle 100 alle 500 inchieste sfruttando il database di Clearview Ai. Adoperando sì il riconoscimento facciale, ma sfruttando foto archiviate senza il consenso dei diretti interessati.

Il report ha evidenziato come ben 24 Paesi oltre gli Stati Uniti si gioverebbero dell’ambiguo software di riconoscimento facciale. Che tra il 2018 e il 2020 avrebbero utilizzato per più di 14.000 ricerche.

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Sicurezza e privacy, il difficile equilibrio

È evidente come il tema del riconoscimento facciale conduca a quello del delicatissimo rapporto tra esigenza di sicurezza e di privacy.

Ed è altrettanto evidente che per dirimere la questione occorra una legislazione chiara e lungimirante.

Un buon esempio è dato da una proposta della Commissione Europea che punta ad armonizzare le legislazioni nazionali sull’uso dell’intelligenza artificiale. Da un lato tutelando i diritti dei cittadini, e dall’altro limitando il riconoscimento facciale automatico ai casi di necessità, come la ricerca di vittime o di autori di gravi reati.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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