«La vita sono venti estati utili». In questa frase attribuita a Leo Benvenuti (sceneggiatore di Matrimonio all’italiana, Fantozzi, Amici miei e molto altro) e rilanciata più volte da Enrico Vanzina c’è tutto il senso di Sapore di mare, classico della commedia vacanziera italiana. Proprio come Adriana Balestra, interpretata nel film da una strepitosa Virna Lisi in versione Mrs. Robinson, Sapore di mare è uno splendido quarantenne: un’età caratterizzata da bilanci, perdite, allontanamenti e riavvicinamenti, ma anche da una tangibile malinconia per la giovinezza più felice e spensierata, sempre più lontana nel tempo ma indelebilmente scolpita nel cuore e nei ricordi.
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I tanti anni trascorsi dall’uscita al cinema ci permettono di analizzare dalla giusta distanza e con la necessaria consapevolezza l’importanza di Sapore di mare, capace di rivitalizzare il filone del cinema balneare e di lanciare al tempo stesso una struggente operazione nostalgia, esaltata da brani come Una carezza in un pugno, Senza fine, Il cielo in una stanza e soprattutto Celeste nostalgia, accompagnamento sonoro di uno dei finali più memorabili del nostro cinema. Un’opera forte non solo di un enorme successo di pubblico, ma anche di una sorprendente persistenza nell’immaginario collettivo, resa possibile dalla pregevole alchimia di diversi fattori.
La genesi di Sapore di mare
Dopo i buoni riscontri al botteghino di Arrivano i gatti, Una vacanza bestiale, I fichissimi ed Eccezzziunale… veramente, all’inizio degli anni ’80 i fratelli Carlo ed Enrico Vanzina sono già due nomi tutelari della commedia popolare italiana. Il primo è un regista di invidiabile cultura e di altrettanta perizia cinematografica, capace di realizzare prodotti dall’ottimo riscontro commerciale in tempi rapidi e con budget contenuti; il secondo è un valido autore di soggetti e sceneggiature, in grado di mettere nero su bianco l’umorismo goliardico a cui il fratello dà vita dietro alla macchina da presa. Entrambi sono figli di Stefano Vanzina, in arte Steno, un vero e proprio gigante del cinema italiano, che ha contribuito a rendere grande negli anni del boom.
Carlo ed Enrico Vanzina crescono così in un ambiente privilegiato sia dal punto di vista intellettuale che da quello economico. Una caratteristica che in seguito costituirà l’asse portante del loro cinema, spesso massacrato dalla critica più sofisticata e al contrario esaltato dalla borghesia più rozza, protagonista di alcuni dei più riusciti momenti comici dei Vanzina, ma a ben guardare paradossalmente sempre sconfitta anche nelle loro commedie più leggere. Il cinema che i due hanno respirato fin da bambini, in particolare quello dell’amico di famiglia Dino Risi (evidenti le reminiscenze de Il sorpasso e L’ombrellone), trova una perfetta sponda nella reale giovinezza dei Vanzina, che negli anni ’60 trascorrevano i periodi di villeggiatura estiva a Castiglioncello, sulla costa toscana.
Nasce su queste solide basi una sorta di American Graffiti all’italiana, che intercetta lo spirito nostalgico del film di George Lucas, compiendo il medesimo salto indietro nel tempo agli anni ’60 e utilizzando lo sconfinato repertorio della musica leggera italiana per raccontare un’epoca unica e irripetibile, lontana sia dagli orrori della guerra che da quelli dei successivi anni di piombo.
La vita sono venti estati utili
A fare da filo conduttore del racconto è l’estate, la stagione che più di tutte incarna la gioia e la scoperta, ma anche le delusioni e i sogni infranti. La stagione che, proprio come diceva Leo Benvenuti, comprende molti dei passaggi più importanti per la vita di tutti noi. Siamo in Versilia, e più precisamente a Forte dei Marmi, formalmente nella stagione estiva del 1964 (a renderlo evidente è il flashforward finale, ambientato 18 anni dopo, nel 1982) ma in maniera più astratta in un anno qualsiasi del magico decennio degli anni ’60, come sottolineato dai numerosi anacronismi (su tutti Felice Gimondi vincitore del Tour de France, evento accaduto in realtà nel 1965).
In riva al mare si incrociano varie vicende: quella della famiglia partenopea dei Pinardi, costituita dai pittoreschi genitori e dai figli Paolo (Angelo Cannavacciuolo) e Marina (Marina Suma); quella della famiglia milanese Carraro, costituita dai burberi genitori, dal borioso figlio Felicino (Christian De Sica) e dal suo scapestrato e latin lover fratello Luca (Jerry Calà); della grande comunità che si crea intorno a uno stabilimento balneare fanno inoltre parte i giovani fidanzati Gianni (Gianni Ansaldi) e Selvaggia (Isabella Ferrari), la nuova fiamma inglese di Felicino Susan (Karina Huff) e l’elegante e malinconica Adriana (Virna Lisi), che inganna l’attesa per le frequenti assenze del marito (Guido Nicheli) stringendo un’amicizia proprio con Gianni, che però travisa le sue reali intenzioni. Fra scherzi e risate, equivoci e tradimenti, amori sbocciati e rinvigoriti, scorre l’estate, la cui conclusione coincide inevitabilmente con il brusco risveglio da un lungo e dolce sogno.
Sapore di mare: la fotografia di un’Italia unica e irripetibile
Prima di essere un’irresistibile commedia trascinata dalle gag di Jerry Calà, un agrodolce teen drama sentimentale e un disincantato multiplo racconto di formazione, Sapore di mare è la fedele e realistica fotografia di un periodo d’oro per l’Italia, il cui ottimo stato di salute economico e produttivo consentiva a buona parte della popolazione di concedersi un meritato periodo di riposo dal lavoro lungo interi mesi, durante i quali si intrecciavano relazioni, si rinsaldavano rapporti e si assaporava l’essenza della vita. Una vera e propria vita parallela a quella del resto dell’anno, limitata nel tempo ma foriera di emozioni ed esperienze uniche.
In ogni inquadratura si percepisce lo spirito e l’importanza del dolce far niente estivo: lo stesso che porta i piccoli protagonisti di Stand by Me – Ricordo di un’estate a cercare un cadavere e trovare la vita adulta, il medesimo che vivono i protagonisti di Un mercoledì da leoni, aspettando la grande mareggiata fra surf, liti e colossali sbornie. Certo, c’è chi brinda a champagne in spiaggia come i Carraro e chi invece deve prenotare l’alloggio in pensione a gennaio per garantirsi il proprio posto al sole come i Pinardi, ma la totalità dei personaggi di Sapore di mare ha la possibilità di vivere una vacanza appagante e un futuro pieno di speranza davanti a sé. Un sentimento pressoché svanito nell’epoca odierna, dominata dalla rassegnazione e dalla frustrazione, ma anche dalla sentenza pronunciata da Marina Suma nell’epilogo: «Siamo cambiati noi, la sera usciamo poco. Tanti anni fa era diverso».
Il contributo di Jerry Calà e Virna Lisi
Mattatori del racconto sono due personaggi che in momenti diversi si ritrovano nella condizione di aver esaurito le già citate venti estati utili della propria vita. Il primo è Luca Carraro, una delle indiscutibili vette della carriera di Jerry Calà. In un crescendo di emozioni, lo vediamo sbeffeggiare bagnini, amici e genitori, fare conquiste sentimentali a ripetizione, ricevere un sonoro (e doloroso) due di picche da Adriana e infine vanificare il sentimento che ha costruito preferendogli la comodità della vita vera, in una plastica rappresentazione dell’effimera essenza dell’estate.
La colonna portante dei Gatti di Vicolo Miracoli, all’epoca l’interprete più conosciuto e amato di tutto il cast, fu protagonista di una notevole intuizione: considerato troppo costoso dalla produzione, l’attore chiese e ottenne di interpretare un ruolo risultato della fusione di altri due, contenuti nella prima bozza della sceneggiatura, accettando di essere pagato a percentuale. I guadagni più sostanziosi si sarebbero concretizzati al raggiungimento di 8 miliardi di lire di incasso, mentre la produzione contava di incassarne 4. Sapore di mare chiuse poi a quota 10 miliardi, per la soddisfazione di entrambe le parti.
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Il secondo pilastro è ovviamente Virna Lisi, che all’epoca stava vivendo un periodo professionale negativo. Su insistenza del figlio, la leggendaria attrice accettò una parte di grande raffinatezza e altrettanta sensualità, vero e proprio controcampo emotivo della goliardia dei più giovani. È Adriana a collidere con gli inesperti e screanzati protagonisti, e a diventare anche inaspettatamente una sorta di grillo parlante nel confronto finale con Selvaggia. Per Virna Lisi arrivarono i meritatissimi David di Donatello e Nastro d’argento come attrice non protagonista, ma anche il rilancio di una carriera conclusa prematuramente nel 2014, con la dolorosa scomparsa di una fulgida stella del nostro cinema.
I caratteristi di Sapore di mare
Fra le pieghe di un azzeccato cast corale, troviamo anche altri interpreti di spessore come Christian De Sica, che da squattrinato romano spiccò definitivamente il volo nel ruolo di un milanese borghese, e l’abbagliante Karina Huff, nella parte di un’irresistibile turista straniera che esplorerà anche nel successivo Vacanze di Natale. Doverosa poi una menzione per il prezioso apporto di Marina Suma, nel ruolo dell’umile e ingenua ragazza oggetto dei desideri di Luca, e dell’altrettanto convincente Isabella Ferrari, alla prima prova di una lunga e florida carriera nei panni della splendida e taciturna Selvaggia, ripresa anche nel sequel Sapore di mare 2 – Un anno dopo, diretto da Bruno Cortini.
Fra stereotipi geografici e di classe, Sapore di mare mette inoltre alla prova anche straordinari caratteristi come Ugo Bologna e Guido Nicheli, entrambi alle prese con la maschera cinematografica del cumenda lombardo, Enio Drovandi nel ruolo del verace fotografo locale Cecco e Gianni Ansaldi in quello dell’intellettuale e aspirante toyboy Gianni. Un cenno infine ai gracili e imbranati marchesini Pucci, interpretati da Paolo Baroni (noto anche per la veste di maggiordomo nel programma televisivo di Bruno Vespa Porta a Porta) e Angelo Maggi, grande attore e altrettanto valido doppiatore di star del calibro di Tom Hanks, Bruce Willis, Robert Downey Jr. e Gary Oldman.
Un gruppo capace di dare vita a esilaranti incontri e scontri fra poli opposti, che in seguito costituiranno l’ossatura di Vacanze di Natale e Vacanze in America dei Vanzina e del bistrattato filone dei cinepanettoni, che in tempi di magra al botteghino in molti cominciano a rimpiangere.
L’importanza della musica
Ma i protagonisti di Sapore di mare non sono solo persone in carne e ossa. Un ruolo chiave lo gioca infatti fin dal titolo la musica. Il film avrebbe infatti dovuto intitolarsi Sapore di sale, come la celeberrima canzone di Gino Paoli. Un titolo già opzionato per un altro progetto mai realizzato, e quindi impossibile da inserire anche nella comunque affollata colonna sonora. Sarà poi Sapore di mare 2 – Un anno dopo a colmare questa lacuna, con un cameo dello stesso Gino Paoli alle prese con un’appassionata esecuzione del suo commovente pezzo.
Analogamente a quanto avviene ne Il grande freddo, distribuito anch’esso nel 1983, l’accompagnamento musicale di Sapore di mare è comunque da brividi e fondamentale per la creazione dell’atmosfera. Ad accompagnare le scampagnate dei protagonisti, i loro innamoramenti, i loro tradimenti e i balli lenti o sfrenati nell’iconica Capannina di Franceschi sono brani impressi nella memoria collettiva come Una rotonda sul mare, Stessa spiaggia, stesso mare, C’è una strana espressione nei tuoi occhi o Perdono. Canzoni utilizzate non solo come esplicito richiamo alla specifica dinamica che stiamo vedendo sullo schermo, ma anche come altrettanto evidente rievocazione nostalgica di un’intera epoca.
Anche grazie all’impatto culturale di Sapore di mare, la musica leggera italiana degli anni ’60 ha vissuto un vero e proprio revival, portando altri registi a utilizzarla nelle loro opere e a rendere di conseguenza familiare questo eccezionale filone alle generazioni più giovani.
Sapore di mare: la regia di Carlo Vanzina
Fra disastrose gite in barca, folgoranti battute e tragicomiche disavventure amorose, si rischia di sottovalutare il lavoro di un prezioso esponente del cinema italiano, Carlo Vanzina. Un regista che ha fatto della semplicità il suo marchio di fabbrica e della commedia popolare il suo campo di gioco, regalando però in diverse occasioni gemme di purissimo cinema. È questo il caso del racconto per immagini che mette in scena nelle prime battute di Sapore di mare, utilizzando Senza fine e un doppio gioco di sguardi per presentare le storie d’amore fra Luca e Marina e Paolo e Susan. Ma il suo lavoro va ancora più in profondità, scandagliando le abitudini degli italiani e i loro riferimenti culturali.
Emerge così il fascino delle arene estive, all’interno delle quali trova spazio anche un omaggio a papà Steno e al suo I due colonnelli, ma anche la pervasività della televisione, con il professore e divulgatore Alessandro Cutolo che si ritrova virtualmente coinvolto in un impeto di passione con protagonisti Jerry Calà e Karina Huff. La magia del cinema, talmente potente da farci ripetutamente scambiare la Versilia con Fregene (dove sono state girate buona parte delle sequenze di Sapore di mare), trova il proprio apice nello struggente epilogo, in cui ritroviamo i giovani scanzonati di un tempo alle prese con vite ben più tristi e vuote 18 anni dopo.
Il finale di Sapore di mare
«Questo biglietto vale per tutte le lettere che non ti ho mai scritto. A proposito, sei sempre la più bella. Luca.», legge Marina nel biglietto che le viene recapitato da un cameriere. Un’implicita ammissione di colpa, un messaggio di scuse fuori tempo massimo, che arriva dall’uomo che in un pomeriggio estivo le fece credere di avere trovato il vero amore, per poi sbolognarla in nome di una compagnia più semplice e socialmente accettabile. Lo stesso uomo che oggi fa addirittura fatica a riconoscerla, facendosi poi travolgere dai ricordi e dai rimpianti una volta compreso l’abbaglio.
Il cuore di Sapore di mare risiede in quell’insistito campo e controcampo fra Jerry Calà e Marina Suma sulle note di Riccardo Cocciante, in quel lento avvicinamento a volti che esprimono rispettivamente compiacimento per la strada intrapresa e rammarico per quella lasciata in nome del lusso e della conquista fine a se stessa. Un finale amaro come quello de Il sorpasso, non meno nostalgico di quello di Nuovo Cinema Paradiso, che dopo 40 anni possiamo inserire senza incertezze fra le pagine più importanti del cinema italiano. Un epilogo che, proprio come la fine dell’estate, ci riporta improvvisamente alla realtà, invitandoci a correre verso quel treno, a fare quel piccolo passo verso il nostro amore e soprattutto a scrivere quelle sospirate lettere.
– Mamma, ma com’era l’epoca tua?
– Mah, che ne so. Era diversa.
– Diversa come?
– Mah, non so. Era diversa… Ci batteva il cuore. Eh, sì. Mi sembra di ricordare che ci batteva il cuore.
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Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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