Ha tutte le qualità per essere un prodotto di successo Secret Team 355: un gruppo di donne protagoniste di un genere come lo spy thriller che spesso si è confrontato con l’universo femminile solo attraverso stereotipi; un insieme di star del calibro di Jessica Chastain (coinvolta anche come produttrice con la sua Freckle Films), Penélope Cruz, Diane Kruger e Sebastian Stan; un regista e sceneggiatore come Simon Kinberg, già autore degli script di svariati capitoli di X-Men e del primo Sherlock Holmes.
Ma Secret Team 355 ha anche diverse caratteristiche in grado di affossare anche i migliori presupposti: un intrigo internazionale basato su una generica minaccia di conflitto mondiale ormai logora, se non superata dalla realtà; una sceneggiatura approssimativa, in cui la tecnologia è inserita nell’intreccio con sciatteria, ignorando le conoscenze ormai consolidate dello spettatore medio; un desiderio di rappresentanza (le protagoniste sono donne di diversa etnia provenienti da varie aree del mondo) che mal si coniuga con una narrazione che invece cavalca diversi stereotipi, ingigantendo esplicitamente i fallimenti dei cattivi in quanto arrivati per mano di un gruppo di donne.
Il risultato di questi contrasti è un’opera godibile per lunghi tratti, che appare però irrimediabilmente datata, non solo per i molteplici rinvii dovuti alla pandemia (le riprese sono partite a luglio del 2019), ma per lo stesso approccio di Simon Kinberg, che sembra ignorare deliberatamente l’evoluzione dello spy movie e dell’action degli ultimi 20 anni, dando vita a una rilettura fiacca e depotenziata di vari capitoli di Mission: Impossible, The Bourne Identity e James Bond, capace di mantenersi a galla solo grazie al carisma e all’espressività delle protagoniste.
Secret Team 355: uno spy thriller fuori tempo massimo
Il fulcro dell’intera operazione è Jessica Chastain, che durante le riprese di X-Men – Dark Phoenix ha proposto a Kinberg di dare vita a uno spy movie al femminile. L’attrice statunitense, fresca vincitrice del premio Oscar, interpreta la leader del gruppo Mace Browne, agente CIA incaricata di dare la caccia a una pericolosissima arma segreta, finita nelle mani di mercenari senza scrupoli. Il caso porta alla collaborazione fra varie agenzie internazionali: a Mace si affiancano la spigolosa agente tedesca Marie (Diane Kruger), l’esperta informatica dell’MI6 Khadijah (Lupita Nyong’o), la psicologa colombiana Graciela (Penélope Cruz) e l’associata dei servizi segreti cinesi Lin Mi Sheng (Bingbing Fan). Prende così il via la più classica successione di alleanze, tradimenti, doppi e tripli giochi, in un rocambolesco inseguimento fra Stati Uniti, Parigi, Cina e Marocco.
Tutto già visto, se non ripreso platealmente dai già citati punti di riferimento del genere, ma ammantato dalla sempre più prorompente richiesta di empowerment femminile sul grande schermo e da una parata di vere e proprie stelle, capaci di rendere dignitoso anche un impianto tecnico e narrativo da action movie televisivo di seconda fascia. Anche se il risultato poteva essere ben peggiore, si fatica a scrollarsi di dosso la sensazione di essere di fronte a una storia creata per compartimenti stagni, con personaggi di diverse estrazioni alle prese con fragilità universali come la voglia di famiglia, l’incapacità di avere una relazione stabile o i problemi irrisolti con la figura paterna. Tutto corretto e declinato in un prevedibile ribaltamento della visione patriarcale, ma anche talmente generico e superficiale da risultate impalpabile.
Un lavoro fiacco e deludente
A destare perplessità sono anche le sequenze di pura azione, con le protagoniste che fanno del loro meglio per risultare credibili, ma scontano delle coreografie davvero poco ispirate e la manifesta volontà di smorzare i momenti più violenti e potenzialmente sanguinolenti. Il risultato è uno spy movie che sembra uscito dagli anni ’90 e arrivato non si sa come nel nostro tempo, dove a funzionare sono paradossalmente più i dialoghi (molti dei quali didascalici, come quello che spiega il titolo) che l’azione vera e propria, che appare invece sempre trattenuta e quasi spaventata dalle possibili scorrettezze politiche e sociali.
Con un atto di eccessivo ottimismo (gli incassi al momento non arrivano a 30 milioni di dollari, a fronte di un budget di 75), il finale lascia aperta la porta a un sequel. Nell’improbabile caso che Secret Team 355 si trasformi in franchise, urge un deciso cambio di approccio, anche a costo di prendersi qualche rischio.
Secret Team 355 è nelle sale italiane dal 12 maggio, distribuito da 01 Distribution.
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