Gli idoli delle donne: come Lillo & Greg sfottono i luoghi comuni

Possiamo ormai affermare con certezza che Lillo & Greg hanno una passione per il cinema di genere. Nello specifico per l’horror e la fantascienza, anche se pure l’action talvolta gioca la sua parte, tant’è che grazie alla loro trasmissione radiofonica 610 (e ancor prima alla storica imitazione di Enrico Ghezzi da parte di Corrado Guzzanti) è diventata celebre l’espressione “cinema di menare” per indicare i film d’azione pieni di combattimenti.

Ma rimanendo nel seminato della fantascienza e dell’horror, è interessante notare come tale componente sia la base non solo di tanti loro sketch, ma soprattutto delle loro commedie, di quelle cioè che li vedono alla regia e alla sceneggiatura, oltre che davanti alla macchina da presa. Già in D.N.A. – Decisamente non adatti la premessa era un classico della fantascienza e dell’horror: lo scambio di corpi tra due personaggi agli antipodi; con tanto di Greg scienziato che grida: «Si può fare!» alla Frankenstein Junior.

Gli idoli delle donne: una commedia che ama l’horror

Ora, ne Gli idoli delle donne, da ieri disponibile su Prime Video, Sky e Now, abbiamo un gigolò di successo con il corpo dell’ex tronista Francesco Arca che in seguito a un incidente si ritrova con un corpo completamente diverso, anzi completamente altro come direbbe la sua agente (una Daniela Piperno in versione Edna Mode de Gli incredibili): quello di Lillo. E il racconto di questa trasformazione ha proprio il respiro di un horror, magari alla Mel Brooks, ma pur sempre un horror, con tanto di tuoni, fulmini e luna piena. Tutto il segmento iniziale che ci porta all’incidente a ben vedere è raccontato come una origin story: è il prologo dal ritmo indiavolato e perfetto che ci porta nel vivo della storia prima ancora dell’arrivo del titolo, che quando appare lo fa per l’appunto accompagnato da un tuono e una musica esageratamente drammatica.

C’è quindi tanto mestiere in questo nuovo film di Lillo & Greg, questa volta in cabina di regia insieme a Eros Puglielli, il quale venendo dal noir (Occhi di cristallo) e dal fantastico (Copperman) sa come girare scene che non vediamo spesso in una commedia italiana e come montarle per conferirgli il ritmo e il tono giusti. E si vede da subito.

La passione di Lillo & Greg per i luoghi comuni

Certo, non è difficile immaginarsi le tante cose a cui Lillo & Greg si sono ispirati per scrivere la storia di un gigolò che, ritrovatosi in un corpo estraneo, deve lavorare sulla sua personalità per risultare nuovamente affascinante e alla fine capisce il valore di essere amati per ciò che si è dentro. Detta così sembra La bella e la bestia che incontra Pretty Woman al contrario, e un po’ lo è.

Ma è qui che gioca la sua parte un’altra grande passione del duo comico, una passione nota a chiunque abbia un minimo presente il loro percorso artistico, dalle canzoni con i Latte & i Suoi Derivati fino agli sketch in televisione con Virginia Raffaele: i luoghi comuni. Il nostro protagonista infatti si esprime usando praticamente solo luoghi comuni, pensando di risultare interessante quando invece è un trionfo di banalità per le orecchie di chiunque. Soprattutto per le sue clienti, che infatti da lui vogliono solo sesso, per il resto deve letteralmente tacere.

L’ironia è che nel tentativo di lasciarsi alle spalle tutto questo, chiede aiuto a un ex gigolò ora sorta di guru del rimorchio – Greg ovviamente – che lo sottopone ad un addestramento che è anch’esso, in modo diverso, un trionfo di frasi fatte e becere strategie di corteggiamento. E nel terzo atto – dove il film a dirla tutta perde mordente e la nostra storia si incrocia in modo molto forzato con una storia parallela – vive un’avventura piena di situazioni al limite dello stereotipo, tra caricature di narcotrafficanti colombiani alla Narcos e le loro donne che vanno matte per le banalità sentite nelle telenovele sudamericane.

Gli idoli delle donne: come ridere della banalità

La potenza de Gli idoli delle donne è proprio questa: è una commedia che sfotte in modo molto intelligente e arguto i luoghi comuni raccontando situazioni paradossali dove è la banalità stessa che regna sovrana, il tutto senza trascurare una regia solida e capace che cita, omaggia e – finché ha benzina nel motore – tiene un gran ritmo e si diverte un sacco.

Ah, giusto: nel ruolo di un signore della droga colombiano la cui figlia sarà il punto di svolta per il terzo atto, c’è un Corrado Guzzanti che come sempre si ritaglia un piccolo film a parte nel film che stiamo guardando. Per una volta però non è l’elemento più divertente e indimenticabile. Nemmeno quando all’inizio fa uccidere dai suoi sicari Valerio Lundini, qui in veste di temporaneo fidanzato della figlia. Incredibile, vero?

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