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Gli Editoriali di Tech PrincessRubriche

Lo stupro di Piacenza e il falso caso di pedopornografia: quando gli algoritmi fanno cilecca

Gli errori degli algoritmi e quelli degli umani

Duole dirlo, ma lo stupro di Piacenza ha in un certo senso inaugurato la campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del prossimo 25 settembre.

La notizia, che abbiamo dato in un altro articolo, ha avuto un grosso risalto. Soprattutto, appunto, per gli strascichi polemici che ha ingenerato. In estrema sintesi: all’alba di domenica 21 agosto, nel centro storico di Piacenza una cinquantacinquenne ucraina è stata violentata da un richiedente asilo originario della Guinea.

Qualcuno ha filmato la violenza, che è finita su alcuni giornali online, in primis Il Messaggero. L’indomani il video è stato condiviso da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia.

Lunedì, giorno in cui la Procura di Piacenza ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per il reato di “diffusione senza consenso di materiale riproducente atti sessuali”, il video è stato rimosso sia dalle testate che dai siti e profili social dove era apparso.

Lo stupro di Piacenza e la polemica politica

Altrettanta eco ha avuto la polemica subito seguente alla diffusione del video da parte di Giorgia Meloni.

Il centrosinistra – capeggiato da Enrico Letta, segretario del Partito Democratico – ha immediatamente chiesto ai giornali e (soprattutto) a Giorgia Meloni la rimozione del video. Rimozione avvenuta, anche perché la già citata Procura di Piacenza ne ha chiesto il sequestro.

Ma la polemica è scoppiata, rovente: il centrosinistra ha accusato Meloni di sciacallaggio, e la politica di centrodestra a sua volta ha detto di aver semplicemente diffuso un contenuto già circolante sui media.

Inoltre, benché la presidente di Fratelli d’Italia abbia assicurato che non avrebbe mai postato un video che avrebbe permesso il riconoscimento della vittima, la vittima stessa ha dichiarato di essere stata riconosciuta nel filmato.

Giorgia Meloni bufala 1

Lo stupro di Piacenza e i social

Ma fermiamoci qua, perché di questo e altri scontri elettorali sono pieni i giornali, e lo saranno sino alla vigilia del 25 settembre.

Va piuttosto sottolineato come i social, nei confronti della notizia dello stupro di Piacenza, abbiano messo in moto – quasi all’unanimità – un’azione censoria.

Più precisamente, il filmato è stato rimosso da Facebook, Instagram e Twitter. I primi due social fanno entrambi capo al gruppo Meta: in questi due casi, la motivazione alla base è che il contenuto violava le norme relative allo “Sfruttamento sessuale di adulti”.

Il video è stato cancellato anche da Twitter. Sul profilo di Giorgia Meloni è apparsa la dicitura “Questo tweet ha violato le regole di Twitter. Scopri di più”, dove quello “Scopri di più” rimandava alle norme del social.

Non è ancora chiaro se la rimozione sia avvenuta per l’elevato numero di segnalazioni da parte degli utenti o perché il contenuto abbia messo automaticamente in moto le procedure di controllo e revisione.

Il caso di pedopornografia che non c’è

A proposito di interventi di censura automatica, Google ha preso un grande abbaglio.

Cosa è accaduto? Lo ha raccontato il New York Times. La vicenda risale allo scorso anno. Il figlio di Mark ha il pene arrossato e dolente, un’infermiera gli chiede l’invio di alcune immagini perché il medico possa valutare la situazione, e Mark fa quanto richiesto.

Il bambino guarisce, ma la storia non ha comunque un lieto fine. Due giorni dopo Mark riceve una notifica sul telefono: il suo account è stato disattivato per la presenza di “contenuti dannosi” che sono “una grave violazione delle politiche di Google e possono essere illegali”.

È del tutto evidente il riferimento alle immagini del figlio inviate all’operatrice sanitaria.

Mark non solo non riottiene il possesso dell’account. Ma, oltre a venirgli riferito che l’account medesimo sarà disattivato in modo permanente, scopre che la polizia di San Francisco ha aperto un’indagine sul suo conto.

Esasperato, Mark ha deciso che non farà causa a Google, correndo così il rischio di smarrire per sempre 10 anni di “esistenza” digitale.

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I limiti delle macchine e degli umani

Come possono collegarsi la notizia dello stupro di Piacenza e quella dell’abbaglio preso da Google?

Forse ragionando sulla fallibilità di uomini e macchine. Le seconde, per quanto raffinate, è improbabile che potranno mai avere il discernimento, l’intuitività e il buon senso degli umani. Tutte quelle caratteristiche, insomma, che trascendono gli aspetti puramente meccanici, e permettono di interpretare ogni vicenda come fatto a sé, grazie ai filtri della saggezza e dell’ironia, ad esempio.

Il problema è che queste virtù gli esseri umani, giacché ne dispongono, dovrebbero applicarle. Assieme, magari, al buon gusto.

È per esempio sufficiente dire: “Ho condiviso quel contenuto perché lo aveva fatto un quotidiano prima di me”? Oppure sarebbe stato meglio astenersi, e lasciare che il quotidiano in questione fosse il solo a essere incappato in una caduta di stile?

Perché ci ricordiamo, vero, che è la coscienza a distinguerci dalle macchine?

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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