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Il trabocchetto, “Il gioco in cui, se sopravvivi, vinci”. La macchina del tempo

È stato uno dei giochi di culto della MB negli anni Ottanta del Novecento

La MB, sigla per Milton Bradley Company, è stata una fabbrica di sogni per chi ha trascorso la prima giovinezza tra la fine degli anni Settanta e l’inizio dei Novanta del secolo scorso.

Tra i suoi giochi da tavolo di culto ci siamo già occupati (tra gli altri) di Forza 4 e di Affonda la flotta. Questi e altri giochi hanno avuto un’ampia diffusione globale anche per la loro semplicità: si tratta in effetti della riproposizione tridimensionale di passatempi antichi. Forza 4, in fondo, è una rielaborazione dell’immortale tris.

Ci sono stati poi altri giochi ugualmente meritori e conosciutissimi qualche decennio fa, ma che prevedevano istruzioni appena più complicate. Il loro successo non sarà forse stato clamoroso come quello di Forza 4 e affini, ma proprio per la (appena) minore accessibilità hanno avuto uno stuolo di cultori.

Tra questi giochi, merita sicuramente un posto d’onore Il trabocchetto. Iniziamo subito dalla parte più difficile: cos’era Il trabocchetto, o meglio come si giocava?

trabocchetto

Il trabocchetto

Decine di ingegneri e linguisti si sono trovati in difficoltà, nel provare a spiegare in breve in cosa consistesse Il trabocchetto. Ma noi ce la faremo.

Il gioco poteva impegnare da due a quattro concorrenti. Ciascun giocatore aveva cinque biglie che disponeva a caso su un reticolato. Una volta disposte le biglie, ogni giocatore a turno muoveva di una posizione uno dei quattordici cursori, allo scopo di far cadere una o più biglie avversarie sotto il reticolato. C’erano sette cursori bianchi e – perpendicolarmente a loro – sette cursori arancioni. Ogni cursore poteva assumere tre diverse posizioni.

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Scopo del gioco era quello di eliminare tutte le biglie dell’avversario (o degli avversari).

Tralasciamo altre regole più sofisticate, tra cui il divieto di muovere un cursore appena mosso dal giocatore precedente (se no si sarebbe potuti andare avanti-indietro in uno stallo infinito).

Breve storia de Il trabocchetto

Il trabocchetto nasce addirittura nel 1978, e sbarca nel nostro Paese nel 1980.

Ha avuto un buon successo per almeno un decennio. Anche se, con nostro grande stupore, abbiamo notato come Internet sia piuttosto avara di notizie al riguardo.

Di certo il gioco ha subito alcune variazioni estetiche nel corso degli anni, e ancora oggi (con altro nome) è in vendita nei negozi di settore e su alcuni marketplace.

I trabocchetti

Il gioco funziona perché i vari cursori, intersecandosi tra loro nelle diverse posizioni, possono dare vita a svariate combinazioni. I cursori non erano altro che la prosecuzione della superficie di gioco. Del reticolato, per intenderci.

Insomma: ogni pallina può trovarsi su una superficie bianca e avere sotto quella arancione (perché il bianco sta sopra l’arancione), o trovarsi su una superficie bianca e avere sotto di sé il vuoto, oppure trovarsi su una superficie arancio e avere il vuoto sotto o… cadere.

Meglio dunque rimanere sulla superficie bianca, perché sotto potremmo avere un secondo strato, quello arancione. Mentre sotto l’arancione c’è il vuoto.

Il trabocchetto tra delirio e sadismo

Se non avete capito niente di queste ultime righe, sappiate che è del tutto normale.

Chi sta redigendo l’articolo si è immedesimato nel se stesso di una quarantina di anni fa, quando coi più cari amici passava ore a cercare tattiche impossibili.

Si finiva con tremendi mal di testa, quando in fondo Il trabocchetto era un gioco di memoria. Le combinazioni dei cursori non erano infinite, e in teoria chi fosse riuscito a impararle tutte a memoria sarebbe risultato vincitore in eterno.

Ma al di là di questo, era senza dubbio l’elemento del sadismo a tenerci incollati a Il trabocchetto. Certo, in tutti i giochi competitivi scopo ultimo è vincere, e per vincere bisogna sconfiggere gli avversari. Ma qui, il fatto che a poco a poco la dotazione di biglie dei concorrenti scomparisse, dava a ogni partita un sapore differente, più sadico, e non c’è categoria umana più sadica dei bambini.

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“Il gioco in cui, se sopravvivi, vinci”

Il titolo di quest’ultimo paragrafo non è tra virgolette per caso. Si tratta dello slogan che ha accompagnato Il trabocchetto nei suoi primi anni, e che campeggiava su coperchio della scatola nelle edizioni più antiche.

Evidentemente i pubblicitari della MB avevano capito quali erano le corde da far vibrare nei giovani e giovanissimi di allora. D’altronde, era una generazione abituata a guardare cartoni animati come L’uomo tigre (che oggi farebbero gridare allo scandalo qualunque associazione di genitori).

Far piazza pulita di un amico durante una partita a Il trabocchetto, in confronto, era acqua fresca.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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