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Tick, Tick… Boom!, com’è il film Netflix con Andrew Garfield

Tick, Tick... Boom! è disponibile dal 19 novembre su Netflix.

In un periodo particolarmente florido per il musical, con Caro Evan Hansen, Cyrano e West Side Story di Steven Spielberg prossimi alla distribuzione in sala, anche Netflix si inserisce nella partita distribuendo Tick, Tick… Boom!, adattamento cinematografico dell’omonimo musical del compianto Jonathan Larson, diretto da Lin-Manuel Miranda. Un’opera da tenere in considerazione anche in chiave Oscar, soprattutto per la notevole performance di Andrew Garfield, che si destreggia con naturalezza in scene di ballo e di canto, conferendo inoltre al proprio personaggio una toccante miscela di vitalità e malinconia.

Reduce dai successi di Hamilton e Vivo, Lin-Manuel Miranda si cimenta per la prima volta dietro alla macchina da presa, portando sullo schermo l’adattamento di un racconto così personale e autobiografico da essere di fatto indistinguibile da un biopic. La storia ha infatti per protagonista Jon, che giunto ormai alla soglia dei 30 anni è alla disperata ricerca di un produttore per il suo musical Superbia, alla cui scrittura ha dedicato gli ultimi anni della sua vita, accontentandosi di modesti lavoretti per continuare a vivere il suo sogno.

L’ansia e la frustrazione aumentano progressivamente, anche a causa delle discussioni con l’amico Michael, che al contrario di Jon ha abbandonato le sue aspirazioni in nome della stabilità economica, e con la fidanzata Susan, che pur comprendendo il compagno vorrebbe imprimere un’accelerazione al loro rapporto. Fra notizie funeste e belle sorprese, seguiamo il cammino di Jon verso la gloria, simile a quello dello stesso Jonathan Larson, che a causa di un fatale aneurisma cerebrale morì a soli 35 anni, poche ore prima del debutto del suo primo spettacolo Rent, diventato poi un cult in tutto il mondo.

Tick, Tick… Boom!, la vita e il processo creativo in un toccante musical

Tick, Tick... Boom!

Proprio come il musical da cui deriva, Tick, Tick… Boom! cerca di compiere una riflessione sulla creatività e sul successo, concentrandosi sui turbamenti del protagonista e sul suo particolare approccio ai suoi stessi sogni, segnato da una continua alternanza di momenti di sconforto e incrollabile fiducia nella grande occasione. Una bomba pronta a esplodere, come ci ricorda il ticchettio che sentiamo più volte nel corso del racconto, preludio alla sospirata deflagrazione artistica di un giovane totalmente devoto alla sua opera. Se dal punto di vista prettamente narrativo Lin-Manuel Miranda è abbastanza didascalico, rischiando più volte di girare a vuoto sulla dinamica dell’artista che si chiude progressivamente a riccio sulla sua opera trascurando tutto il resto, Tick, Tick… Boom! prende letteralmente vita, com’è giusto che sia, negli svariati numeri musicali.

Canzoni e balli si trasformano in racconto, delineando i contorni di un’esistenza sacrificata all’ambizione e sottolineando le privazioni di Jon in termini economici, sociali e lavorativi. Fondamentale in questo senso la naturale solarità di Andrew Garfield, che funge da contrasto visivo ed emotivo alla sofferenza che emerge dai testi e dalle continue difficoltà del protagonista. Un apparente conflitto che è invece sintesi del tema portante di Tick, Tick… Boom!, cioè la sostanziale sovrapposizione dell’artista con la sua stessa arte, che non comincia solo nel momento del suo arrivo al pubblico, ma parte invece da molto più lontano, percorrendo insieme all’autore le tortuose vie che conducono all’affermazione personale.

Fra finzione e realtà

Per la sua stessa natura di adattamento, Tick, Tick… Boom! non può approfondire a sufficienza la triste fine di Jonathan Larson. Fra le due possibili soluzioni, cioè tagliare completamente fuori dal racconto la morte dell’autore o fondere invece definitivamente la finzione e la realtà, Lin-Manuel Miranda opta per una poco convincente via di mezzo, inserendo una sorta di postilla cinematografica dalla scarsa efficacia divulgativa e comunque priva dell’auspicabile enfasi. La più evidente fragilità di un’opera che si distingue invece per molti pregi, fra cui la sua capacità di sfruttare un genere considerato ingiustamente vetusto da molti per una riflessione quantomai attuale sul conflitto fra ambizione e stabilità sentimentale e sociale, sulla scia dell’impareggiabile La La Land di Damien Chazelle.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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