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Top Gun: com’è il film del 1986 di Tony Scott

Il nostro omaggio al primo indimenticabile Top Gun

«Star Wars sulla Terra». Questa l’estrema sintesi del progetto Top Gun da parte del produttore Jerry Bruckheimer, che con il suo lavoro ha indelebilmente segnato l’immaginario cinematografico degli ultimi 40 anni. Una descrizione calzante, dal momento che i punti di contatto fra Star Wars e Top Gun sono molteplici, ma anche parziale, visto che trascura una componente fondamentale dell’opera diretta dal compianto Tony Scott, cioè il suo stretto e indissolubile legame con l’amministrazione di Ronald Reagan e col machismo e l’eroismo imperanti all’epoca. Una corsa verso l’eccellenza della Marina USA e dei suoi velivoli da combattimento esaltata nell’articolo di Ehud Yonay Top Guns, la principale fonte d’ispirazione per il film.

Nasce da queste due basi, per certi versi in contrapposizione, Top Gun, manifesto del cinema d’azione anni ’80 e termine di paragone per tutti i film di aviazione. Un classico viaggio dell’eroe, messo in scena con un’estetica da videoclip da un maestro del settore come Tony Scott (reduce dalla sua opera prima Miriam si sveglia a mezzanotte), esaltato dagli ampi mezzi messi a disposizione dal Dipartimento della Difesa statunitense, desideroso di arruolare nuove leve, e condito dall’indimenticabile colonna sonora di Giorgio Moroder, all’interno della quale spicca l’epica Take My Breath Away, eseguita dai Berlin e premiata con l’Oscar per la migliore canzone. Puro cinema di propaganda nel pieno della Guerra fredda, capace però di scolpire nell’immaginario collettivo il Maverick di Tom Cruise, eroe ribelle e indomabile che proprio in questi giorni possiamo rivedere nuovamente al cinema in Top Gun: Maverick.

Top Gun: il rock’n’roll nei cieli di Tony Scott

Top Gun

Come spesso avviene, l’incipit di Top Gun è una vera e propria dichiarazione d’intenti: un breve testo che introduce la prestigiosa scuola d’aviazione che dà il titolo al film, seguito da uno sfoggio dei più avanzati mezzi aerei dell’esercito statunitense, che sembra quasi dialogare a distanza con Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, con l’intento di celebrare quel machismo dell’ambiente militare che Stanley Kubrick invece voleva sbertucciare. Facciamo poi la conoscenza di Pete “Maverick” Mitchell, che come Luke Skywalker è figlio di un abile pilota, scomparso in circostanze misteriose. Un atto di spregiudicato eroismo di Maverick lo porta a una severa ramanzina da parte dei superiori, ma anche all’iscrizione alla scuola per piloti Top Gun, insieme al fidato amico Goose (Anthony Edwards).

Maverick si trova così al cospetto dei più abili pilota di caccia della nazione, fra cui c’è anche Tom “Iceman” Kazinsky (Val Kilmer), che entra immediatamente in conflitto con il protagonista per il suo atteggiamento da smargiasso. La scuola ospita però anche personaggi più affini a Maverick, come il comandante Mike “Viper” Metcalf (Tom Skerritt), ex collega di suo padre, e Charlotte Blackwood (Kelly McGillis), astrofisica che ha il compito di erudire i piloti su alcuni aspetti tecnici. Fra una missione e l’altra, Maverick ha l’occasione di temprarsi come pilota, la fortuna di trovare l’amore e purtroppo anche il dolore di veder morire fra le sue braccia Goose.

Il nemico sovietico

La sceneggiatura di Top Gun è sostanzialmente un raccordo fra una scena di volo e la successiva, letteralmente infarcita di stereotipi ma non per questo disprezzabile. Per uno spettatore di oggi, l’opera di Tony Scott ha infatti la stessa importanza di molti film realizzati fra le due guerre, per come riesce a tratteggiare l’imperialismo statunitense (in quel momento al proprio apice) e la palpabile tensione con il blocco sovietico. Il diavolo come sempre è nei dettagli: ogni pilota americano è caratterizzato con qualità positive, che vanno dall’abilità in battaglia allo spirito di sacrificio, ed è chiaramente riconoscibile anche con il casco indossato; viceversa, i piloti di MiG nemici sono meri ingranaggi di un meccanismo freddo e disumano, del tutto anonimi e impersonali.

Una contrapposizione fra eroismo appassionato e umano e potenza glaciale e spietata che ricalca la narrazione alla base dello scontro fra Rocky e Ivan Drago in Rocky IV, uscito nel 1985, appena un anno prima di Top Gun. Ma l’opera di Tony Scott è importante anche per la sua rappresentazione del maschilismo allora imperante in ambito militare (e non solo). Tutti i contrasti fra i personaggi messi in scena vertono infatti principalmente su questioni futili e per certi versi infantili, come la sfida per il pilota più abile, quella per l’aviatore più coraggioso o le ripetute ramanzine per ordini non rispettati o gerarchie scavalcate.

Emblematica in questo senso la celebre scena della partita di pallavolo in spiaggia, su cui Quentin Tarantino basa una riflessione tutt’altro che banale sull’omoerotismo latente in Top Gun durante il suo cameo ne Il tuo amico nel mio letto: fra corpi oliati, pettorali in bella vista e strategici ralenti, anche un innocuo momento ludico diventa un campo di battaglia su cui affermare la propria superiorità.

Top Gun e Star Wars

Top Gun

In questo trionfo della mascolinità tossica, anche la nascente storia d’amore fra Maverick e Charlotte (beffardo e sicuro di sé lui, rigida e algida lei, in perfetta sintonia con le tendenze cinematografiche dell’epoca) è rappresentata come un mero passaggio del racconto di formazione del protagonista. Solo le già citate musiche e le scelte visive di Scott (memorabile soprattutto la scena di sesso, per la quale il regista ha addirittura rischiato il licenziamento) riescono a rendere ancora oggi appagante questo importante aspetto del viaggio di Maverick.

Di ben altro tenore il rapporto fra Maverick e Goose, vera e propria spina dorsale emotiva di Top Gun. È l’amicizia fra i due a regalare sia i momenti più divertenti (come la sfrenata esecuzione al pianoforte di Great Balls of Fire, non a caso ripresa in Top Gun: Maverick) che quelli più drammatici, con la morte dell’amico che diventa una perfetta leva drammaturgica per il percorso di crescita del protagonista. La sfida finale non può che essere col nemico per eccellenza, cioè l’Unione Sovietica: ancora una volta, si sprecano le analogie fra l’avventura di Maverick e quella di Luke Skywalker, con i MiG sovietici che prendono il posto dei TIE fighter imperiali e il covo del nemico che diventa la personale Morte Nera del più sfrontato e capace pilota della Marina americana.

Per la mentalità militare, tutto comincia e finisce con la battaglia, perciò non può che essere la strepitosa impresa del protagonista a riconciliarlo con il suo passato e con il suo più acerrimo rivale Iceman. Rapporti esplorati ancora più a fondo e con sfumature più malinconiche in Top Gun: Maverick, degno erede del lavoro di Tony Scott nonostante i 36 anni trascorsi.

Il lascito di Top Gun

Sorprendentemente, questa bizzarra miscela fra cinema d’avventura e pura operazione di marketing da parte del Dipartimento della Difesa statunitense (che è intervenuto più volte sul girato per non mettere in cattiva luce la Marina ed è stato ripagato col maggior numero di matricole dai tempi della seconda guerra mondiale) è appassionante e godibile anche se vissuta con la mentalità più consapevole e inclusiva di oggi. Merito soprattutto delle spettacolari scene d’azione, rese possibili proprio dal supporto fornito dai vertici militari statunitensi, ma anche dell’attenzione da parte della produzione ai dettagli scenografici e stilistici. I Ray-Ban a specchio di Maverick, il suo indimenticabile giubbotto militare e il suo fiero portamento a bordo della moto sono parte fondamentale del successo di Top Gun e dello stesso Tom Cruise, che negli anni ha saputo capitalizzare la sua encomiabile prova trasformandosi in una vera e propria icona del cinema action.

Proprio come il suo protagonista, che in sala vediamo ancora sfidare le leggi della fisica, quelle del buon senso e persino l’invecchiamento, questo sfacciato e muscolare rock’n’roll nei cieli (come lo definì lo stesso Tony Scott) è ancora un’esperienza purissima e di grande impatto, capace di fotografare un’epoca e di riconciliarci con un’idea di cinema e intrattenimento che oggi purtroppo è sempre più rara.

– Ti concedo di essere il mio aereo di appoggio.
– Balle! Sarai tu il mio.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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