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Voto elettronico: il futuro della democrazia è digitale?

La tecnologia può migliorare le procedure di voto o le mette solo a rischio?

In un mondo sempre più orientato verso la digitalizzazione delle pratiche e dei servizi, può sembrare antiquato continuare a votare al seggio con la scheda di carta e la matita copiativa. E infatti già dagli anni ’60  che si sta provando ad agire in tal senso, sia digitalizzando le modalità di voto al seggio che attraverso il voto telematico. Questo processo ha portato oggi molti paesi ed enti ad utilizzare una procedura di voto elettronico più o meno avanzata, ma siamo ben lontani da una diffusione capillare di questa realtà.

Quali sono le difficoltà dietro questo passaggio? E quali sono i vantaggi e i rischi? La risposta è complessa, ed è necessario innanzitutto fare un passo indietro per capire quali caratteristiche debba avere una votazione per essere ritenuta lecita.

‘Voto’ viene prima di ‘elettronico’

Un voto, soprattutto se riguarda una elezione politica e almeno per il caso italiano, deve avere alcune importanti caratteristiche. Riportiamo di seguito una frase dell’Articolo 48 della Costituzione Italiana, che parla proprio di questo argomento:

Il voto è personale ed eguale, libero e segreto

Ognuno di questi termini ha un significato ben preciso ed interconnesso con gli altri. Con “personale” si intende che il voto dev’essere espresso in prima persona, ovvero non possiamo delegare il nostro voto a qualcun’altro. “Uguale” indica come tutti i voti debbano avere lo stesso peso, a prescindere dal votante, mentre “libero” indica che ognuno di noi è libero di votare chi preferisce, e non può essere costretto ad agire altrimenti. Infine, il voto dev’essere “segreto“, ovvero nessuno può sapere chi ha votato chi.

Il potere del voto nasce dalla sinergia di questi elementi. Per esempio, il voto non può essere veramente libero senza essere anche segreto: solo senza la possibilità per qualcun’altro di verificare a posteriori la nostra preferenza si può evitare la compravendita di voti o pressioni per votare determinati candidati. Perché quindi il voto elettronico esista e sia utilizzabile, deve necessariamente rispettare questi criteri, praticamente senza compromessi. Deve inoltre portare dei vantaggi rispetto al voto tradizionale. Ma è questo il caso?

Due modi di digitalizzare

Esistono due tipologie di ‘voto elettronico’: una è quella dove dei dispositivi sostituiscono la classica scheda elettorale; l’altra è quella che elimina completamente la necessità di recarsi al seggio, attraverso un voto telematico. In entrambi i casi uno dei vantaggi principali è, rispetto al sistema tradizionale, la possibilità di velocizzare le procedure di spoglio.  Inoltre, diventa, teoricamente, impossibile annullare involontariamente la scheda (anche se è possibile consegnare comunque la “scheda bianca“) o fraintendere, in maniera più o meno malevola, le intenzioni di voto di un elettore. Con il voto telematico, infine, diventa molto più facile per le persone votare dovunque si trovino, favorendo quindi l’affluenza e combattendo la bassa partecipazione tipica di molte elezioni.

Se però non stiamo ancora tutti utilizzando un macchina o il nostro computer per votare ad ogni elezione, vuol dire che sono ancora presenti dei problemi. Il primo tra questi è la fiducia dei cittadini nel metodo di voto. La possibilità di tracciare il segno sulla scheda ed inserirla personalmente nell’urna dà molte più certezze agli elettori rispetto ad operare su un macchinario i cui processi interni sono a loro sconosciuti, o comunque incomprensibili. Non aiuta il fatto che la maggior parte delle società che offrono questo tipo di servizio utilizzino hardware e software proprietario, quindi non validabile da esperti esterni.

Questo problema può essere in parte risolto prevedendo che la macchina registri ogni azione compiuta dall’utente su una ricevuta, che può essere poi controllata per accertarsi che la preferenza sia stata registrata correttamente. Potrebbe anche essere utile affidarsi a software open-source, la cui robustezza e affidabilità nascono proprio dalla sua trasparenza.

Proseguendo con la lista dei problemi, digitale non vuol dire per forza veloce: ne è un esempio il voto in Lombardia del 2017, dove per la prima volta furono utilizzati dei tablet dedicati per votare al posto del sistema classico. Il processo di validazione dei voti raccolti su chiavetta e di controllo delle macchine e delle memorie richiese molto più tempo di quanto sarebbe stato necessario in un normale spoglio. Ovviamente sono stati complici di questo impiccio l’inesperienza del comitato organizzativo e il basso numero dei votanti, e probabilmente, con maggior dimestichezza e un numero di elettori più alto, il digitale risulterebbe conveniente. Ciò non toglie che questo caso, per quanto aneddotico, non deponga a favore dei metodi digitali.

C’è poi ovviamente il tema della sicurezza informatica, valida sia per voto elettronico in loco che per, soprattutto, il voto telematico. Un tema particolarmente sensibile, soprattutto in questo periodo storico dove le ingerenze durante la campagna elettorale di paesi stranieri sono al centro del dibattito pubblico.

Infine, c’è il paradosso della segretezza del voto e della necessità di identificare l’elettore e verificare che il suo voto sia stato registrato. Questo è particolarmente vero per il voto online, dove ovviamente è necessario un metodo per autenticare in maniera univoca che chi sta votando è effettivamente chi dice di essere (“il voto dev’essere personale”), dissociando al tempo stesso il voto espresso dalla persona (“il voto dev’essere segreto“).

La lista dei problemi è lunga, ed è difficile risolverli tutti in maniera puntuale. Questo, però, non ha fermato, come abbiamo detto all’inizio, alcuni paesi dall’implementare, anche solo per alcune votazioni, un sistema digitale di qualche tipo. Proviamo quindi a vedere un esempio reale, più vicino a noi di quanto potremmo immaginare.

L’Estonia, un esempio internazionale

L’esempio in questione è l’Estonia. Questa piccola nazione dell’Unione Europea è l’unica, del vecchio continente, ad utilizzare un sistema di voto elettronico telematico per tutte le sue elezioni, comprese le europee che si svolgeranno domani. Il sistema è attivo dal 2005, e circa metà degli elettori utilizza questo metodo. Nonostante la popolarità, però, la procedura non è comunque così immediata.

È necessario infatti essere dotato di un computer, un lettore di carte e un documento d’identità con associato un pin. La necessità di un lettore e il doversi ricordare una password, recuperabile in caso di smarrimento solo presso la Polizia o la Guardia di Frontiera, sono i maggiori ostacoli al voto online. Non sembra neanche dimostrato che la possibilità di votare elettronicamente favorisca l’affluenza, visto che chi vota online di solito  dichiara che voterebbe anche di persona.

Il sistema estone però riesce almeno ad assicurare in maniera efficace la ‘libertà‘ di voto: il cittadino infatti può cambiare il suo voto quante volte vuole prima della chiusura dei seggi, e può anche andare a votare fisicamente il giorno dell’elezione. A contare sarà l’ultima preferenza espressa, e la possibilità di cambiarla a piacimenti evita voti di scambio e estorsioni elettorali.

È possibile inoltre, dal 2013, verificare personalmente se il proprio voto abbia raggiunto o meno il server delle elezioni, anche se non è ovviamente possibile, per la segretezza, verificare che la preferenza registrata sia quella espressa.

Rimangono ancora delle incertezze sulla sicurezza dell’intero sistema, che le autorità dell’Estonia garantiscono  però essere adeguata e in miglioramento anno dopo anno. Un organismo di controllo gestito da revisori indipendenti garantisce inoltre che ogni voto sia archiviato e conteggiato correttamente.

Il caso Estone rimane, al netto di tutto, particolare e isolato: parliamo di un paese con solo 1,3 milioni di abitanti, in fondo. Si tratta comunque d un modello reale di quella che molti vorrebbero fosse il futuro della macchina democratica. La domanda, però, se questo particolare esempio sia scalabile ad altre nazioni o, in primo luogo, sia quello giusto a cui attingere, è ancora aperta.

Speriamo di avervi spiegato al meglio quali sono le problematiche e le opportunità dietro al voto elettronico. Ma se c’è qualcosa di ancora più importante, per il nostro voto, dell’essere o meno digitale, è l’essere espresso. Quindi, che sia con la ‘vecchia’ matita, con un touch-screen o con un mouse, ricordatevi prima di tutto di votare.

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Giovanni Natalini

Ingegnere Elettronico prestato a tempo indeterminato alla comunicazione. Mi entusiasmo facilmente e mi interessa un po' di tutto: scienza, tecnologia, ma anche fumetti, podcast, meme, Youtube e videogiochi.

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