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Così deformi ma così alla moda: cosa sono gli 0.5 selfie

Ecco l’ultima versione degli autoscatti, che piace alla Generazione Z

Si è composta tanta di quella musica che a un certo punto, negli anni Venti del secolo scorso, si è arrivati alla dodecafonia.

Allo stesso modo potremmo dire che, dopo esserci fatti sin troppi selfie, ecco spuntata, specialmente tra gli appartenenti alla Generazione Z, la recentissima moda degli 0.5 selfie.

Il succo del discorso è: quando le possibilità espressive in un determinato ambito sono pressoché esaurite, è quasi necessario sperimentare qualcosa di insolito. Magari di “brutto” secondo i parametri classici, ma capace di dar vita a una nuova grammatica. O quanto meno in grado di offrire, appunto, nuove modalità espressive.

Cosa sono, quindi, gli 0.5 selfie? Come si fa a farne uno, e perché si chiamano così?

Cosa sono gli 0.5 selfie

Tra i primi a parlarne è stato il New York Times. Il cui articolo datato giovedì 23 giugno, e corredato da ampia galleria fotografica, si intitolava “L’ascesa dello 0.5 selfie”.

Si tratta, in buona sostanza, di selfie in cui chi sta in primo piano – ergo chi fa l’autoscatto, da solo o in compagnia – appare indicibilmente grande rispetto all’ambiente che lo circonda.

Ecco dunque nasi enormi e orecchie minuscole. Oppure, se l’obiettivo è tenuto all’altezza del ventre, busti da giganti e colli degni di un quadro di Modigliani.

E lo sfondo, al chiuso o meno che sia, perde importanza, proiettandosi verso un punto di fuga che sembra attrarre tutto come un vortice.

Ma tecnicamente come si realizzano gli 0.5 selfie?

0.5 selfie

Come si realizzano gli 0.5 selfie

Niente di più semplice. Anzi, in un sol colpo vi spieghiamo come fare gli 0.5 selfie, perché si chiamano così e soprattutto perché appaiono così improvvisati e poco curati.

Per realizzarli è sufficiente selezionare l’opzione 0.5x sulla fotocamera dello smartphone, per azionare la modalità ultra-grandangolare. Gli obiettivi ultra-grandangolari sono disponibili a partire dall’iPhone 11 e dal Galaxy S10, del 2019.

Ma il nocciolo della questione sta altrove. Questa modalità è presente nelle fotocamere posteriori dei telefoni, il che significa che non ci si può guardare – quindi nemmeno preparare – prima dello scatto.

Si deve praticamente andare a caso, affidandosi alla propria esperienza di auto-fotografi seriali, e sperando di avvicinarsi il più possibile all’effetto desiderato.

La moda sta attecchendo sempre di più tra i ragazzi della Generazione. Quelli, cioè, nati tra la fine degli anni Novanta del ventesimo secolo e i primi anni Dieci del ventunesimo.

Perché?

La moda degli 0.5 selfie

Secondo il New York Times, ad aver dato il via alla moda è stata la ventiduenne Julia Herzig, che per gioco avrebbe scattato il primo 0.5 selfie e l’avrebbe postato sul proprio profilo Instagram. Salvo poi ritrovarsi, nelle settimane successive, la bacheca piena di immagini deformate allo stesso modo.

Ma al di là della maternità o paternità dello 0.5 selfie, è importante capire perché stia così piacendo ai giovani.

È in un certo senso un controselfie, che si basa su regole opposte a quelle canoniche. Prima di un selfie c’era infatti l’opportunità (che era quasi diventata un obbligo) di agghindarsi il più possibile. Ma qui tali pratiche sono rese vane dal fatto che, per i già citati limiti tecnici (fotocamera posizionata nella parte posteriore), non ci si può vedere prima dello scatto.

Si prova dunque il brivido di affidarsi al clic, e quindi a risultati del tutto fuori dal proprio controllo.

Un cambio di paradigma

Dunque si può ben dire che, con lo 0.5 selfie, l’autoscatto perde la propria sacralità. Non più una sorta di piccola opera arte fai da te, grazie alla quale apparire pressoché perfetti. O comunque più attraenti e infallibili di quanto non si sia nella realtà.

Lo 0.5 selfie è semmai un momento di gioco, in cui si fa lo scatto e poi ci si raduna attorno al telefono per ridere assieme di ciò che apparirà.

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C’è selfie e selfie

I giovani, con lo 0.5 selfie, è come se si fossero liberati dall’assoggettamento psicologico al selfie.

Questa nuova modalità sembra andare nella direzione del cosiddetto “selfie etico”, di cui abbiamo scritto in un recente articolo. L’occasione ci era stata fornita dalla giornata internazionale del selfie, che si è celebrata martedì 21 giugno.

Avevamo parlato della selfie dysmorphia, cioè della percezione  distorta di sé dovuta all’abuso di filtri e fotoritocco, usati proprio nei selfie. E, grazie anche alle parole di Ilaria Merici, psicologa e psicoterapeuta, c’eravamo domandati se un approccio più autoironico al selfie fosse possibile. Un approccio meno ossessivo, più attento a esibire la verità (e le diversità) piuttosto che essere un tentativo supino di adeguarsi ai canoni esibiti da vip e influencer.

Ecco, in questo senso gli 0.5 selfie potrebbero dare un grande aiuto.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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