Essere donna oggi rischia di essere quasi più faticoso di una volta. Ci si sente quasi ancor più chiamate a rapporto nel dimostrare di essere in grado di farcela su ogni fronte, senza perdere il controllo. Dei perfetti esseri multitasking, senza stress, senza alcuna defaillance. E mettendo da parte anche la propria sessualità. Ma si sa, i quarant’anni oggi sono i nuovi venti e così arriva quel momento: Quando ho smesso di preoccuparmi e ho iniziato a masturbarmi. Proprio come recita il titolo della nuova commedia Netflix di origini svedesi che porta sul colosso dello streaming tanta freschezza, e qualche spunto interessante di riflessione.
Quando ho smesso di preoccuparmi e ho iniziato a masturbarmi, o come combattere lo stress
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Il profilo: donna, in una relazione e con un figlio di circa sei o sette anni, alla soglia dei “primi anta”, una relazione che non sta andando per il verso giusto e lo stress la conduce a prendere decisioni anche per gli altri. Sta anche cercando di organizzare una festa per il suo imminente compleanno, ma dimentica gli appuntamenti fissati con le location da visitare. E non c’è niente che la possa rilassare, dimenticandosi (o non riuscendo ad avere) dei momenti di piacere con il compagno.
Questa potrebbe essere qualsiasi donna, potresti essere tu, ma nello specifico si tratta di Hanna (Katia Winter), protagonista vedese di questo film che, a completamento di quanto sopra, sente anche il bisogno di avere un secondo figlio per realizzarsi. Ma davvero serve ulteriore stress a quanto già deve gestire? Perchè sì, i figli sono uno stress da gestire, soprattutto quando sono piccoli e i genitori lavorano, entrambi, e probabilmente stanno cercando di capire quale delle due facce della medaglia valga più dell’altra. Carriera o famiglia? Ancora bisogna scegliere?
Nemmeno Morten, il compagno, è soddisfatto, anzi, lui nemmeno lo desidera, un altro figlio. Soprattutto emerge in lui un classico problema sessista e classista: non accetta che Hanna guadagni più di lui. E qui si innesca il classico meccanismo della sindrome dell’impostore: lei le proverà tutte per compiacerlo, anche dimettersi, di punto in bianco, dal suo lavoro per il quale stava proprio ottenendo un miglioramento della propria posizione. Classicone: Hanna ha perso troppo tempo nel prendere questa decisione e proprio quando si licenzia, il compagno la lascia e la caccia di casa. Ha perso tempo, e ha perso la sua relazione.
“It must have been love, but it’s over now”
Che fare? Ripartire da sé è il minimo, e anche un passaggio obbligato, essendo l’unica cosa che resta. Hanna cerca anche di riallacciare dei rapporti con la sua amica, ma non ci riesce, avendo dimenticato il battesimo del figlio ed essendo la di lui madrina. Così si attiva la classica situazione dei solitari (o meglio, di quelli che sono rimasti soli e ora devono per forza affrontare la situazione). Si prende in mano il telefono e si scorre la rubrica, fino a trovare la compagna del liceo che le svolta la vita. A partire dall’offerta di vitto e alloggio in casa sua.
E non è l’unica che va oltre: il suo ex sta uscendo con un’altra donna, alla ricerca di una vita serena, la cameriera che la serve si licenzia per non accettare più i soprusi del capo e Hanna, beh, viene scambiata per una tossicodipendente alla fermata di un autobus, tra una sveltina e l’altra. E sarà solo grazie alla ex cameriera Liv (Vera Carlbom), una giovane ragazza senza peli sulla lingua, che darà una breve, ma intensa lezione di vita (e di sessuologia) ad Hanna.
A questo punto, comincia un percorso alla riscoperta di sé, mollando tutto alle spalle, a partire dai ritmi serrati e dallo stress del lavoro, così come il ritorno alla casa dei propri genitori, altro tema fondamentale per la generazione Y e Z, risulta essere un altro turning point vitale.
La commedia della vita quotidiana
Quando ho smesso di preoccuparmi e ho iniziato a masturbarmi è una comedy leggera, ma vera. Racconta di una storia quotidiana, che potrebbe capitare a chiunque, fornendo spunti di riflessione su tanti temi che possono capitare nella vita di tutti i giorni, non banale ma comune. Il titolo localizzato in italiano forse può far accomunare questo prodotto, erroneamente, a American Pie e altri dello stesso calibro.
Non lo è per nulla: da un punto di vista di narrazione, la comunicazione è molto diretta, ci sono anche diversi dettagli lanciati allo spettatore, nei dialoghi e nei set, che vengono colti con facilità per quanto non vengano del tutto esplosi nel corso della storia. Questi aspetti però aiutano ancor di più a contestualizzare la storia raccontata e ad assimilarla facilmente per comprenderla in modo più immediato e renderla vicina a tante persone.
E qualche marchetta qua e là non è mancata, ma ci può stare. Comprendiamo che un film svedese purtroppo debba anche scendere a compromessi di marketing per cercare di farsi sostenere e avere qualche punto in più nella classifica di Netflix. Male non ha fatto, stando ai risultati.
La recensione di Quando ho smesso di preoccuparmi e ho iniziato a masturbarmi in pillole
Quando ho smesso di preoccuparmi e ho iniziato a masturbarmi è sicuramente una commedia leggera, frizzante, meno esplicita di quanto il titolo potrebbe far sembrare. Non ci sono volgarità, ma la tranquilla narrazione in poco più di un’ora e mezza di come riprendere in mano la propria vita, cambiare radicalmente percorso, volente o nolente, e riscoprire che non c’è davvero un’età giusta per ricominciare e ritrovarsi. Un titolo che dà quasi speranza a tutti gli spettatori che si ritrovano nei panni della protagonista, fresca e divertente, e che potrebbe davvero essere una nostra amica o parente. O noi stessi.
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