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Agcom e gli editori sul web: sì al regolamento sull’equo compenso

Norma a tutela del pluralismo

I fasti dei big del comparto tech, diciamo la verità, poggiano anche su atteggiamenti non proprio democratici.

Che possono declinarsi o in una certa distrazione verso i diritti sulla privacy di cui dovrebbero godere gli utenti. Oppure in tendenze monopolistiche verso editori, giornalisti, inserzionisti o quant’altro. Per fortuna esistono organi che regolamentano questi aspetti, e che periodicamente tirano le orecchie a Big Tech. E non di rado si tratta di tirate d’orecchie che si concretizzano in sanzioni assai salate.

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Gli esempi da portare sarebbero numerosissimi. Negli ultimi giorni la Francia ha multato TikTok proprio per violazione della privacy. E nel nostro Paese il Copasir ha aperto un’indagine per motivi analoghi.

Nel secondo caso, basti pensare che l’ostracismo verso i pagamenti al di fuori dell’App Store sta alla base dell’annosa querelle che vede contrapposte Apple ed Epic Games.

C’è poi il capitolo che riguarda il rapporto tra Big Tech e gli editori che operano sul web. Su cui nelle scorse ore si è espresso l’Agcom.

agcom

L’Agcom e l’equo compenso agli editori del web

L’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha pubblicato un comunicato stampa nella giornata di giovedì 19 gennaio.

Il documento ha un titolo eloquente: “Approvato il regolamento in materia di equo compenso per le pubblicazioni giornalistiche in rete”. E, come vedremo, è stato votato quasi all’unanimità, a esclusione della commissaria Elisa Giomi.

Ma in cosa consiste il regolamento?

I diritti degli editori sul web

Con l’approvazione del regolamento sull’equo compenso, Agcom strizza l’occhio agli editori che operano sul web.

Il regolamento, in estrema sintesi, prova a rispondere a un’intricata questione: quanto spetta agli editori per la pubblicazione dei loro contenuti in Rete?

E la risposta – quanto devono guadagnare gli editori dai contenuti rilanciati sulle piattaforme – viene fornita adoperando come parametro i ricavi pubblicitari.

Il regolamento appena approvato deriva dalla legge sul diritto d’autore, approvata nel 2021 in applicazione della direttiva Ue sul copyright.

Obiettivo è frenare lo strapotere dei colossi del web. Ovvero il divario tra i ricavi delle grandi aziende del comparto per la pubblicazione di contenuti giornalistici e quelli che finiscono agli editori, che di quei contenuti detengono i diritti.

Fino al 70% dei ricavi pubblicitari

Nel regolamento possiamo leggere che si individua “come base di calcolo i ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore.

Su tale base, all’editore, a seguito della negoziazione, potrà essere attribuita una quota fino al 70%, determinata sulla base dei criteri predeterminati. La presenza di un’aliquota massima ha l’obiettivo di rendere flessibile lo schema di determinazione dell’equo compenso, adattandolo alle diverse esigenze delle parti e alle diverse caratteristiche tanto dei prestatori quanto degli editori”.

I tempi

Ora le parti hanno 30 giorni per trattare sull’equo compenso. Dopo di che, in caso di mancato accordo, ciascuna delle due parti potrà chiamare in causa l’Agcom.

Che entro ulteriori 60 giorni dovrà decide quale delle due cifre indicate dalle parti rispetta i criteri del regolamento. Se l’Autorità ritiene incongrue entrambe le cifre, indicherà d’ufficio la cifra.

Le dichiarazioni

Sul regolamento si è espressa la Fieg (Federazione degli Editori). Il presidente Andrea Riffeser ha fatto sapere che “in un contesto procedurale con tempi e modalità certe, sarà finalmente possibile, anche nell’ecosistema digitale, avviare e concludere negoziazioni eque, garantendo il dovuto riequilibrio nella distribuzione del valore del prodotto, senza pregiudicare la libera espressione degli utenti della Rete”.

E il presidente Agcom, Giacomo Lasorella, ha detto ai colleghi de Il Sole 24 Ore: “Si tratta di un ulteriore tassello di una regolamentazione rispettosa di un’autonomia delle parti. Le parti vengono lasciate libere all’interno di una negoziazione. È senz’altro un meccanismo originale e crediamo che si avvii a essere una best practice a livello europeo”.

Il voto contrario della commissaria Giomi

Unico voto contrario all’approvazione del regolamento Agcom sui compensi agli editori, quello della commissaria Gnomi. Che motiva così la sua scelta: “Il compenso dovuto agli editori sarà calcolato sulla base di quanto le piattaforme guadagnano dalla pubblicità online sui contenuti giornalistici, il prezzo dovrebbe farlo invece chi produce quei contenuti, cioè gli editori, e la trattativa doveva partire da questo. È come se entrando in un negozio dovessimo pagare un certo articolo in base a quanto guadagniamo invece che in base al prezzo richiesto dal venditore.

Altro aspetto critico del regolamento è aver stabilito che il massimo compenso dovuto dalle piattaforme agli editori è il 70% dei loro ricavi, non soltanto perché è una percentuale individuata senza alcuna valutazione economica e di mercato, ma perché renderà molto più difficili i negoziati tra le parti portando ciascuna a restare sulle proprie posizioni”.

Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API

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Autore

  • Claudio Bagnasco

    Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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