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AI e diritto d’autore, l’intelligenza artificiale può fare bene alla creatività umana?

L’AI sta cambiando in modo significativo numerosi aspetti della nostra società e settori della nostra economia, e l’editoria non fa eccezione. La sempre crescente capacità delle macchine di generare contenuti scritti sta sollevando questioni complesse in merito ai diritti d’autore, alla creatività e alla proprietà intellettuale. In un evento organizzato dal Ministero della Cultura, alcuni dei maggiori esperti del settore si sono riuniti per discutere dell’impatto dell’AI sull’editoria e sulle sfide e opportunità che questa tecnologia presenta per il diritto d’autore. Può l’intelligenza artificiale far bene alla creatività umana?

AI e diritto d’autore, come l’intelligenza artificiale cambia l’editoria

L’intelligenza artificiale suscita sempre due tipi di emozione. Da un lato ci sono gli ottimisti, dall’altro i pessimisti – che spesso diventano addirittura catastrofisti. Ma durante l’evento “Intelligenza Artificiale: creatività, etica, diritto e mercato”, gli esperti su questi temi hanno espresso una posizione di mediazione. I rischi ci sono, le normative (in ambito di privacy come del diritto d’autore) servono. Tuttavia, le possibilità sono molo ampie.

Bruno Frattasi, Direttore Generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN), infatti si definisce “realista: ci sono molti e significativi risvolti positivi per l’AI. Ma dobbiamo garantire che i sistemi di AI dovranno essere usati a favore della persona umana. Senza disconoscere le derive ‘disumane’ o addirittura apocalittiche dell’AI, ma sottolinenando gli impatti positivi che porta con sé“.

Etica e responsabilità

Per tenere lontane le visioni apocalittiche da film di fantascienza, bisogna parlare di AI in un quadro etico, come spiega la Government Affairs Director di Microsoft Francesca Bitondo. “Vogliamo che resti uno strumento nelle mani delle persone, per questo dal 2018 abbiamo principi etici, che non sono fini a loro stessi. Responsabilità, inclusività, affidabilità e sicurezza, equità, trasparenza, privacy e sicurezza: sono al centro dei nostri servizi e del rapporto con gli utenti”.

Per dimostrare di prendere sul serio questi principi, Microsoft lavora con l’UE, la Casa Bianca, il G7 e il Governo Italiano per definire gli ambiti normativi riguardo l’intelligenza artificiale. Ma ha anche preso alcune posizioni interessanti per quanto riguarda Copilot, lo strumento di AI che arriverà su tutti gli strumenti dell’azienda, da Outlook a PowerPoint. “Microsoft ha preso l’impegno di sostenere le spese legali per sostenere le questioni legali sul diritto d’autore“.

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Anche Google ha annunciato novità per difendere il copyright degli utenti. Andrea Stazi, Regulatory Affairs Lead and Academic Outreach Europe di Google, spiega: “Da pochi giorni abbiamo diffuso uno strumento per apporre un watermark sulle immagini create con l’AI generativa, in maniera impercettibile all’occhio umano ma verificabile. Ma oltre alla tecnologia, abbiamo diverse policy con cui ci autoregoliamo. Che si aggiungono alle normative vigenti”.

Stazi sottolinea, tuttavia, che serve maggior uniformità sulle regolamentazioni sul diritto d’autore e l’AI, che permettano di continuare la ricerca sull’intelligenza artificiale pur tutelando l’editoria. E dice che eventi di discussione come quello di oggi aiutano. “L’Italia è culla dell’arte, ma anche del diritto romano. Possiamo coprire un ruolo di guida a livello europeo e internazionale”.

“La regolamentazione è funzionale alla creatività”

Andrea Angiolini, Consigliere del Gruppo Accademico-Professionale dell’Associazione Italiana Editori, sembra concordare con le aziende che sviluppano AI su molti punti. Ma sottolinea come servano norme più chiare e aperte alla “provvisorietà” che questa tecnologia in perpetuo mutamento comporta. “La regolazione è funzionale alla creatività: bisogna poter sperimentare, ma al momento mancano normative per sostenere questa sperimentazione. La direttiva europea sul copyright ha nozioni sull’harvesting dei contenuti che le aziende fanno per alimentare i propri bot AI. Ma permettono l’utilizzo per la ricerca, non a fini commerciali. Bisogna lavorare insieme per definire standard aperti e interoperabili per lavorare insieme”.

Anche perché Angiolini sembra convinto che i bot AI, come il nuovo Bing, ChatGPT e Bard, non possano basarsi solo su contenuti senza copyright: Ci sarebbe un problema di qualità, questi modelli non possono fare a Nature o dei giornali nazionali per ottenere informazioni”.

AI e diritto d’autore nell’editoria: l’importanza della formazione

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Dall’altro lato, secondo Angiolini serve anche molta formazione: “La rete si sta trasformando in un luogo dove prima cercavamo informazioni, ora troviamo risposte. Ci affidiamo a questi sistemi di intelligenza artificiale. Dobbiamo formarci di conseguenza: dobbiamo per esempio imparare a formulare bene le domande, ma anche a contestualizzare le risposte.

Qualcosa che riprende anche Alessandro Varisco, Amministratore delegato Twinset SpA, che spiega come il settore della moda abbia necessità di ammodernarsi. “La moda è una forma d’arte, ma anche un business. […] Rispetto al passato, facciamo quattro o cinque collezioni all’anno: l’AI potrebbe diventare un importante facilitatore: rende in creativi ancora più creativi”.

Varisco è sicuro che non possa sostituire i direttori creativi: i dati dell’AI guardano al passato, noi dobbiamo guardare alle prossime stagioni di moda con grande anticipo”. Ma il settore ha bisogno di recuperare terreno sull’uso della tecnologia: “Già con l’ecommerce siamo arrivati tardi, sull’AI dobbiamo recuperare. Anche perché potrebbe risultare importante per la sostenibilità, aiutandoci a ridurre gli sprechi”.

Gli esperti quindi sembrano d’accordo sul fatto che l’AI possa aiutare la creatività, ma che servano regole più chiare e universali per gestire il diritto d’autore – nell’ambito dell’editoria e non solo. Il fatto che interlocutori pubblici e privati si trovino in eventi come questo, ci fa sperare che il dialogo sull’argomento possa continuare.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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