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Ma questo Autotune, precisamente, che cos’è? Storia di un effetto frainteso

Da almeno un paio di anni sentiamo parlare di autotune, spesso in modo improprio, ma cos’è realmente? Ed è vero che viene usato per mascherare difetti di intonazione? Oggi proviamo a fare chiarezza.

“Che cos’è l’Autotune? É fisicamente un’auto?” (cit)

Abbiamo tutti sentito parlare almeno una volta di autotune. Del resto l’exploit della musica trap in Italia ha portato con sé nuove terminologie e sonorità, spesso fraintese dai più tradizionalisti. “Lo usano quelli che non sanno cantare” dicono alcuni, “così sono bravi tutti” affermano altri. Ma per capire veramente cos’è l’autotune bisogna sforzarsi di andare oltre le chiacchiere da bar, anche perché, come proveremo a spiegarvi, si tratta di affermazioni spesso errate.

Spesso confuso con il vocoder – di cui è diretto discendente – Auto-Tune è un trademark proprietario della Antares Audio Technologies. Si tratta di un processore vocale nato nel 1997 che, come suggerisce il nome, è in grado di “autointonare” una traccia vocale. Inizialmente l’idea era quella di livellare le imprecisioni dei cantanti in studio (pitch correction), evitando al performer di dover ripetere l’intera parte a causa di piccole sbavature. Il primo vero utilizzo dell’autotune in chiave artistica risale al 1998, quando Cher lo utilizzerà per Believe, singolo che riporterà l’artista in classifica dopo anni di oblio. L’utilizzo dell’effetto sul brano di Cher è volutamente esagerato e, come in un’opera dadaista, l’Auto-Tune perde la sua funzione di correzione vocale e diventa un effetto vero e proprio, capace di rendere la voce robotica. All’epoca la critica musicale cominciò a riferirsi all’autotune col termine di Cher Effect.

Da quel momento in poi, avendo spalancato le porte di una nuova era musicale, l’effetto comincerà a essere largamente utilizzato nelle produzioni musicali del nuovo millennio, anche in progetti come Radiohead e Daft Punk. É bene ricordare inoltre che chiamare Auto-Tune tutti gli effetti di pitch correction non è propriamente corretto. Sarebbe come chiamare Bitcoin tutte le criptovalute, oppure Coca-Cola tutte le bibite gassate. Auto-Tune è uno specifico prodotto di Antares, di sicuro il più popolare, ma non certo l’unico utilizzato.

Talkbox e Vocoder: i parenti alla lontana di Auto-Tune

Il concetto di manipolazione di una traccia sonora, seppur a mezzo analogico, risale all’invenzione della talk-box. Questa consisteva in un tubo che il musicista poteva tenere in bocca e che, pronunciando parole, era in grado di modulare le note di uno strumento musicale (chitarre o sintetizzatori), dando così l’impressione che i suddetti strumenti fossero in grado di “parlare”. Si ritiene che le prime versioni di talk-box risalgano addirittura al 1939, e verranno utilizzate da numerosi artisti di spessore come Pink Floyd, Peter Frampton, Stevie Wonder, George Harrison. Ecco un esempio qui.

Discorso simile per il vocoder, che però sostituisce il tubicino di plastica con un microfono. Il funzionamento resta il medesimo: la sorgente vocale arriva a uno strumento (solitamente un synth) che processa il segnale a seconda delle note suonate. Due esempi di vocoder sono la celebre Around the world dei Daft Punk e l’irresistibile Shpalman di Elio e le Storie Tese.

Entrambi questi metodi, vocoder e talk-box, necessitano della mano del musicista. L’autotune, al contrario, è un software (o una macchina) che lavora in modo totalmente autonomo, rispettando i parametri impostati dall’utente.

“L’Autotune lo usano quelli che non sanno cantare” – Debunkerizziamo le frasi fatte

In quasi tutti i casi, a maggior ragione in epoca contemporanea, l’utilizzo dell’autotune è quasi sempre finalizzato alla ricerca di una determinata sonorità. Risultano quindi cadere tutte le arrampicate di pensiero che presuppongono che l’effetto sia utilizzato per mascherare la mancanza di intonazione. Anche perché, come ben sappiamo, l’utilizzo massiccio dell’effetto è particolarmente diffuso nella musica trap, genere in cui non è certamente richiesta una particolare intonazione da parte del performer. L’autotune diventa quindi una peculiarità performativa (o da studio) che consente di modulare la voce per ricercare sonorità diverse.

Un esempio è l’utilizzo dell’effetto da parte dei Vampire Weekend. La band californiana è nota per il particolare uso dell’autotune unito a larghi effetti di ambiente (come riverberi). Un esempio è il brano California English.

Sia chiaro però: ciò non toglie che la pratica della pitch correction (correzione della nota) sia assolutamente diffusa negli studi di registrazione, usata per per eliminare le imperfezioni vocali. In tal caso la correzione è però talmente sottile da essere appena percepibile anche all’orecchio dei più esperti. Vi stupirebbe scoprire che moltissimi artisti , anche grandi voci e cantanti che certamente non hanno bisogno di aiutini, hanno fatto uso della correzione in studio per correggere sbavature varie ed eventuali (alcuni esempi sono Katy Perry e Bon Iver, tanto per citarne due). Anzi, si può affermare che l’uso del pitch correct sia sicuramente più diffuso nelle produzioni di pop e di musica leggera (dove l’intonazione ricopre un ruolo spesso cruciale) che nel mondo trap, dove l’uso smodato e ampio dell’autotune è adoperato a fini creativi.

In ultima analisi sarebbe bello non dimenticare mai che la musica non è questione di intonazione o perfezione. Una voce stonata può trasmettere tanto quanto (se non di più) di una voce perfettamente intonata. Ecco perché l’uso dell’autotune nelle produzioni e nei live non dovrebbe scandalizzarci. Sarebbe come scandalizzarci per l’uso della distorsione sulla chitarra elettrica. Infine non è neanche vero che “così sono bravi tutti”. L’autotune modifica la voce, la modula, le stretcha, la “intona”. Ma non fa certamente vendere dischi o scrivere canzoni.

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Autore

  • Marco Brunasso

    Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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Commenti

  1. Leggo in questo articolo che l’autotune è più usato dai cantanti di musica pop che dai trapper e leggo anche che l’autotune non fa vendere dischi.

    E’ una battuta vero?

    Prendendo esempio da alcune performance in cui la manipoliazione della voce effettuata con autotune si è interrotta, clamoroso il caso di Sfera Ebbasta, mi state dicendo che si avrebbe lo stesso successo cantando, in modo naturale e stonato senza l’intervento di autotune?

    1. Ciao Andrea, i software di correzione vocali sono utilizzati ampiamente in quasi tutte le produzioni pop contemporanee. Certo non sempre si parla di Autotune di Antares (tra i più diffusi c’è ad esempio Melodyne di Celemony). Quindi si, la correzione vocale è usata ampiamente anche dai cantanti pop, solo che in questi casi si tende a mascherare l’effetto per renderlo impercettibile (a differenza della trap dove l’effetto è volutamente enfatizzato).

      Per la seconda domanda invece c’è un enorme problema: non ha senso!
      Chiedere se Sfera Ebbasta avrebbe avuto successo senza autotune sarebbe come chiedere se Jimi Hendrix avrebbe avuto successo senza un amplificatore per chitarra. L’Autotune sta alla trap come la chitarra elettrica sta al rock: è parte del genere. Si può fare rock senza chitarra? Certo, ma buona parte degli artisti che hanno fatto la storia di quel genere scomparirebbero. Il rap, da cui la trap deriva, non è un genere melodico, e in quanto tale non prevede il bel canto. Quindi perchè pretendere da Sfera Ebbasta l’intonazione se nel suo genere questa non è un requisito? Sarebbe come pretendere da un calciatore la capacità di schiacciare a canestro.

      Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti, grazie e buona serata!

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