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Avatar – La via dell’acqua: com’è il film di James Cameron

Avatar - La via dell'acqua è disponibile dal 14 dicembre nelle sale italiane.

«L’acqua non ha inizio o fine. Il mare è intorno a te e dentro di te. Il mare è la tua casa prima della tua. L’acqua connette tutte le cose: la vita alla morte, il buio alla luce», si dice più volte nel corso di Avatar – La via dell’acqua. Un mantra che tratteggia la filosofia del mondo creato nel 2009 da James Cameron nel 2009 con Avatar ed esplorato nuovamente oggi con il primo di due sequel, più altri due già in cantiere se gli incassi giustificheranno l’investimento.

L’acqua non è però solamente l’elemento centrale di questa maestosa opera, che sposta più in alto l’asticella dello spettacolo al cinema, ma è un vero e proprio filo conduttore della carriera e della vita del suo creatore, esploratore dei fondali marini già a partire dal suo sgangherato esordio Piraña paura, B-movie del 1982 diretto insieme a Ovidio G. Assonitis. Un rapporto continuato nel 1989 con il sottovalutato The Abyss e soprattutto con il kolossal Titanic, capaci di infondere in James Cameron una passione per le missioni subacquee tale da spingerlo alla realizzazione dei documentari Ghosts of the Abyss e Aliens of the Deep e a occuparlo per buona parte del tempo intercorso fra Avatar e il suo sequel.

Il paesaggio marino in Avatar – La via dell’acqua diventa così l’ambientazione ideale per una nuova declinazione di temi particolarmente cari a Cameron, come il contrasto fra natura e tecnologia e la lotta della purezza contro il più bieco cinismo. Un’opera che si basa proprio sulla tecnologia, e in particolare su una fusione di CGI, 3D e high frame rate variabile dai 24 ai 48fps che non ha semplicemente eguali nella storia del cinema.

Avatar – La via dell’acqua: un’esperienza visiva e sensoriale firmata James Cameron

A dieci anni di distanza dagli eventi di Avatar, Jake Sully (Sam Worthington) e Neytiri (Zoe Saldana) hanno formato una famiglia composta da tre figli di sangue e dalla figlia adottiva Kiri. A loro si unisce poi Spider, adolescente umano rimasto a Pandora. L’esistenza della famiglia scorre felicemente sul loro pianeta, fino a quando gli umani decidono di seminare nuovamente zizzania. A mettere in pericolo Pandora è ancora il colonnello Miles Quaritch (Stephen Lang), e nello specifico il suo avatar, inviato sul pianeta sotto forma di Na’vi con lo scopo di catturare Sully e fiaccare così la resistenza. Una volta presa coscienza del pericolo, Sully e la sua famiglia fuggono verso un’altra regione di Pandora, trovando ospitalità ma vivendo al tempo stesso sulla propria pelle la diffidenza e il senso di solitudine che accompagnano ogni migrazione.

Rispettando la filosofia del more of the same alla base di ogni sequel di successo, resa necessaria dai 13 anni passati fra un capitolo e l’altro, dal punto di vista della mera trama James Cameron mette in scena una sorta di versione riveduta e corretta del capitolo precedente, con un canovaccio semplice e lineare (gli esseri umani intenti a invadere, distruggere e sfruttare le risorse naturali di Pandora) ramificato in questo caso su più personaggi. Chi aveva già ridotto il precedente Avatar a una specie di rilettura tecnologicamente avanzata di Pocahontas o Balla coi lupi, difficilmente cambierà idea durante i 192 minuti di Avatar – La via dell’acqua. Ispirandoci a “Io ti vedo“, appassionata dichiarazione ripetuta più volte in entrambi i capitoli, è però giusto e doveroso fare uno sforzo ulteriore davanti a quest’opera, non limitandoci a guardare il sublime spettacolo allestito da Cameron e spingendoci oltre.

Avatar – La via dell’acqua e il cinema di James Cameron

Avatar - La via dell'acqua

Non siamo certo qui per smentire il fatto che quella di Avatar – La via dell’acqua sia una trama “semplice”. Non bisogna però mai dimenticarsi che la semplicità può essere rivoluzionaria, e che lo stesso Cameron ha costruito un’intera carriera di enorme successo, passata anche attraverso i primi due Terminator, Aliens – Scontro finale e campioni di incasso come Avatar e Titanic, proprio con trame essenziali ma tutt’altro che superficiali, al servizio di opere capaci di scandagliare in profondità l’animo umano.

James Cameron ha sempre cercato di vedere oltre. Lo ha fatto con Aliens – Scontro finale, trasformando l’androgina Ellen Ripley di Ridley Scott in un’eroina action e allo stesso tempo in una madre surrogata in lotta contro un’altra madre mostruosa; lo ha fatto con Terminator e Terminator 2 – Il giorno del giudizio, trasformando la cameriera losangelina Sarah Connor in un’altra tipologia di eroina, talmente devota al figlio e all’umanità da mettere a repentaglio il suo stesso futuro fra le pieghe dei paradossi temporali; ma si può dire altrettanto anche di Titanic, vero e proprio inno all’indipendenza femminile ambientato negli anni ’10 del secolo scorso, e dello stesso Avatar, che prima dello sdoganamento definitivo dei social e delle suggestioni del metaverso ci ha messo di fronte al concetto di identità digitale scollegata da quella originale.

La tecnica e lo spettacolo in Avatar – La via dell’acqua non sono il mezzo, ma il fine del discorso di James Cameron, che dopo aver esplorato gli abissi oceanici e abbracciato una filosofia di vita green propone un modo alternativo di confrontarsi con la natura e le sue bellezze in un mondo di fantasia, in aperto contrasto con una Terra caratterizzata come un posto sempre più arido, pericoloso e inospitale.

Un’opera in linea coi nostri tempi

Il cuore di James Cameron risiede nell’intero segmento centrale di Avatar – La via dell’acqua, che grazie soprattutto a un 3D mai così funzionale alla narrazione e a un high frame rate capace di rendere ancora più sinuose e spettacolari le riprese acquatiche si trasforma in una vera e propria esperienza sensoriale. Un documentario in stile National Geographic elevato all’ennesima potenza, che mette in scena il migliore invito possibile a una comunione pacifica con la natura che ci circonda, e paradossalmente lo fa con uno spettacolo completamente artificiale, sapientemente costruito e rifinito per sembrare vero.

Letteralmente rapiti dalle immagini di Cameron e dal magnificente impatto visivo del film, rischiamo però di perdere le altre portate che il regista mette sul tavolo, come il concetto di famiglia allargata multiculturale, le difficoltà di integrazione fra diverse comunità, l’eterno scontro fra natura e progresso e una severa critica al genere umano, come sempre irrispettoso e distruttivo ma stavolta con l’aggiunta del desiderio di mettere le mani su una risorsa energetica che troverà con ogni probabilità spazio nei prossimi capitoli. Elementi che rendono Avatar – La via dell’acqua un’opera perfettamente in linea con lo spirito dei nostri tempi e che ne fanno un perfetto elemento di raccordo fra un racconto non freschissimo nel ricordo del pubblico e l’intenzione di costruire una vera e propria saga fantascientifica-naturalista da cui farsi cullare nei prossimi anni.

Avatar – La via dell’acqua: verso il futuro del cinema e oltre

Avatar - La via dell'acqua

Doveroso in conclusione spendere qualche parola sul chiaro e legittimo interesse commerciale di Avatar – La via dell’acqua, che deve confrontarsi con i quasi 3 miliardi di dollari di incasso al botteghino ottenuti in un’altra epoca per il mondo e per il cinema, e con la necessità di arrivare almeno a 2 miliardi di ricavi per assicurare un futuro al franchise. Innegabile che dal successo di questa operazione passi buona parte del futuro nel breve e nel medio termine del cinema nel suo habitat naturale. Mai come in questo caso, la sala e il 3D sono passaggi essenziali per poter godere pienamente del lavoro sopraffino a ogni livello svolto da Cameron e dalla sua troupe tecnica e artistica. Il cinema come rito collettivo e come esperienza esclusiva non può che passare da operazioni come queste, in grado di riaffermare la superiorità della sala cinematografica rispetto alle più confortevoli visioni casalinghe.

Decisivi per questo scopo non saranno probabilmente né i personaggi di Avatar – La via dell’acqua, poco in rilievo rispetto all’imponente impianto scenico, né una trama che si dipanerà con maggiore forza nei prossimi capitoli, quanto piuttosto il sempreverde passaparola alimentato da chi in sala ci andrà e vorrà condividere le proprie emozioni con le persone care, spingendole a non perdersi questo spettacolo più unico che raro. Cosa che umilmente desideriamo fare anche noi attraverso queste sincere ma non esaustive parole.

Avatar – La via dell’acqua è in sala dal 14 dicembre, distribuito da The Walt Disney Company.

Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API

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