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ChatGPT si integra con Google Drive e OneDrive

Dopo aver svelato il nuovo modello GPT-4o, ora OpenAI integra in ChatGPT i file di Google Drive e Microsoft OneDrive: potete importare facilmente fogli di calcolo e di testo per chiedere all’AI di analizzarli. Una mossa che promette di rendere il chatbot ancora più versatile, ma solo per chi ha un abbonamento attivo a pagamento.

ChatGPT potete importare file da Google Drive e OneDrive: come funziona

Non dovrete più scaricare file, copiarne il testo e poi incollarlo nella casella di ricerca di ChatGPT. Ora basta cliccare l’icona a forma di graffetta (se siete abbonati a ChatGPT Plus, Team ed Enterprise) per importare direttamente fogli di lavoro, testi e presentazioni dai vostri account Google e Microsoft. Basterà autenticarsi e il gioco è fatto: ChatGPT potrà analizzare i documenti per estrarne testi generati dall’intelligenza artificiale.

OpenAI ha anche introdotto la visualizzazione a schermo intero delle tabelle generate da ChatGPT, la creazione di grafici interattivi personalizzati e il miglioramento dell’analisi dei dati attraverso codice Python automatico. Un vero e proprio boost per le capacità del chatbot.

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ChatGPT Google Drive Microsoft OneDrive
Credit: OpenAI

Naturalmente, c’è chi storce il naso di fronte alla prospettiva di condividere informazioni potenzialmente sensibili con ChatGPT. Ma come spiega Punto Informatico, OpenAI assicura che i dati degli utenti saranno al sicuro e non verranno utilizzati per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale.

L’integrazione con Google Drive e OneDrive rappresenta un passo avanti significativo per ChatGPT, che diventa così uno strumento ancora più completo e potente per l’analisi e l’elaborazione dei documenti. Tuttavia, questa evoluzione ha un prezzo: solo gli utenti abbonati potranno godere delle nuove funzionalità.

Se avete un abbonamento a ChatGPT, potete provare questa novità e valutare l’efficacia del chatbot nell’analisi. Il consiglio è sempre quello di prestare molta attenzione all’output, specie se lo fate per lavoro: una “allucinazione” dell’AI rischia di farvi fare una pessima figura.

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Via
Punto Informatico
Source
OpenAI

Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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