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Classifica digitale UE: l’Italia guadagna posizioni

Pubblicato l’indice Desi 2022

L’Italia e il digitale: un rapporto controverso. Che, a seconda della prospettiva da cui lo si guarda, può apparire esaltante o deprimente.

Si pensi ad esempio al digital divide, o alla (scarsa) consapevolezza che gli italiani hanno delle più recenti opportunità offerte dal mondo tech e da quello virtuale, come il metaverso.

Al contrario, a leggere le recenti dichiarazioni di Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, c’è da sorridere. Colao ha previsto che entro il 2023 nel nostro Paese si avrà un portafoglio digitale che comprenderà la patente di guida, la carta d’identità e altri importanti documenti. Vittorio Colao si auspica inoltre che il wallet virtuale diventi quanto prima di respiro europeo.

Il ministro ha infatti dichiarato che “l’obiettivo è quello di creare una vera e propria Schengen del digitale”.

Ma qual è, dunque, l’autentica maturità digitale dell’Italia?

spid identita digitale

La classifica digitale UE

Non è facile scegliere i parametri per stabilire il grado di “maturità digitale” di un Paese.

Di certo, un buon indicatore è la classifica digitale UE. Che è un modo informale per chiamare l’indice Ue di digitalizzazione dell’economia e della società, noto anche come indice Desi.

È appena stata pubblicata la classifica digitale UE 2022, riferita al 2021. E pare che per l’Italia le cose vadano, se non bene, quanto meno un po’ meglio. Scopriamo qualche dato in più.

Cos’è l’indice Desi

L’indice Desi è la relazione annuale con cui ogni anno, dal 2014, la Commissione europea monitora i progressi compiuti dagli Stati membri nel settore digitale.

Ogni ‪anno le relazioni comprendono profili nazionali e capitoli tematici che forniscono un’analisi a livello europeo ‪della politica digitale. La classifica digitale UE viene stilata in base al livello di ‪digitalizzazione dei vari Paesi, di cui si analizza il progresso relativo nell’arco degli ultimi cinque anni.

L’Italia sale nell’indice Desi 2022

Nell’edizione 2022 dell’indice Ue di digitalizzazione dell’economia e della società, l’Italia si colloca al diciottesimo posto tra i 27 Stati membri.

Se questo non appare come un risultato straordinario, si consideri che nell’edizione precedente (riferita all’anno 2020) il nostro Paese si trovava in ventesima posizione. E nella classifica digitale UE relativa al 2019, l’Italia era venticinquesima.

Una relazione in chiaroscuro

Nella relazione specifica sull’Italia, l’Unione Europea fornisce spunti interessanti.

È un report dove da una parte si sottolinea un cambio di atteggiamento in questi ultimi anni. Ma dove dall’altra si evidenziano alcune lacune nella maturità digitale dell’Italia. Per cui “i progressi che essa compirà nei prossimi anni nella trasformazione digitale saranno cruciali per consentire all’intera UE di conseguire gli obiettivi del decennio digitale per il 2030.”

Tra i punti di debolezza si segnala che “ancor oggi oltre la metà dei cittadini italiani non dispone neppure di competenze digitali di base”. Inoltre “la percentuale degli specialisti digitali nella forza lavoro italiana è inferiore alla media dell’UE e le prospettive per il futuro sono indebolite dai modesti tassi di iscrizione e laurea nel settore delle TIC.”

Viceversa, “tra gennaio 2021 e marzo 2022 il governo ha indetto gare d’appalto pubbliche per promuovere lo sviluppo della connettività fissa Gigabit e della copertura mobile 5G nelle aree a fallimento di mercato. Per sostenere la domanda, inoltre, il governo ha varato un regime di voucher dedicato alle piccole e medie imprese, con una dotazione totale di oltre 600 milioni di euro, che agevola l’attivazione delle connessioni internet a banda larga da 30 Mbps a più di 1 Gbps con una larghezza di banda minima garantita.”

Spid e altro

Il documento cita poi come virtuose la Strategia Cloud Italia, l’Anagrafe nazionale della popolazione residente, l’identità digitale attraverso Spid e Cie, e l’app IO.

La relazione ricorda inoltre che 48 miliardi di euro sono stati destinati alla transizione digitale. Si tratta del 25,1% del PNRR, il Piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia, “che è il più cospicuo dell’intera Unione europea, e ammonta a 191,5 miliardi di euro”.

I servizi pubblici digitali

Nella classifica digitale UE, il report che riguarda l’Italia parla anche dei servizi pubblici digitali.

Viene elogiato il fatto che il nostro Paese stia “riducendo le distanze rispetto alla media UE”. L’invito è quello di proseguire su questa strada, “per consentire all’Italia di realizzare l’obiettivo del decennio digitale relativo alla disponibilità online del 100 % dei servizi pubblici principali per le imprese e i cittadini dell’Unione, e di rendere pienamente operativi i fascicoli sanitari elettronici”.

Tuttavia, occorre anche una maggiore sensibilizzazione, dal momento che oggi solo il 40% degli utenti italiani di Internet fa ricorso ai servizi pubblici digitali, contro una media europea del 65%.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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