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Il metaverso e gli italiani: uno su tre non sa che cosa sia

Lo rivela un’indagine di Sensemakers

Conoscete il discorso delle bolle, vero?

Un tabagista frequenta solo tabagisti, e si convince che al mondo non esistano individui che fumino meno di quaranta sigarette al giorno. Un raffinato lettore di sonetti elisabettiani frequenta solo tizi con cui disquisire amabilmente delle poesie di Shakespeare, e si stupirebbe all’idea che possano esistere persone che ignorino l’argomento.

Lo stesso per voi, lettori di Tech Princess. Non abbiatecene, ma se leggete abitualmente le nostre pagine avrete già letto e riletto del metaverso. Ovvero il nuovo universo virtuale che sta rivoluzionando gli obiettivi di tanti giganti del tech (e non solo). Al punto che – ad esempio – nell’ottobre del 2021 l’ex gruppo Facebook ha cambiato nome in Meta.

Eppure il rapporto tra il metaverso e gli italiani non sembra ancora così intimo. Almeno a quanto ci dice una recente ricerca di Sensemakers, società di consulenza specializzata nell’analisi dei media e dei comportamenti digitali. Secondo la quale, né più né meno, un terzo dei nostri connazionali addirittura ignora l’argomento.

Addentriamoci nei risultati della ricerca, condotta proprio per valutare il livello di conoscenza, percezioni e aspettative degli italiani sul metaverso.

La ricerca di Sensemakers

I dati della ricerca di Sensemakers sono freschissimi, perché derivano da un’indagine svolta nel mese di marzo. I cui risultati fotografano una conoscenza parziale del nuovo mondo virtuale. Scopriamo i numeri principali del report, che mostrano risultati altalenanti a seconda del sesso, dell’età e della scolarizzazione.

Ricerca Sensemakers infografica Metaverso

Gli italiani e il metaverso

Solo il 25% degli italiani dichiara con sicurezza di sapere cosa sia il metaverso. La percentuale sale al 30% tra gli uomini ma scende al 21% tra le donne. Raggiunge la percentuale più alta (37%) tra i giovani dai 18 ai 24 anni, mentre scende al 33% nella fascia 25-34. Cala ancora (17%) negli intervistati  tra i 55 e i 64 anni, sino ad arrivare al 13% per gli over 65.

Un altro fattore che incide sulla percentuale di italiani che conoscono il metaverso è la scolarizzazione. Infatti è consapevole dell’argomento il 30% di chi possiede un titolo di studio elevato, ma solo il 19% di chi possiede una scolarizzazione di base.

Un dato interessante riguarda oltre la metà degli intervistati. Per il 51% il metaverso non è solo un ambiente virtuale, ma una realtà parallela in grado di incidere sulla vita reale. E in cui poter svolgere le stesse attività della quotidianità tridimensionale.

Metaverso tra opportunità e rischi

Il metaverso interessa gli italiani? Anche qui, il dato oscilla a seconda dei parametri già citati. Il metaverso ci interessa nel 62% dei casi, ma la percentuale sale al 70% per gli uomini e addirittura all’80% tra i giovani 18-24enni, mentre scende al 55% tra le donne. Per gli italiani, il metaverso offre come opportunità più ghiotta quella di  realizzare esperienze che superano i limiti fisici spazio-temporali della vita reale.

E quali i principali rischi del metaverso secondo gli italiani? Per l’80% la risposta è il rovescio della medaglia dell’opportunità: il maggior rischio è una fuga dalla realtà, col pericolo di sottrarre tempo ed energie alla vita reale.

Gli investimenti nel metaverso

Secondo il 56% degli italiani le aziende faranno bene a investire sul metaverso. Per il 22% degli intervistati perché lì si possono fare cose impossibili nella vita reale. E per il 34% perché il metaverso semplificherà il lavoro e le relazioni.

Il restante 44% (percentuale che sale al 51% tra le donne) del campione crede invece che le aziende dovrebbero investire su cose reali per risolvere problemi tangibili.

Quasi la metà degli italiani, il 49%, ritiene che i social network avranno il maggiore successo nel metaverso. Saranno seguiti dai produttori di device tecnologici (42%) e dalle società di giochi online (41%).

Ma più cresce la fascia d’età degli intervistati e più si punta sui device, a discapito dei social.

Gli impatti sociali del metaverso

Qui il pessimismo è diffuso. Il 43% degli italiani suppone che il metaverso aumenterà ulteriormente il potere delle società tecnologiche rispetto alle istituzioni della vita reale. E per il 30% amplificherà le diseguaglianze economiche e sociali.

Il 14% degli intervistati immagina invece un metaverso senza regole se non quelle imposte dai limiti tecnologici. Il 35% pensa al contrario che i codici comportamentali del metaverso dovranno essere fissati dalle istituzioni pubbliche, il 28% dagli stessi utenti e il 23% dalle piattaforme tecnologiche che creano gli ambienti virtuali.

L’opinione di Sensemakers

Ha commentato il sondaggio Fabrizio Angelini, CEO di Sensemakers.

Angelini ha detto: “Il metaverso è sicuramente uno dei fenomeni emergenti dell’ecosistema digitale e, dato il grande interesse mostrato dalle aziende, abbiamo voluto approfondire il livello d conoscenza e di aspettative dei consumatori.

Non ci ha stupito né la conoscenza del tema ancora in fase di consolidamento, né la forte polarizzazione in termini di interesse e apprezzamento da parte di giovani, maschi e alto scolarizzati. Alcuni segnali di diffidenza evidenziati dai segmenti femminili e più maturi non vanno tuttavia sottovalutati soprattutto in un Paese come il nostro dove il digital divide è ancora forte.

Anche perché la percezione comune è che il metaverso potrebbe amplificare squilibri e diseguaglianze del mondo digitale proprio in una fase in cui l’attenzione delle aziende al purpose e ai problemi della vita reale è particolarmente alta.”

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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Commenti

  1. Diciamo che l’articolo viene da un’altra fonte come Adkronos e mettere la home page del sito Sensemakers non equivale a citarne la fonte?

  2. Gentile Marco,

    in realtà funziona così: l’azienda che promuove una ricerca (in questo caso Sensemakers), o l’ufficio stampa che per essa lavora, invia il relativo comunicato stampa alle varie testate, che lo rielaborano – o non lo rielaborano – e lo pubblicano. Quindi Adnkronos non ha fatto altro che fare quanto abbiamo fatto noi.

    Grazie del commento, continui a seguirci!

    Claudio

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