L’Italia sta investendo nel mercato dei videogiochi, o almeno così sembra. Questo periodo di pandemia ha reso evidente come il nostro paese sia afflitto da una generale immobilità per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico: assenza di infrastrutture adatte e digital divide sono due termini che sono tornati ad imporsi con forza nella nostra vita quotidiana negli ultimi mesi, anche per via del lockdown a cui siamo stati costretti. In questo quadro Franceschini con il Ministero della Cultura hanno istituito una tax credit, che garantisce un credito fiscale del 25% sulla produzione dei videogiochi.
Franceschini: 25% di credito fiscale sui videogiochi
Come sicuramente già saprete, nel nostro paese si combatte da anni per far riconosce il valore dei videogiochi e degli sviluppatori italiani. Sono moltissimi infatti gli studi nostrani che si battono giornalmente per il loro lavoro e per fare in modo che venga preso in considerazione come un’attività produttiva e creativa al pari delle sue cugine più sdoganate, come il cinema, per esempio.
Ora sembra che qualcosa abbia finalmente cominciato a muoversi tra le maglie dell’amministrazione italiana e il Ministro della Cultura Franceschini ha da pochissimo firmato un nuovo decreto che prevede l’agevolazione fiscale del 25% per i produttori di videogiochi. Questa mossa è stata pensata insieme al Ministero dell’Economia e il suo effetto nel pratico è delineare le modalità entro le quali è possibile accedere ad un bonus per gli studi di sviluppo europei con un regime di tassazione italiano e con sede nel territorio nazionale.
Come abbiamo detto in apertura, l’agevolazione riconosce un’aliquota del 25% del costo di produzione totale sostenuto dalle software house, a patto che questo valore non sia superiore ad un milione di euro. Inoltre questa agevolazione è riservata alle aziende con un patrimonio netto e un capitale sociale non inferiore ai 10.000 €.
Fin qui tutto bene, ma non è tutto oro quel che luccica, come recita un famoso detto. Per accedere a questa tax credit infatti, ogni singolo titolo verrà sottoposto ad un’analisi da parte di una commissione preposta, che ne determinerà il “valore culturale”.
Il valore culturale del videogioco
Nonostante si tratti di un grosso passo avanti e di un potenziale cambio di paradigma nella concezione del videogioco in Italia, i paletti concettuali sul “valore culturale” non possono che far alzare un sopracciglio. Ecco quello che ha dichiarato il ministro Franceschini a tal riguardo:
“I videogiochi sono frutto dell’ingegno creativo ed è giusto che, analogamente a quanto avviene per il cinema e l’audiovisivo, possano ricevere un sostegno, se riconosciuti come opere di particolare valore culturale. In Italia il settore è in crescita esponenziale, con numerose start up di under 30 in grado di sviluppare prodotti di elevata qualità, attrarre le grandi produzioni internazionali e far crescere i giovani talenti. Si tratta di vere e proprie officine creative, che meritano ogni sostegno e possono contribuire a nuovi modi di conoscere e di apprendere“.
Dalle parole del ministro emerge la chiara volontà di equiparare i videogiochi ad atri settori del mondo audiovisivo, come il cinema. Tuttavia non vengono specificati quali sono i criteri che renderebbero un prodotto videoludico culturalmente valido e quindi meritevole di questa tax credit, cosa che rende i confini di questa agevolazione piuttosto fumosi, almeno per il momento.
D’altronde il dilemma se i videogiochi siano o meno considerati una forma artistica oltre che culturale e di intrattenimento dura ormai da anni e l’efficacia di questa tax credit potrebbe giocarsi tutta sull’interpretazione che il governo italiano darà a questo quesito di base.
A prescindere da questo però, questo incentivo potrebbe essere il principio di una svolta, che nel lungo termine avrebbe tutte le carte in regola per trasformare un settore ad alto rischio come quello dello sviluppo di videogiochi in Italia, in un’industria fiorente ed in grado di competere sul palcoscenico internazionale. Degli esempi di titoli indie virtuosi sviluppati in Italia ci sono già, non ci resta che attendere gli sviluppi di questa scelta per scoprire se in futuro il nostro paese possa guardare anche al mercato dei doppia o tripla A.
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