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La bufala della settimana: il grano Divella e la Russia

Fake news nata dall’ossessione per la purezza

Cari lettori della rubrica, quella di cui vi daremo conto è una curiosa fattispecie di fake news. Che, al solito canovaccio, aggiunge un altro particolare, anzi un’ossessione propria dei nostri tempi: quella per la purezza. Che si declina, spesso e volentieri, nell’ambito alimentare. Dove si ripetono alcuni concetti mai verificati ma presi come dogmi. Nonostante sia,  la cultura alimentare media, pressoché inesistente.

Fino a qualche tempo fa, ad esempio, c’era la fobia (che adesso pare sopita) verso l’olio di palma. La cui questione, peraltro, è un po’ più complessa rispetto a quella che si era diffusa tra la popolazione.

E allora ecco formarsi capannelli di persone che, nei supermercati, inforcavano gli occhiali e compulsavano gli ingredienti di ogni alimento, per accertarsi che non comparisse l’olio malefico. Salvo poi rimpinzare i propri carrelli di prodotti pieni di coloranti e conservanti.

Ma cos’è successo stavolta?

fake news 1

Il grano Divella: al 100% italiano o no?

A finire vittima di questa commistione di luoghi comuni e atteggiamenti in malafede è stata Divella, o meglio è stato il grano dell’azienda. In che senso?

Purtroppo, e in questo caso la notizia è verissima, il conflitto russo-ucraino ha messo in luce – tra le altre cose – il problema dell’approvvigionamento del grano. Il motivo è l’inevitabile crollo delle esportazioni dall’Ucraina, “il granaio d’Europa”.

Su questo problema ecco intervenire, fin dai primissimi giorni dell’invasione russa, anche Vincenzo Divella, amministratore delegato dell’omonima azienda produttrice di pasta.

E proprio dalle sue dichiarazioni è dilagata la bufala.

Dall’intervista al meme

L’intervista incriminata, diventata poi meme, risale addirittura al 23 febbraio. Quindi alla vigilia dell’invasione dei confini ucraini da parte dell’esercito di Mosca.

Sollecitato dal giornalista di Repubblica Antonello Cassano, Divella ha detto (lo si legge nel titolo dell’articolo): “Il nostro grano è bloccato in Russia. Possibile aumento dei prezzi.”

Poi l’imprenditore ha specificato: “Ho del grano tenero pregiatissimo, molto proteico, che serve per fare prodotti di pasticceria, acquistato dalla Russia. Parliamo di 30.000 quintali costati circa 1,1 milioni di euro. Senza quello né io né altri, non sono il solo che compra in Russia, possiamo fare i dolci. La questione è che a questo punto non so se mi caricano quel prodotto”.

Apriti cielo. Qualcuno, sentendosi un campione d’arguzia, ha creato una sorta di foto-collage, giustapponendo il titolo del pezzo di Repubblica a un’immagine di un pacco di pasta Divella (fusilli, per la precisione), in cui campeggia la scritta “100% grano italiano”. Messo in evidenza da un bel circolino rosso.

E, senza porsi nessuna domanda, una quantità spropositata di utenti del web ha condiviso il meme, spesso arricchendolo di didascalie sarcastiche o palesemente offensive, nei confronti dell’imprenditore che ha – avrebbe – tradito l’Italia.

Fake news vs. verità

La prima considerazione da fare è sempre la stessa. Ma quanta ingenuità occorre per pensare anche solo per un istante che un imprenditore come Divella possa cadere in un errore così grossolano? Dichiarando cioè di essere preoccupato per il suo grano proveniente dalla Russia, quando in bell’evidenza sui suoi prodotti si parla di grano al 100% italiano?

Un amministratore delegato così sprovveduto, diciamocelo, non meriterebbe nemmeno di gestire la cameretta dei propri nipoti.

Perché (quasi) nessuno ha avuto almeno un piccolo sospetto che la verità potesse stare altrove?

E infatti la verità sta altrove, e l’ha spiegata lo stesso Divella. Anche se, a distanza di settimane, i post diffamatori non sono ancora cessati.

Eccola, la verità: “La pasta riportata nei post diffamatori è la nostra linea integrale prodotta interamente con grano duro 100% italiano, mentre nell’articolo di Repubblica la preoccupazione era per il grano tenero per panificazione e pasticceria bloccato dal conflitto fra Russia e Ucraina, non solo per la Divella”.

E siccome la divulgazione del post fake prosegue, l’azienda ha fatto sapere che “ulteriori pubblicazioni del post in questione verranno perseguite legalmente, essendo diffamatorie per lo storico marchio pugliese”.

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Il solito meccanismo. O quasi

Come sempre accade per le fake news, anche la bufala sul grano Divella parte da un dato di realtà, anzi due (le dichiarazioni dell’amministratore delegato e l’indicazione sull’etichetta), e li fa collidere senza degnarsi di verificare alcunché. E in più c’è il conflitto russo-ucraino, portatore anch’esso di un’infinità di notizie infondate.

Ma stavolta, come dicevamo, c’è l’ulteriore elemento dell’ossessione per l’alimentazione, rappresentato da uno dei suoi argomenti feticcio: il chilometro zero.

Troppi elementi tutti insieme, insomma, per tenere a freno i tanti utenti dei social desiderosi di elargire al mondo nuove e incredibili rivelazioni.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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