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I Love America: com’è il film con Sophie Marceau

Quando incontriamo per la prima volta la Lisa di Sophie Marceau in I Love America, lo facciamo con un’inquadratura analoga al memorabile incipit de Il laureato, che accompagnava il ritorno in California del giovane Dustin Hoffman. La prima di una lunga serie di citazioni contenute in questo lavoro di Lisa Azuelos, che spaziano da Come eravamo a Il grande Lebowski, ma anche una dichiarazione d’intenti di questa anomala rom-com. Un’opera non certo esente da difetti, che percorre però la stessa traccia di Mike Nichols, cercando di scardinare la morale sentimentale e sessuale. Gli ampi spazi degli Stati Uniti, vuoto a rendere per l’anima e per il cuore, stavolta non cullano il neolaureato Benjamin Braddock, ma quella che potremmo inquadrare come una versione riveduta e aggiornata della sua Mrs. Robinson, in viaggio dalla Francia a Los Angeles in cerca di una nuova vita.

Non è un caso che il personaggio di Sophie Marceau si chiami Lisa, proprio come la regista: I Love America è infatti un lavoro dichiaratamente autobiografico, basato sulla vita della stessa Lisa Azuelos e in particolare sul suo difficile rapporto con la madre, la cantante e attrice francese recentemente scomparsa Marie Laforêt. Dopo LOL – Il tempo dell’amore, la regista si ricongiunge così con Sophie Marceau per tratteggiare il quadro di una regista over 50, di estrazione borghese e in piena crisi esistenziale e lavorativa. Giunta nella Città degli Angeli, Lisa si affida ciecamente all’amico omosessuale Luka (Djanis Bouzyani), che la invita ad abbracciare il suo desiderio sessuale e a lanciarsi con le dating app e a fare nuove conoscenze, anche e soprattutto con uomini molto più giovani di lei. I fantasmi del passato tornano però a fare visita alla protagonista, condizionando il suo modo di approcciarsi alle relazioni.

I Love America: Sophie Marceau in una rom-com in bilico fra dramma familiare e disagio esistenziale

I Love America ha tutto l’occorrente per infastidire buona parte degli spettatori: una Los Angeles patinata e da cartolina, rappresentata dagli stessi luoghi che ci si aspetta di vedere; personaggi che vivono un’esistenza ovattata, la cui principale preoccupazione sembra un fanale rotto del loro ultimo bolide; una sceneggiatura che, soprattutto durante i flashback ambientati durante l’infanzia e l’adolescenza di Lisa, non fa emergere con la necessaria chiarezza i traumi della vita della protagonista; una storia d’amore abbastanza prevedibile nei risvolti, solo parzialmente impreziosita dalla comune cinefilia dei protagonisti. Fra le pieghe di questo racconto che appare eccessivamente artefatto e totalmente scollegato dalla quotidianità di gran parte del pubblico, affiorano però momenti di disperata umanità e inaspettata sincerità, che rendono I Love America degno di essere visto e vissuto.

Nulla di tutto questo sarebbe possibile senza l’ennesima sublime interpretazione di Sophie Marceau, che riesce a essere convincente in ogni situazione: dal party losangelino a cui si presenta con un’ammiccante mise da coniglietta di playboy al ruolo di figlia smarrita, dalla parte di madre imperfetta a quella di amante lasciva, nessuna sfumatura interpretativa ed espressiva sembra esserle preclusa. È lei a colmare i tanti vuoti della sceneggiatura con i segni sul suo volto, con la sua fisicità esibita ma mai ostentata e con sguardi contriti capaci di sciogliersi in radiosi sorrisi, capaci di raccontare tutte le storie di cui abbiamo bisogno e di farci appassionare anche al percorso di una regista che non vediamo mai dirigere, mai a proprio agio in nulla ma sempre e costantemente col vento a favore.

La lettera di addio di una figlia alla madre

I Love America Sophie Marceau

La connotazione narcisistica ed egoriferita dell’opera di Lisa Azuelos è sempre lampante, come la sua continua tendenza a rifugiarsi in cliché ormai logori, come una lettera in grado di seppellire anni di rancore e incomunicabilità o il viaggio come provvidenziale colpo di spugna per vivere una nuova vita. Ma dal bizzarro peregrinare di Lisa fra un’avventura sessuale e l’altra e dal convulso andirivieni fra il passato e il presente della protagonista emergono frammenti di verità e universalità, capaci di ricordarci l’indissolubile legale fra ciò che siamo stati e ciò che siamo.

Tutto questo non basta a rendere I Love America un’opera coerente e completamente riuscita, ma riesce invece a trasformare questo racconto sghembo e contorto in una toccante lettera di addio di una figlia a una madre. Una lettera imperfetta e parziale, che grazie al cinema ha potuto però arrivare a destinazione.

I Love America è disponibile dal 29 aprile su Prime Video.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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