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In Cina ho scoperto perché Honor non è Huawei

Siamo stati in Cina, nella sede di Huawei, per capire davvero quale differenza ci sia tra i brand Honor e Huawei.

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È un da un bel po’ di tempo che il team di Huawei mi parla del brand Honor come se descrivesse un’entità completamente estranea al loro marchio, un qualcosa costruito ad-hoc per i giovani (ma anche “giovani dentro“), spesso con prodotti low cost. Un modus operandi che ho sempre trovato difficile da comprendere. Insomma, perché non differenziare la gamma di prodotti mantenendo il logo Huawei?

Pare che la risposta al mio quesito necessitasse di qualcosa in più di un semplice comunicato stampa. Succede quindi che, per capire come mai i due brand siano così diversi l’uno dall’altro, volo in Estremo Oriente, lì dove tutto è nato: a Shenzhen, la silicon valley asiatica, in cui ha sede Huawei.

Shenzhen, la Silicon Valley cinese

Dopo decine e decine di ore di volo, atterro a Hong Kong; lì mi attende il gruppo giunto da tutta Europa. Insieme, attraversiamo il temutissimo confine cinese per raggiungere la megalopoli di Shenzhen.

Se volete sapere come siano andati i primi due giorni in Cina, vi consiglio di leggere questo diario di viaggio.

La storia di Shenzhen, me la racconta Steven (questo è il suo nome occidentale), un giovanissimo impiegato di Huawei, reclutato in una delle migliaia università sparse per la Cina. “Shenzhen è nata ufficialmente 39 anni fa, nel 1978, per volere di Deng Xiaoping. All’epoca era era altro che un villaggio di pescatori: oggi ha più di 11 milioni di abitanti” racconta Steven.

Lo sviluppo così repentino ed esponenziale però rende Shenzhen una città senza anima, tranquillamente paragonabile ad un’immensa fabbrica che non ha né inizio né fine.

Shenzhen è un luogo “speciale” in quanto fa parte delle cosiddette Zone Economiche Speciali cinesi, aree la cui gestione economica è particolarmente flessibile permettendo così alle aziende, che qui si insediano, di sviluppare i propri affari in modo agevolato.

In questo contesto di particolare vantaggio nasce nel – nel 1987 – il colosso Huawei, brand che ad oggi vanta un mega complesso di ben 1600 metri quadrati, a nord della città. Il quartier generale cinese è letteralmente una città nella città, o per lo meno, questo è quello che ci dicono le nostre guide locali.

Qui ci sono decine e decine di edifici in cui si sviluppano tutti i processi produttivi dei vari device targati Huawei (e non sono solo smartphone).

Huawei: la città nella città

Durante il nostro primo giorno di permanenza siamo stati per esempio portati a vedere con i nostri occhi due laboratori all’interno del Huawei Cloud Park. Il primo luogo è un laboratorio all’interno del quale vengono letteralmente “torturati” gli smartphone in fase di sviluppo. Prima di essere inviati alla produzione, gli smartphone subiscono ogni tipo di angheria: dal drop test accompagnato (un braccio meccanico scaraventa lo smartphone su una superficie dura), per verificare la resistenza di ogni lato del device, al test della lavatrice (in cui viene simulata la borsa di una donna riempita di ogni tipo di oggetti) per verificare la resistenza a graffi e polvere. Oppure ancora, lo smartphone viene inserito all’interno di forni/congelatori in grado di passare da -25° a +50° Celcius in pochi minuti. Se il telefono “sopravvive” e queste e ad altre decine di prove, significa che è pronto ad affrontare il mercato mondiale.

Qui purtroppo è stato categoricamente vietato scattare fotografie per non intaccare i segreti dei test sviluppati all’interno del Cloud Park.

Altro laboratorio in cui siamo stato inviati a ficcare il naso è il Consumer Lab, un luogo apparentemente inutile. Qui vengono smembrati e analizzati nel dettaglio – mediante la tecnica del reverse engineering – moltissimi prodotti che non combaciano minimamete con i piani attuali di business intrapresi da Huawei. Gli ingegneri del Consumer Lab analizzano le console casalinghe per il gamgin (PS4 e Xbox One in primis), tutti i visori per la realtà virtuale (Playstation VR, HTC Vive, Oculus, etc) ma anche droni, robot, wearable, sistemi per l’internet delle cose (IoT) e visori per la realtà aumentata come Holo Lens.

Su una delle pareti del Consume Lab si trova questo gigantesco schema che ben riassume le “esplorazioni” inverse intraprese da Huawei nei confronti di concorretti diretti e non.

Ma a quale pro? A cosa serve tutto questo immenso lavoro di analisi? È molto semplice. Se un giorno il management di Huawei dovesse decidere di intraprendere – ad esempio – la via della realtà virtuale, saprebbero perfettamente da dove cominciare e su cosa focalizzarsi. Si tratta di un modo come un altro di risparmiare tempo in un mercato decisamente aggressivo.

Lo so, mi sono dilungata forse troppo, ma tutto questa narrazione era necessaria per farvi comprendere su quali basi poggiano le fondamenta del brand Honor: le fondamenta solide che Huawei ha costruito nel corso di 30 anni di duro lavoro.

Honor quindi nasce come costola di un colosso come Huawei e all’apparenza sembra che voglia dividere nettamente le strade dei due nonostante tutto ciò che li accomuna.

Ma questa storia del “brand giovane per i giovani (fuori e dentro)” non convince fino in fondo. Perché Huawei non dovrebbe essere per giovani? Sembra solo una copertura di qualche tipo. Non ho ricevuto però “l’illuminazione” fino a quando non ho partecipato alla conferenza di lancio del nuovo Honor Magic, lo smartphone che promette meraviglie e che – per il momento – verrà commercializzato esclusivamente in Cina.

15.12.2016 – Lancio cinese di Honor Magic presso il Shenzhen Universiade Sports Centre

Perché Honor non è Huawei

Quando sul palco, Mr. George Zhang, CEO di Honor, inizia a snocciolare le caratteristiche futuristiche (come l’intelligenza artificiale integrata) di Honor Magic, alcune cose mi diventano subito più chiare: Honor è il vero laboratorio creativo di Huawei, un brand con il quale possono sperimentare (sia dal punto di vista del design sia del software come nel caso di Honor Magic) senza paura di intaccare il buon nome di Huawei costruito con fatica negli anni.

Honor è come un ragazzo giovane e spensierato al quale viene concesso di sbagliare, senza troppe conseguenze. Il signore in giacca e cravatta che invece risponde al nome di Huawei ha l’obbligo di comportarsi come un buon padre di famiglia. Ecco perché Honor viene legato in modo così indissolubile al concetto “giovani”.

Ma le differenze non terminano qui: i due brand si distinguono nettamente anche quando si tratta di marketing e modalità di vendita. È stato Mr. George Zhao in persona a raccontarlo durante una lunga sessione Q&A con la stampa.

Eccoci nella sede di Huawei per l’intervista di gruppo con Mr. George Zhao, CEO di Honor.

Mr. Zhao spiega che la promozione di questo eBrand – come le definiscono loro – avviene dal basso. Mi spiego meglio: quante campagne pubblicitarie avete trovato online dedicate a Honor? Ve lo dico io, davvero pochissime. È il consumatore stesso che, una volta che ha acquistato un prodotto Honor, andrà sui forum oppure in qualsiasi altro spazio online a raccontare quanto si è trovato bene – ad esempio – con il suo bellissimo e scintillante Honor 8.

Adesso vi faccio un’altra domanda: quante pubblicità Huawei avete visto negli ultimi tempi? Città tappezzate e divi di Hollywood (Scarlett Johansonn e Henry Cavill) che prestano il proprio volto per promuovere l’ultimo arrivato Huawei P9.

Insomma, denaro elargito a pioggia per Huawei, il brand in “giacca e cravatta” e promozione pressoché “organica” per Honor, il “giovane scapestrato” che si vende solo online.

Honor quindi abbandona l’aggressività che contraddistingue il mercato cinese, in cui l’importante è vendere ad ogni costo, per prediligere un approccio più soft che posiziona il prodotto a un prezzo competitivo prediligendo una vendita esclusivamente online.

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Honor Café: perché crearlo?

Questo tipo di approccio è confermato anche dalla creazione dell’Honor Café di Shenzhen, uno spazio incluso all’interno di un centro commerciale e aperto 24 ore, localizzato nella zona più giovane della metropoli cinese. Qui tutti coloro che lo desiderano potranno rilassarsi leggendo un buon libro (offerto dalla casa), lavorare sfruttando la connessione Wi-Fi gratuita, oppure mettere le mani su uno dei prodotti Honor esposti.

Insomma, Honor si dimostra essere un brand più “piccolo”, agile e flessibile ma soprattutto in grado di osare senza paura di sbagliare. I prezzi low cost stabiliti per i prodotti Honor, non fanno di questi smartphone dei device “cheap” (chiamatele cinesate se vi rende felici), anzi dimostrano pienamente come sia possibile – solo se ti chiami Huawei – proporre al mercato uno smartphone economico ma dalle altissime prestazioni e dall’ottimo design (vedi Honor 8 o Honor 6X).

Per ora non lo sappiamo quali siano i piani futuri di Honor per la conquista del mercato smartphone. L’unica cosa che sappiamo – perché abbiamo toccato con mano – è che il brand sta facendo un ottimo lavoro soprattutto in termini di sviluppo del prodotto.

Peccato ci sia voluto un viaggio dall’altra parte del mondo per comprendere tutto ciò.

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Fjona Cakalli

Amo la tecnologia, adoro guidare auto/camion/trattori, non lasciatemi senza videogiochi e libri. Volete rendermi felice? Mandatemi del cibo :)

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