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Internet è sempre meno libero

Un report di Freedom House ribalta clamorosamente tutte le rassicurazioni dei big della Rete.

Nonostante Zuckerberg e gli altri grandi attori del mondo virtuale continuino a fornire dati e progetti ottimistici sulla democraticità dei social e del WWW, pare proprio che su Internet la libertà di espressione sia sempre più compromessa.

A dirlo un recente studio condotto da Freedom House, organizzazione non governativa con sede a Washington, che sul proprio sito ufficiale ha da poco riportato gli esiti di un articolato monitoraggio iniziato ben 11 anni fa.

Il risultato, in estrema sintesi, è sconcertante. E ha nei regimi autoritari e nella mancanza di una regolamentazione rigida le due principali cause della crescente compressione della libertà di espressione su Internet.

Nello specifico, l’anno in corso è finora stato particolarmente grigio. Ma conosciamo più da vicino la ricerca di Freedom House, e gli esiti a cui è giunto il suo monitoraggio più che decennale.

Internet libertà di espressione

Internet e libertà di espressione: il report di Freedom House

Freedom House, ONG sempre attenta a difendere la libertà dei consumatori e dei cittadini, ha fornito una panoramica sul rapporto tra Internet e libertà di espressione a livello globale, con un focus sugli Stati Uniti.

Vale la pena di partire da questo secondo aspetto, che può essere preso come esempio per diversi altri Paesi, dove si configurano scenari simili a quello statunitense.

Libertà di espressione e Internet negli Stati Uniti

Secondo lo studio di Freedom House, negli Usa la libertà di espressione su Internet è in calo per il quinto anno consecutivo.

La causa principale è la mancanza di regolamentazioni ferree imposte alle grandi aziende. Ciò permette la libera circolazione, specie sulle frequentatissime piattaforme social, di veri e propri specialisti della disinformazione.

Ce ne stiamo rendendo ben conto anche noi italiani, che puntualmente siamo sommersi da bufale più o meno avventurose. Negli ultimi tempi è soprattutto la campagna vaccinale a essere presa di mira.

Negli Stati Uniti le fake news hanno ostacolato la diffusione di un’informazione varia, articolata e soprattutto onesta. E hanno anche fomentato (quando non creato) veri e propri movimenti cospirativi, come quelli apparsi in occasione delle elezioni del 2020, o quelli poi sfociati nella clamorosa insurrezione al Campidoglio.

Nel report possiamo leggere che “la diffusione di contenuti falsi e cospirativi sulle elezioni del novembre 2020 ha scosso le fondamenta del sistema politico americano”.

Biden: un’inversione di tendenza?

Unica nota positiva per quanto riguarda la sezione del report dedicata agli Usa è la “promettente” misura di Joe Biden. Il quale, dopo la sua elezione, ha revocato una transazione con i social media cinesi, avviata dall’amministrazione Trump.

Internet e la libertà d’espressione nel mondo

Se la libertà d’espressione negli Stati Uniti è in calo da cinque anni, a livello globale lo è da undici.

Sono svariati i governi autoritari che tramite Internet hanno non solo limitato, ma addirittura conculcato la libertà personale. Come? Ordinando arresti per discorsi o iniziative di carattere politico, sociale o religioso in disaccordo col regime che sono stati postati o promossi in Rete.

Il report di Freedom House parla di almeno 20 Paesi che hanno imposto la sospensione dell’accesso alla Rete, e altrettanti che hanno bloccato quello ai social. C’è inoltre il fondato sospetto che le autorità di almeno 45 Paesi abbiano ottenuto spyware sofisticati o tecnologia per l’estrazione di dati da fornitori privati.

Lo studio afferma che “quest’anno gli utenti hanno subito attacchi fisici come punizione per le loro attività online in 41 Paesi”. E che ci sono stati arresti o comunque condanne per le attività online in 56 degli 80 Paesi monitorati, per una percentuale record dll’80%.

censura Internet

Myanmar, Bielorussia e Uganda

Freedom House cita il Myanmar, la Bielorussia e l’Uganda come i Paesi in cui c’è stata la più brusca diminuzione della libertà di espressione su Internet.

Il Myanmar, dopo la presa del potere della giunta militare a febbraio, ha semplicemente chiuso Internet e bloccato i social.

In Uganda, una grande quantità di account social filogovernativi ha invaso la Rete con informazioni manipolate a ridosso delle elezioni dello scorso gennaio.

E in Bielorussia nell’agosto del 2020 sono state represse le manifestazioni nel periodo elettorale, anche limitando l’accesso a Internet e sorvegliando l’attività online degli attivisti.

India, Turchia e Nigeria sono altri esempi negativi in questo senso. Ma il triste primato del Paese con la minore libertà di espressione resta comunque della Cina, definito nel report “il peggior abusatore al mondo della libertà di Internet”. Clubhouse, prima di essere bloccato, per qualche tempo ha fornito solo un’illusione di libertà.

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Come funziona lo studio di Freedom House

Lo studio annuale di Freedom House, associazione attiva dal 1941, utilizza un indice standard per misurare la libertà di Internet, su una scala di 100 punti, dove più alto è il punteggio e più un Paese è da considerarsi libero. Vengono presi in esame l’infrastruttura di Rete, il controllo del governo, la facilità di accesso a Internet e la regolamentazione dei contenuti.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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