Ritorna sul canale Twitch di Tech Princess #fotointerviste, l’appuntamento più amato dagli appassionati di fotografia. Questa settimana i due artisti dello scatto, max&douglas, hanno intervistato Laura La Monaca, travel, food e lifestyle photographer Certified by Leica. Laureata in Gestione dei Beni Artistici e Culturali, Laura è una fotografa che ha esplorato le diversità delle culture attraverso il cibo ed i viaggi. Durante la sua carriera ha collaborato con diverse testate internazionali, tra cui il The New Yorker Times e Food&Wine, ed è stata ospite a MasterChef Italia nel 2020-2021.
Durante la pandemia ha portato avanti un progetto, durante i momenti di auto isolamento nel suo appartamento, individuando un angolo dove ogni giorno un piccolo raggio di luce solare brillava attraverso la finestra: quell’angolo è diventato il suo rifugio fotografico per il progetto Daily Komorebi. Il nome prende spunto dalla parola giapponese Komorebi, che letteralmente significa “raggi del sole che attraversano gli alberi”.
Laura La Monaca ospite di #fotointerviste, l’intervista di max&douglas
Laura La Monaca ci ha raccontato cosa significa essere una fotografa lifestyle, una food photographer, e cosa è necessario comprendere e sapere per fare questo lavoro. Laura La Monaca ha esordito parlando a proposito del suo essere una fotografa. “Mi è spesso capitato di dover far valere questa condizione; credo che l’Italia non sia allo stesso livello di altri paesi, come l’America o quelli di matrice anglosassone, dove devono puntare e incidere sulle differenze di genere. Qui in Italia a volte si fa ancora fatica a farsi valere come donna. Ultimamente ero sul set durante un servizio fotografico e la responsabile ha ricevuto una chiamata da un suo amico fotografo che le ha chiesto perché avessero scelto una donna per quel tipo di lavoro. Io credo che dovrebbero parlare le mie fotografie, non dovrebbe interessare chi le fa”.
“Non sono stata sempre fotografa, c’è una vita precedente. Sono catanese, arrivo a Milano a diciotto anni per portare avanti un percorso in Economia dei beni artistici e culturali; inizio a lavorare per un’agenzia che gestisce concerti, e per una casa editrice che si occupa di cataloghi di mostre di arte e fotografia. Chi è della mia generazione sa che c’è stato un vero e proprio gap tecnologico poiché siamo passati dalla macchina a rullino al digitale”.
“Quindi inizialmente ho avuto difficoltà e ho fatto altro nella vita; ho fatto il mio percorso all’università e in azienda. In seguito ho deciso che se avessi voluto fare la fotografa come professione avrei dovuto studiare, quindi sono andata a Londra è ho studiato alla Central Saint Martin con un fotografo bravissimo, Anthony Webb, che mi ha aperto un mondo”.
Laura La Monaca e il Komorebi, la luce che filtra attraverso le piante
“Il lifestyle è un mood, è qualcosa che provo a tradurre in luce, in interpretazione della luce. Come il progetto che ho portato avanti durante il lockdown, Komorebi, ovvero la luce che filtra attraverso le piante. Questo progetto è nato durante il primo lockdown, ed è nato fotografando prima delle fragole, poi riprendendo il concetto di Komorebi: ho potuto usare delle piante che facessero filtrare la luce per dare un effetto particolare. Ho iniziato tutti i giorni dandomi un appuntamento quotidiano, che è diventato un vero e proprio daily su Instagram”.
“Per fare qualsiasi tipo di lavoro, serve l’anima. Quando ho iniziato mi ponevo delle domande precise: cosa serve per farsi commissionare un lavoro? Io selezionavo delle persone di cui mi piaceva lo stile, all’inizio copiavo anche, non credo ci sia niente di male, poi quando l’avevo acquisito, potevo rielaborarlo e farlo mio. Questo per me è l’anima, sennò rimane un’immagine, che è diversa dalla fotografia. Io la vedo, vedo delle foto che sono senza, altre in cui c’è ed è ben visibile”.
“L’anima si può tramutare sia nelle foto che nel copy, come insegna Orazio Spoto, maestro guru di Instagram: va bene la fotografia ma bisogna metterla insieme a una parte di copy, che può essere legata alla foto o a un momento fondamentale. Quindi anima, copy e costanza sono la sintesi perfetta. Alla fine a me è servito tutto ciò che ho fatto, i miei studi in economia, il mio lavoro in casa editrice, alla fine maneggiavo contratti con l’estero tutti i giorni. La verità è che siamo noi gli agenti di noi stessi, non possiamo aspettare che ci diano lavoro solo le agenzie”.
L’importanza di una community
“È importante crearsi una community. È una parte fondamentale di Instagram. Il mio percorso di crescita è stato molto organico: era il 2014 e Instagram aveva dei community manager, si lavorava bene con Instagram azienda, ci tenevano molto a creare la community e a portarla avanti. Fu proprio Instagram a commissionarmi un lavoro per Expo che mi diede una bella spinta a livello mondiale. Io preferisco sempre avere dei follower attivi che si interessino a quel che faccio. Se si parla di marketing e se l’obiettivo è trovare clienti tramite Instagram, il livello di comunicazione non deve essere dettato dal numero di follower, poiché non puoi sapere se tra i tuoi follower c’è almeno uno è interessato alle tue foto e che magari possa poi parlare a un responsabile marketing”.
“Ho visto un’evoluzione nel mio percorso personale, all’inizio avevo molti più brand che mi chiedevano di promuovere dei contenuti sul mio canale Instagram, è come avere un broadcast di proprietà, un tuo media. Nel tempo si è evoluto sia il mercato che le mie aspirazioni professionali, infatti ho utilizzato sempre meno il mio profilo Instagram per quegli scopi. Adesso Instagram è il mio portfolio, per cui se io decido di lavorare per un brand è perché tu rispetti la mia visione e io rispetto la tua: c’è un rispetto reciproco. A quel punto sono io che con molto piacere condivido sul mio portfolio quello che abbiamo fatto insieme”.
“Preferisco lavorare da sola, ma mi è capitato all’invio del 2015, durante un servizio fotografico a Milano, di lavorare con una fotografa californiana che già seguivo: c’è solo da imparare. Quando si è insieme a qualcuno che ha la tua stessa visione si può solo imparare. Adesso se mi chiamavo preferisco fare da sola.
Luce naturale e media kit
“Io venendo dal percorso di università e azienda e avevo in testa l’idea del curriculum; ho sempre cercato di evitare quello europeo classico. Quindi da qui l’idea del media kit, con le mie foto e il mio stile e la mia presentazione, il tutto più semplice possibile e possibilmente di facile lettura. All’inizio della mia carriera sono stata anche un po’ spavalda perché il media kit lo mandai alla direttrice della rivista digitale Food & Wine negli Stati Uniti; dopo cinque minuti mi rispose chiedendomi una guida di Milano, ho pensato che il media kit avesse funzionato. Adesso si è evoluto, ho inserito i miei clienti, le testate, la mia parte accademica, è un curriculum visuale”.
“Quando fotografo il cibo io non uso la luce artificiale, penso che la luce artificiale tolga l’anima, quindi puoi avere un esito visivo bellissimo che è più simile a un hamburger finto di McDonald. Secondo me per riuscire a trovare l’anima devi usare la luce naturale, che cambia spesso e cambia nel tempo; è la filosofia del piatto, seguire il ciclo del sole della giornata”.
“Se c’è un mio riferimento assoluto nella fotografia è Ferdinando Scianna, lui ha davvero fatto tutto nella fotografia, ogni tanto lo vedo agli eventi, lo osservo con adorazione”.
“Per quanto riguarda l’esperienza con Masterchef, è stata molto professionale e se si vuole anche surreale perché non si hanno mai contatti con i concorrenti, quindi noi giudicavano l’estetica del piatto; è stato interessante essere chiamata tra i fotografi food, è stata una bella esperienza”.
“L’ultima foto che ho fatto è stata ieri, in una trattoria milanese, in cui c’era questo komorebi che veniva fuori dal pergolato. Io ormai faccio una divisione per me stessa, quindi uso il digitale per tutti i lavori, la pellicola la uso per divertimento, per la gioia di scattare”.
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