La libertà di internet sta subendo una regressione in tutto il mondo, e Cina e Myanmar si trovano ai livelli più bassi, mentre in Italia si potrebbe fare meglio. A rivelarlo è l’ultima edizione di Freedom on the Net, rapporto pubblicato da Freedom House.
Lo studio rileva che il peggioramento in Myanmar, dove il regime militare ha preso il potere nel 2021, ha fatto sì che il paese eguagliasse per la prima volta la Cina per il punteggio più basso nella valutazione della libertà online.
La repressione digitale in Myanmar e il “grande firewall” della Cina
Dal colpo di stato del 2021, la giunta militare in Myanmar ha messo in atto severe misure di censura e sorveglianza sui contenuti online, con fortissime limitazioni all’accesso ai social media e alle piattaforme di comunicazione. Misure ulteriormente aggravate nel maggio 2023, quando sono state introdotte nuove restrizioni che bloccano l’uso delle reti private virtuali (VPN), uno strumento comunemente usato dai cittadini per aggirare i controlli statali su internet. Questo ha contribuito a una drastica diminuzione della libertà online nel paese.
Altro che Grande Muraglia. In Cina, il controllo su internet è esercitato attraverso un sistema complesso noto come “grande firewall”, progettato per eliminare qualsiasi contenuto che possa rappresentare una minaccia per il regime del Partito Comunista. Le autorità cinesi hanno dichiarato che i cittadini godono di diritti e libertà secondo la legge, ma la realtà dipinta dal rapporto è ben diversa. Pechino ha respinto le accuse mosse da Freedom House, definendole infondate e create per scopi politici.
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La libertà su internet peggiora anche in altri Paesi…ma migliora in altri
Lo studio ha evidenziato una regressione della libertà di internet in diversi paesi, con Kirghizistan che ha registrato il calo più marcato. Le autorità del paese hanno bloccato il sito indipendente Kloop, che ha riportato su casi di tortura di esponenti dell’opposizione.
Altri paesi, come Azerbaigian e Iraq, hanno adottato misure contro attivisti e giornalisti per i loro post sui social media. In Azerbaijan, alcune persone sono state arrestate per critiche al governo pubblicate online, mentre in Iraq un attivista è stato ucciso dopo aver incitato a proteste tramite Facebook.
Tra i paesi con il punteggio più basso secondo il report troviamo, senza particolari sorprese, anche la Russia (con una valutazione di 13 su 100). Nell’indagine non è stata presa in considerazione la Corea del Nord, probabilmente per la scarsità di informazioni in merito (il che è di per sé un indice abbastanza esplicativo).
Nonostante il quadro generale negativo, alcuni paesi hanno fatto importanti progressi. La Zambia ha visto un’espansione della libertà digitale, grazie alla crescente partecipazione civica e all’attivismo online. Questo miglioramento ha reso il paese uno dei pochi a guadagnare punti nell’indice di Freedom House. Attualmente, con un punteggio di 54 su 100, la Zambia è considerata “parzialmente libera”.
I paesi con più libertà su internet e focus sull’Italia
Secondo il rapporto, il paese con la maggiore libertà di internet è l’Islanda, seguita da Estonia, Canada, Cile e Costa Rica. Gli Stati Uniti hanno totalizzato un punteggio di 76 su 100 punti, con preoccupazioni continue riguardo alla mancanza di tutele contro la sorveglianza governativa.
L’Italia è poco sotto, con 75 punti su 100, il che la fa rientrare nei paesi considerati “liberi”, ma con alcune dovute precisazioni. In particolare nel report si legge:
“L’uso di azioni legali di ritorsione contro i giornalisti, le potenziali violazioni della privacy online degli individui e la disinformazione online – specialmente legata a narrazioni pro-Cremlino – rimangono preoccupanti”
Focus sull’Italia: libera, ma non troppo
Sul fronte tecnologico, l’Italia ha portato avanti progetti di ammodernamento dell’infrastruttura digitale attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma i ritardi nei progetti hanno suscitato preoccupazioni. Un’altra novità riguarda l’AGCOM, designata come autorità per l’attuazione del Digital Services Act (DSA) a partire dal settembre 2023.
Un tema delicato è il Piracy Shield, introdotto dall’AGCOM per bloccare rapidamente siti che trasmettono illegalmente eventi sportivi. Tuttavia, il sistema ha inavvertitamente bloccato siti legali, sollevando interrogativi sulla trasparenza delle misure adottate. Un’indagine ha rilevato che migliaia di indirizzi IP sono stati bloccati, causando problemi a siti web non correlati alla pirateria.
Preoccupa anche un reportage investigativo di marzo 2024 che ha esaminato le operazioni del Centro di ricerca per l’analisi delle informazioni multimediali (CRAIM), un’entità segreta che ha condotto il monitoraggio dei social media dal 2015. Le pratiche di monitoraggio del centro, che non sono del tutto note, hanno sollevato dubbi su potenziali violazioni della privacy degli utenti dei social media.
Censura e autocensura restano un problema per la libertà di stampa su internet
Il report riferisce anche che “le libertà civili sono generalmente rispettate, ma persistono preoccupazioni per i diritti dei migranti e delle persone LGBT+. Le disuguaglianze regionali sono persistenti e sostanziali e i problemi endemici di corruzione e criminalità organizzata rappresentano una sfida duratura allo Stato di diritto e alla crescita economica”.
In tal senso, sul fronte libertà di internet, preoccupa l’aspetto giornalistico e di autocensura dei giornalisti. In particolare nel report si legge:
“L’Indice mondiale della libertà di stampa di Reporter senza frontiere (RSF) per il 2024 ha classificato l’Italia al 46° posto su 180 Paesi esaminati, in calo rispetto al 41° posto del 2023. Il rapporto rileva che i giornalisti italiani ‘talvolta cedono all’autocensura’ a causa delle pressioni editoriali o del potenziale di ritorsioni legali. I contenuti manipolati online sono diventati più diffusi in Italia dopo la pandemia COVID-19 e in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. Negli ultimi anni, anche i partiti politici si sono impegnati nella manipolazione online in occasione delle elezioni”.
L’Osservatorio italiano sui media digitali, che analizza gli articoli di fact-checking pubblicati da cinque organizzazioni italiane, ha identificato un’escalation di disinformazione legata all’UE nel maggio 2024, tra cui narrazioni che ritraggono le istituzioni dell’UE come “autoritarie”, “dannose” o impegnate in “ricatti”. Precedentemente i rapporti in vista delle elezioni politiche italiane del settembre 2022 hanno individuato alcuni sforzi per manipolare l’ambiente online, anche con la disinformazione russa.
Ancora una volta citiamo un passo del report:
“Una campagna di manipolazione a favore del Cremlino, ad esempio, ha incoraggiato l’astensionismo alle elezioni attraverso l’hashtag #IoNonVoto. Altri contenuti online sulle elezioni sono stati intenzionalmente alterati per indebolire gli avversari politici. Un post su Facebook del 2022 settembre, ad esempio, conteneva un’immagine di dati di sondaggio provenienti da una fonte apparentemente credibile e manipolati per rappresentare il Movimento Cinque Stelle in netto distacco da Fratelli d’Italia, partito di estrema destra e vincitore finale delle elezioni. Questi sforzi facevano parte di un’ondata di false informazioni che hanno intorbidito il panorama informativo online in Italia nelle ultime settimane prima delle elezioni”
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