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As Bestas: com’è il film di Rodrigo Sorogoyen

As Bestas arriverà nelle sale italiane il 13 aprile, distribuito da Movies Inspired.

Nel panorama cinematografico europeo, Rodrigo Sorogoyen è certamente uno dei registi più interessanti e apprezzati. In pochi anni, il cineasta spagnolo ci ha infatti regalato film memorabili come Stockholm, Che Dio ci perdoni, Il regno e Madre, capaci di insinuarsi nei più reconditi anfratti del genere umano, ma anche la sontuosa serie Antidisturbios: Unità Antisommossa, gioiello presente nel catalogo Disney+ in grado di stravolgere continuamente il punto di vista dello spettatore. È dunque un piacere ritrovare un regista di tale talento e profondità con il suo nuovo lavoro As Bestas, che dopo le presentazioni al Festival di Cannes e alla Festa del Cinema di Roma approderà nelle sale italiane il 13 aprile, distribuito da Movies Inspired.

Anche stavolta, siamo di fronte a un’opera che non fa alcuno sconto allo spettatore, trascinandolo in una spirale senza fine di tensione, in cui a dettare legge sono ancora le piccole comunità, insieme ai loro pregiudizi. Un thriller rurale di altissimo impatto emotivo, esaltato da una scrittura intelligente e affilata e da una formidabile regia, in grado di cesellare questo torbido e crudele racconto e di trarre il meglio dalle interpretazioni dei protagonisti Marina Foïs, Luis Zahera, Diego Anido e Denis Ménochet, noto al grande pubblico soprattutto per la sua breve apparizione nel folgorante incipit di Bastardi senza gloria.

As Bestas: il brutale e doloroso thriller rurale di Rodrigo Sorogoyen

As Bestas

I pacifici coniugi francesi Vincent (Denis Ménochet) e Olga (Marina Foïs) si trasferiscono in un piccolo villaggio della Galizia, dove portano avanti una virtuosa attività agricola e un nobile impegno nella ristrutturazione di case abbandonate, nell’ottica di incentivare il turismo e il popolamento del luogo. Nonostante questi buoni auspici, la convivenza con i locali è estremamente difficile: non solo per la diffidenza che accompagna i nuovi arrivati in una piccola comunità, specialmente i francesi che si trasferiscono in Spagna, ma anche per il fermo rifiuto da parte di Vincent alla realizzazione di un impianto eolico, che porterebbe molti soldi alla comunità. Con il passare dei giorni, le battute e gli scherzi assumono i contorni di una vera e propria persecuzione ai danni di Vincent, che comincia a guardarsi le spalle in particolare dai suoi vicini, i fratelli Xan e Lorenzo.

In As Bestas non mancano echi di Cane di paglia e Un tranquillo weekend di paura, ma in un panorama audiovisivo brulicante di opere derivative il lavoro di Rodrigo Sorogoyen si distingue per la propria unicità, oltre che per un’atmosfera strisciante e ribollente, sempre sul punto di deflagrare in scariche di pura violenza. A differenza delle precedenti opere del cineasta, in questo caso gli schieramenti sono ben delineati: da una parte i “buoni”, cioè Vincent e Olga, che nonostante le incessanti provocazioni e gli atteggiamenti inquietanti degli autoctoni continuano a cercare il dialogo e il chiarimento; dall’altra i locali, che a tratti sembrano versioni solo leggermente più presentabili dei protagonisti di Non aprite quella porta e dei suoi svariati emuli. Li vediamo fare gruppo contro i forestieri, irridere il “francesino” e macchiarsi di gravi sabotaggi all’attività agricola dei francesi, in un crescendo di malcelato astio e di aggressività.

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As Bestas: le ottime prove dei protagonisti

Rodrigo Sorogoyen va però oltre alla mera contrapposizione fra la comunità e lo straniero che cerca di entrarvi. La memorabile sequenza di apertura, in cui in alcuni uomini fanno gruppo per sottomettere degli animali, è la perfetta introduzione a un racconto cupo e privo di speranza, in cui una natura fredda e inospitale fa da sfondo alla rappresentazione degli istinti più biechi del genere umano. Nonostante i ripetuti tentativi di avvicinamento e chiarimento, Vincent è sempre più accerchiato e soffocato dagli abitanti del villaggio, che in particolare non gli perdonano di contare esattamente come loro nella votazione per la possibile costruzione dell’impianto eolico. Una delle tante finezze di Sorogoyen, che assegna il ruolo dell’oppresso proprio a chi apparentemente va contro alla sempre più urgente necessità di ecosostenibilità (ma Vincent ha i suoi motivi per opporsi).

Da spettatori, viviamo la stessa angoscia del protagonista, nonché i foschi presagi che circondano la famiglia francese. Ed è qui che il regista gioca superbamente con le nostre emozioni, trasformando anche il più innocuo boschetto nel potenziale teatro di un agguato, sfruttando i pochi punti di ritrovo del luogo come ambientazioni di confronti sempre più aspri e lavorando brillantemente sui suoi corpi attoriali. Denis Ménochet regala una notevole performance in sottrazione, sospesa fra volontà di incassare i colpi ricevuti e crescente timore per le minacce nei suoi confronti. La sua imponente fisicità si contrappone a quella di Luis Zahera e Diego Anido, scarnificati nel corpo e nel volto e protagonisti di sguardi sempre più raggelanti.

Il potere dell’immagine

As Bestas si conferma opera difficilmente classificabile, mutando repentinamente e radicalmente sotto i nostri occhi e cambiando radicalmente il nostro punto di vista su una storia in cui il rancore va di pari passo con la più bieca vendetta. Emerge così il personaggio di Marina Foïs, che sceglie l’approccio più sorprendente e allo stesso tempo efficace per confrontarsi con questo microcosmo dominato dalla rabbia e dall’omertà. Mentre tutto suggerirebbe di fuggire via dall’arretratezza morale e culturale dei locali, Olga resta e resiste, opponendosi alle angherie con la fierezza e il coraggio di chi non ha più nulla da perdere. Il puro thriller si trasforma allora in toccante dramma familiare, lasciando intravedere un flebile spiraglio di luce in una piccola comunità dominata dall’oscurità.

Rodrigo Sorogoyen accompagna il racconto con una regia asciutta e precisa. Non mancano momenti di grandissimo cinema, come un lungo e greve dialogo fra gli avventori del piccolo bar locale, che sembra uscito da Le iene, o un confronto ben più serioso fra i protagonisti, in cui ogni tentativo di mediazione viene inesorabilmente superato da un odio impossibile da sconfiggere. Non è un caso che uno dei pochi alleati di Vincent e Olga in una lotta impari sia una piccola videocamera, con cui documentare i torti subiti: anche in questo luogo fermo nel tempo e nello spazio, l’immagine è il supporto con cui distinguere il bene dal male, il vero dal falso, la vittima dal carnefice.

Ed è sempre l’immagine, con un lento e rivelatore zoom su una scena di violenza, a colpirci con la sequenza più insostenibile di As Bestas. L’apice di un’opera in cui il più netto manicheismo si fonde con il più spietato realismo, ponendo profondi interrogativi sul concetto di giustizia e sulla capacità di adattarsi anche alle situazioni più opprimenti e intollerabili.

As Bestas

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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