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Meng Wanzhou, CFO di Huawei, rilasciata dopo tre anni: è tornata in Cina

Vicenda con contorni da spy story per la figlia del proprietario di Huawei

Chissà quale avvincente spy story ne avrebbe tratto il grande scrittore John Le Carré, se fosse ancora vivo. Gli elementi, che intrecciano economia, politica, e finanza, ci sono tutti.

E hanno al centro Meng Wanzhou, quarantanovenne dirigente d’azienda cinese, figlia del proprietario di Huawei, Ren Zhengfei, e vicepresidente dell’azienda. Per questo motivo, la gran parte della stampa internazionale ha coniato la discutibile locuzione Lady Huawei, con cui ci si riferisce alla donna da tre anni al centro di un caso diplomatico che pare avviarsi alla conclusione. Sabrina è l’altro nomignolo affibbiatole dai media, perché pare che Meng Wanzhou abbia come modello estetico il personaggio interpretato nell’omonimo film da Audrey Hepburn.

Tuttavia, la vicenda della figlia del magnate di Huawei ha davvero poco da spartire con i toni pastello della commedia girata nel 1954 da Billy Wilder. Ripercorriamola, dall’arresto avvenuto nel 2018 al recentissimo rilascio (con tanto di scambio di “ostaggi”) e al ritorno in patria.

La vicenda di Meng Wanzhou: l’arresto

Siamo nel 2018. Durante la sua presidenza, Donald Trump ha usato il pugno di ferro con una serie di aziende cinesi, arrivando a stilare una sorta di black list: per le aziende inserite nella temibile lista, c’era stato lo stop alle transazioni commerciali con le aziende statunitensi.

Tra le aziende maggiormente incriminate (e boicottate) c’era anche Huawei, che Trump ha addirittura accusato di spionaggio per conto di Pechino.

L’1 dicembre, mentre i presidenti di Usa e Cina sono al G20 in Argentina (e sul tavolo del summit c’era anche una possibile tregua alla cosiddetta guerra dei dazi tra i due Paesi), proprio su richiesta degli Stati Uniti scatta l’arresto di Meng Wanzhou all’aeroporto di Vancouver.

L’accusa iniziale è quella di aver violato l’embargo verso l’Iran, quella finale è di frode finanziaria e furto di segreti commerciali. Meng Wanzhou, la vicepresidente di Huawei, viene liberata su cauzione dieci giorni dopo l’arresto ma non può lasciare il Paese.

Huawei

La guerra fredda

Per il governo di Pechino si tratta di una violazione dei diritti umani. E di un’implicita dichiarazione di guerra, che inevitabilmente coinvolge subito anche il Canada.

Le ritorsioni non si fanno attendere. Pochi giorni dopo il fermo di Meng Wanzhou, in Cina vengono arrestati quelli che i giornali individuano da tempo come i due Michael.

Si tratta di due canadesi: Michael Kovrig, ex diplomatico, e Michael Spavor. Quest’ultimo, un imprenditore che ha contatti diretti con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, avrebbe rubato documenti segreti a Pechino e li avrebbe rivenduti ad altre nazioni. Lo scorso agosto è stato condannato a 11 anni di carcere. L’accusa per entrambi i canadesi è di avere “attentato alla sicurezza nazionale cinese”. Formula che permette di mantenere il segreto sul procedimento.

Nulla a che vedere con l’esilio dorato di cui ha goduto Meng Wanzhou, che durante i mille giorni di detenzione in Canada ha alloggiato in una sontuosa villa.

L’accordo

Dopo tre anni di tensioni, che hanno contribuito a logorare i rapporti diplomatici e commerciali tra Pechino e Vancouver, la doppia vicenda sembra essere avviata verso una conclusione.

Nella giornata di giovedì 23 settembre, nel tribunale di Brooklyn si è trovato un accordo per il rilascio della manager di Huawei. Che ha portato a un’immediata scarcerazione della sua – è il caso di chiamarla così – controparte canadese, Michael Kovrig e Michael Spavor.

Meng Wanzhou, per poter tornare in Patria, avrebbe ammesso buona parte dei reati che gli sono stati contestati. Si ignora quali, così come non è possibile conoscere l’entità della (salatissima) multa che ha pagato per il rilascio.

La reazione del premier canadese

Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, è apparso radioso in televisione, per celebrare la fine di quello che ha definito un “calvario incredibile e spaventoso”.

Trudeau ha sempre sostenuto che il doppio arresto di Kovrig e Spavor è avvenuto per rappresaglia: “È diplomazia coercitiva, hanno preso due ostaggi”.

D’altronde, anche da Pechino non sono mai mancate le accuse a Canada e Stati Uniti di aver catturato Meng Wanzhou all’interno del quadro di tensione per il primato tecnologico. “I fatti hanno pienamente dimostrato che si tratta di un episodio di persecuzione politica contro cittadini cinesi, con lo scopo di sopprimere le imprese high-tech della Cina”.

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La reazione di Pechino

Il rilascio della vicepresidente di Huawei è stato seguito dalle TV cinesi fino all’imbarco su un aereo di Air China. Un finale mediatico dopo tre anni di prigionia davvero relativa: la donna ha vissuto in una villa con tanto di domestici, e la peggior limitazione alla propria libertà – oltre naturalmente al fatto di non poter lasciare il Canada – è stata quella di dover indossare un braccialetto con trasmettitore Gps a ogni spostamento.

Una volta rientrata in Cina, Meng Wanzhou ha ringraziato la “forza della grande madrepatria e alla leadership del Partito comunista. Senza una patria forte, oggi non sarei libera”.

Top secret, invece, il rilascio di Michael Kovrig e Michael Spavor. Così come, almeno per adesso, nulla si è potuto sapere del regime carcerario che hanno dovuto subire per un migliaio di giorni.

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Autore

  • Claudio Bagnasco

    Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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