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Come è cambiato: l’oratoria e la retorica

Come sono cambiate oratoria e retorica da Cicerone ai social media?

Ci sono sempre state? Cosa sono? E che differenza c’è tra l’una e l’altra?

Sono tutte domande più che legittime, a cui ne aggiungiamo una noi (e sarà la prima a cui risponderemo). Perché parlare di oratoria e retorica in un portale di tecnologia? Beh: perché proprio la tecnologia, in particolar modo con le piattaforme social, ha avuto e sta avendo un ruolo fondamentale nel modificare non solo i rapporti sociali, ma anche il linguaggio. E con esso, l’arte di persuadere attraverso la parola.

Ma andiamo con ordine: prima di scoprire come sono cambiate oratoria e retorica, diciamo cosa sono. E quale differenza passa tra l’una e l’altra.

Oratoria e retorica: differenze

Iniziamo dalla retorica, che è – in sintesi – l’arte di persuadere attraverso la parola. L’oratoria è, invece, un ambito più specifico, e potremmo dire che corrisponde all’arte di parlare in pubblico.

Dunque, se un buon retore deve conoscere in modo millimetrico come persuadere attraverso la lingua (con un uso sapiente, ad esempio, delle figure retoriche), un buon oratore deve aggiungere una serie di elementi fondamentali per persuadere il pubblico: l’utilizzo della mimica e della voce, ad esempio.

martin luther king

Aristotele e Cicerone

È intuitivo il fatto che il tentativo di persuadere con la parola, scritta od orale che sia, esiste da quando c’è l’uomo, e finché ci sarà l’uomo esisterà.

Ci sono differenze culturali notevoli e ben radicate, che tutti conosciamo. Noi italiani, per dire, siamo noti in tutto il mondo per la nostra inclinazione a gesticolare mentre parliamo.

L’argomento è vastissimo, e procederemo necessariamente per sommi capi.

È in Grecia che per la prima volta si parla di retorica. E se Platone la ritiene solo un’abilità, è Aristotele il primo che la sistematizza e ne fa una materia di studio. Nella Retorica, Aristotele divide il discorso in parti e indica lo stile da adottare per essere persuasivi.

Ma bisogna fare un salto dalla Grecia a Roma, e dal quarto secolo a.C. al primo, per incontrare Cicerone, il più illustre retore dell’intera romanità. Il suo De oratore è ancora uno scrigno di modernissimi suggerimenti per chi voglia scrivere o declamare un discorso.

In fondo chiunque, più o meno inconsciamente, quando deve narrare qualcosa non può fare a meno di considerare l’inventio (invenzione), la dispositio (la disposizione degli argomenti), l’elocutio (il linguaggio) e la memoria. A cui nei discorsi pubblici si aggiunge l’actio, cioè – potremmo dire – le virtù attoriali, dall’impostazione della voce al modo di muovere il corpo.

Come sono cambiate oratoria e retorica. Ma sono cambiate?

Prendiamo due momenti che molti dei nostri lettori ricorderanno o avranno visto nei filmati.

Sanremo, 1958. Nell’ingessatissima kermesse musicale, irrompe Domenico Modugno, che canta Nel blu dipinto di blu (che tutti conoscono come Volare). E nel file allarga con un movimento secco le braccia verso il cielo. Un piccolo ma scandaloso gesto, che rompe con l’abitudine fin lì scrupolosamente seguita da tutti i cantanti: eseguire il brano restando pressoché immobili.

Milano, 1993. Antonio Di Pietro interroga Bettino Craxi. Diventa celebre la gestualità plateale del PM, che sovente incassa le spalle e pronuncia la frase che sarebbe diventata memorabile: “Che ci azzecca”?

E mille altri esempi saprebbe trovare ciascuno di voi lettori.

Questo cosa significa? Significa che ogni abile oratore o retore ha, piano piano, trovato il proprio stile, il proprio modo di persuadere attraverso un certo modo di disporre le parole. E di pronunciarle, se si tratta di discorsi pubblici.

Il discorso è sempre quello, diviso nelle parti indicate da Cicerone. Poi ciascuno – a seconda della propria inclinazione, cultura, dello scopo del discorso e dei destinatari – modellerà uno stile più o meno ampio, più o meno ricco di citazioni, più o meno commovente, più o meno ironico…

Quindi, tutto questo per dire che retorica e oratoria non cambieranno mai?

trump twitter

Oratoria e retorica: come sono cambiate negli ultimi anni

Sì e no. È innegabile che gli aspetti sociali influiscano anche sul linguaggio. I lettori non giovanissimi, ad esempio, si ricorderanno i celeberrimi discorsi di Aldo Moro. Pieni di subordinate e chilometrici, oggi sarebbero inascoltabili. Perché?

Perché la società si è velocizzata (e ve la diamo come informazione neutra, senza addentrarci nell’annosa questione era meglio ieri/è meglio oggi). Siamo più rapidi negli spostamenti, nel prendere le decisioni, e le nostre giornate sono molto più parcellizzate (e nevrotiche). I media tradizionali – in primis la TV – hanno poco per volta spostato l’attenzione dal piano dei contenuti dei discorsi a quello del loro confezionamento (vi ricordate l’actio ciceroniana?).

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Dell'oratore. Testo latino a fronte
  • Editore: Rizzoli
  • Autore: Marco Tullio Cicerone
  • Collana: BUR Classici greci e latini

I social media

Ed è vero, innegabilmente vero, che negli ultimi anni le nuove tecnologie hanno prodotto una rivoluzione culturale senza paragoni nella storia, per rapidità e profondità.

Come sono cambiate, dunque, oratoria e retorica ai tempi dei social?

Beh: per quanto riguarda la retorica, quanti cittadini hanno pronunciato stizziti la frase “Oggi i politici si esprimono su Twitter”?

È proprio così. La comunicazione persuasiva ha perso il gusto della complessità a favore dello slogan. E non sarebbe un male di per sé, se poi la complessità rimanesse nei programmi e nelle azioni che seguono agli slogan.

Anche molti di noi, che passiamo un tempo infinito a mandare messaggini, hanno smarrito la capacità di produrre elaborati complessi, ricchi di frasi subordinate e di concetti articolati.

Stiamo demonizzando WhatsApp, Telegram e affini? Niente affatto. Questi social fanno parte della nostra quotidianità (e ce la semplificano non poco) al punto che sarebbe assurdo pensare di privarcene.

Non siamo messi benissimo nemmeno per quanto riguarda l’oratoria. Sono innumerevoli gli studi che mostrano come non si è più capaci di produrre (ma anche di seguire) un discorso composto da frasi che superino una certa lunghezza.

Come uscirne? Beh: dal momento che questo è il mondo in cui viviamo, ed è un mondo pieno di comodità, godiamocelo.

Per mantenerci allenati alla complessità argomentativa, per fortuna, abbiamo a disposizione una straordinaria arma: leggere i classici. Insomma: viva WhatsApp e viva Cicerone.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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