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I rave party e il meme sulla “musica autoctona”. La bufala della settimana

Un emendamento inventato (ma credibile?)

Talvolta un certo talento, i diffusori di bufale, lo hanno. Ed è la capacità, in un certo senso simile a quella degli autori di satira, di intercettare la realtà, nelle sue pieghe più bizzarre o assurde. E deformarla ulteriormente, questa realtà, fino a creare una notizia sì fittizia, ma che i meno equipaggiati potrebbero serenamente prendere per vera, solo un po’ più esagerata rispetto al solito.

Nel caso del falso emendamento al decreto legge contro i rave party, poi, sono almeno due gli elementi che hanno contribuito al suo successo, ovvero alla sua rapidissima diffusione su larga scala. Il primo, una raffinatezza stilistica non eccelsa, ma di certo superiore alla media delle fake news (spesso scritte in una lingua quanto meno incerta o grevi nel contenuto). Il secondo, un qualche grado di fedeltà allo spirito del nuovo governo. Che, se non ha vergato quell’emendamento, ha di certo emanato un decreto legge ambiguo, che molto ha fatto discutere.

E il cui stesso co-estensore, ovvero il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, sembra abbia deciso di modificare.

Ma di quale finto emendamento stiamo parlando?

rave party musica autoctona

Il decreto anti rave party

Prima di parlare della fake news occorre almeno accennare al tanto discusso decreto legge anti rave party.

In una nota del ministero dell’Interno del 2 novembre leggiamo che il 31 ottobre “il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta dei ministri Nordio e Piantedosi, una nuova disposizione che prevede il reato di invasione di terreni o edifici allo scopo di organizzare raduni pericolosi per l’ordine pubblico.”

La polemica

Dalla nota sembrerebbe tutto chiaro. Peccato però che il testo del decreto legge faccia genericamente riferimento al reato di “invasione di terreni o edifici per  raduni  pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la  salute  pubblica”. Che “consiste nell’invasione  arbitraria  di  terreni  o  edifici  altrui, pubblici o privati, commessa da un  numero  di  persone  superiore  a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando  dallo  stesso può derivare un  pericolo  per  l’ordine  pubblico  o  l’incolumità pubblica o la salute pubblica.”

Per farla breve: va da sé che un testo così vago e frettoloso, approvato da un governo schierato a destra, abbia fatto dubitare l’opposizione che si trattasse di un decreto liberticida mascherato da decreto anti rave.

Ecco perché la dichiarazione del ministro Piantedosi, su un’imminente modifica del decreto stesso.

L’emendamento-meme e la fake news

Ed è qui che si innesta il meme di cui dicevamo, e la trovata di chi l’ha inventato. Che è partito da due dati effettivi, come capita sempre, anche nel caso di fake news più dozzinali di questa. I due dati sono il colore politico del governo in carica, e l’annuncio – appunto – di prossime modifiche del cosiddetto decreto anti rave.

Ed ecco dunque il testo girato sui social, e condiviso da moltissimi profili. Dove si legge che “La norma si applica esclusivamente ai raduni con finalità ludico-ricreative, aventi oggetto la fruizione di musica non autoctona e il consumo di sostanze psicotrope di cui al DPR 309/1990.”

Sono subito fioccate le condivisioni (compreso quella, su Twitter, di Carlo Calenda). Condivisioni mosse soprattutto da chi ha scarsa simpatia per il nuovo esecutivo. E accompagnate da commenti sapidi sul presunto nuovo sovranismo musicale. Eppure, quella “musica non autoctona” avrebbe dovuto suscitare più di qualche dubbio…

Abbiamo il “colpevole”!

Ve lo abbiamo celato per un po’, ma stavolta abbiamo il nome del “colpevole” del meme-fake news sui rave party. Lo abbiamo perché egli stesso si è fatto avanti. Si tratta del giornalista Carmelo Palma, che ha spiegato la burla in un tweet del 3 novembre, dal titolo “Un bel gioco dura poco”.

Tweet in cui Palma ha scritto che: “facendo il verso al giuridichese prefettizio della norma originaria ho scritto un emendamento formalmente corretto, ma grottesco e parodistico. L’ho poi postato sapendo che alcuni ci sarebbero cascati, ma sono rimasto sorpreso dalla quantità di addetti ai lavori dell’informazione, della politica e perfino della satira che se lo sono bevuto senza fare una piega, ritenendolo perfettamente credibile. Il che non depone affatto contro la loro professionalità: conferma invece che di fronte a un governo e a un legislatore così improbabile tutto diventa possibile e può essere creduto come vero, perché il confine razionale tra il credibile e l’incredibile è completamente saltato.

Insomma, pensavo di fare un post simil-Lercio, invece ho fatto un piccolo esperimento sociale, che mi ha insegnato che quando la realtà supera Lercio non c’è proprio un bel niente da ridere”.

Lasciamo al lettore elaborare le non banali considerazioni di Palma.

Una fake news meno innocente

In coda di articolo, segnaliamo che il decreto legge contro i rave party ha generato anche una bufala assai meno innocente di quella architettata da Carmelo Palma.

Bufala girata anch’essa sui social, secondo cui la senatrice Ilaria Cucchi avrebbe dichiarato che suo fratello Stefano ha frequentato i rave, e quindi la stessa Ilaria si sarebbe dichiarata a favore di simili eventi.

Avevamo appena avuto un barlume di speranza sulla qualità delle bufale, con la trovata di Carmelo Palma. Ma qui siamo di nuovo ai consueti, desolanti livelli.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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