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Dopo l’emergenza sceglieremo il reale o il virtuale?

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reale virtuale

Confessiamolo: nei mesi scorsi ci siamo sentiti come sospesi tra reale e virtuale. Ma siamo sicuri che questa condizione, col progressivo decadere delle restrizioni, in futuro sarà solo un ricordo sempre più sbiadito?

Certo, ora che la terza ondata sta allontanandosi e che il massiccio piano vaccinale sta dando i frutti sperati, tutto sta finalmente ricominciando a funzionare come prima.

Tranne alcune eccezioni, i dati a livello globale sono confortanti, in Italia sempre più regioni stanno entrando nella cosiddetta zona bianca, e l’Europa con il Digital green pass si sta preparando a un’estate di viaggi tra i Paesi membri. Insomma: la tanto agognata normalità sembra intenzionata a tornare a farci visita.

Ma sarà davvero tutto com’era prima di quella famigerata primavera del 2020?

O i mesi della pandemia sono riusciti a modificare in maniera permanente alcune nostre abitudini?

Tutto tornerà a essere in presenza, o ci divideremo tra reale e virtuale, scegliendo di volta in volta a seconda di una serie di parametri?

Ma prima di tutto: cosa è successo, anzi cosa ci è successo, dal marzo del 2020 a oggi?

I mesi del lockdown tra reale e virtuale

Durante le fasi più intense della pandemia, soprattutto nella primavera dello scorso anno, abbiamo dovuto attenerci a rigide restrizioni.

I nostri movimenti fuori dall’uscio di casa dovevano essere pochi e motivati. È stato dunque necessario inventarci una vita quasi interamente dentro le mura domestiche.

Il boom dei tapis roulant ha placato la sete di chilometri dei podisti, ma è successo molto altro. Anche i più tenaci detrattori del tech hanno scoperto (hanno dovuto scoprire) che al mondo si può accedere anche tramite smartphone e computer.

Abbiamo imparato a ordinare la spesa online, abbiamo scoperto quanto sia divertente (oltre che economico e pratico) scegliere i vini attraverso app e siti dedicati

Non solo. Gli audiolibri e gli e-book ci hanno fatto assaporare il piacere della lettura, e anche l’acquisto dei libri cartacei nel 2020 è aumentato del 3% rispetto all’anno precedente.

Nel mese di dicembre del 2020 il tempo medio trascorso quotidianamente su Internet è cresciuto del 26% rispetto allo stesso mese del 2019.

Nel marzo del 2020 la vendita delle console è cresciuta del 67% rispetto al marzo del 2019. Ma non abbiamo utilizzato la Rete soltanto per giocare.

I musei e i tour virtuali

Uno splendido esempio di come si possa fare di necessità virtù è stato dato dai musei, non solo italiani. Molti, per far fronte alla dura crisi che li ha tenuti chiusi per svariati mesi, hanno offerto dei tour virtuali, arricchendo spesso le visite con ottimi contenuti multimediali.

Dal proprio schermo si è potuto assistere a concerti e spettacoli teatrali. E a Londra è addirittura andata in scena la prima Opera in realtà virtuale, da fruire in presenza.

L’Opera di Londra tra reale e virtuale

L’evento londinese è stato un perfetto ibrido tra reale e virtuale, che sembra indicarci la strada da seguire.

Cosa è accaduto? Che, memore del recente boom domestico della realtà aumentata e virtuale, la Royal Opera House ha riaperto i battenti offrendo una mini-Opera da seguire con i visori di VR. L’Opera è andata in scena dal 21 maggio al 10 giugno scorsi, quando cominciavano a cadere le restrizioni. Era ad esempio consentito l’accesso agli spettatori, ma non più di quattro alla volta.

Un’idea transitoria destinata all’oblio una volta fuori dall’emergenza? Non esattamente.

Il virtuale dopo il Covid

Due caratteristiche dell’Opera andata in scena a Londra la proiettano nel futuro.

Intanto, grazie ai visori VR si è infranto l’antico meccanismo di una fruizione unicamente passiva della cultura operistica. E poi, più in generale, la tecnologia ha segnalato la possibilità di un nuovo modo di rapportarsi all’arte, che in futuro potrà benissimo coesistere con quello più tradizionale.

Nella medesima direzione si è mosso il Blue Note di Milano, il mitico locale jazz, che ha aperto ai concerti in streaming. Oppure il Museo del Cinema di Torino, che in occasione della sua riapertura, avvenuta lo scorso 19 maggio, ha inaugurato CineVR, una sala dedicata alle proiezioni in virtual reality.

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In quale direzione si va?

Quindi, finita l’emergenza da Coronavirus, in quale direzione si andrà?

Non è facile fare pronostici, ma immaginiamo che la voglia di muoversi e partecipare agli eventi porterà molti di noi a un certo ipercinetismo, per essere fisicamente presenti nei luoghi in cui le cose accadono davvero. Anche se, forse, la paura di nuovi contagi fungerà da contrappeso.

Ma la novità fondamentale è che adesso conosciamo tutti il mondo virtuale. Sappiamo come certe operazioni a portata di clic siano semplici, economiche e piacevoli.

Verrebbe da sottoscrivere il primo punto del Manifesto della comunicazione non ostile: Virtuale è reale.

O meglio: il virtuale è sempre più destinato ad accompagnare il reale, e oscilleremo sempre di più tra eventi online e in presenza. Magari ogni scelta dipenderà di volta in volta dalla voglia che avremo di socializzare. O, viceversa, di godere di uno spettacolo nell’impagabile solitudine della nostra casa.

Con buona pace degli psicologi che elencano tutti i mali di un isolamento dal mondo. Certo: nessuno pretende di vivere completamente al di fuori del consorzio umano. Eppure un recente studio dice che con lo smart working si produce persino di più. E, se è vero che non c’è niente di più appagante di una birra e due risate con gli amici, è pur sempre meglio un aperitivo in vidoechat che la solitudine cosmica.

Insomma, senza eccessi e senza cadere in tentazioni da sociopatici, sospettiamo che in futuro reale e virtuale saranno sempre più vicini e interscambiabili. E se c’è chi sta pensando di introdurre un chip nel cervello umano, non si esclude la possibilità che in futuro potranno arrivare a fondersi.

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