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Social fame. Adolescenza, social media e disturbi alimentari: la nostra recensione del libro

La nostra recensione del volume di Laura Della Ragione e Raffaela Vanzetta

Casualmente, questa recensione cade a poche ore dal Social media day, di cui vi abbiamo parlato in un articolo.

Nel quale facevamo un ragionamento semplice: i social media sono ormai intrecciati a filo doppio con le nostre esistenze, e probabilmente lo saranno sempre di più.

Demonizzarli, invocarne la chiusura o la censura equivarrebbe semplicemente ad adottare una posizione di retroguardia. Così come, al contrario, sarebbe ingenuo e superficiale negare le diverse e profonde insidie che si celano non tanto dietro le piattaforme social, quanto dietro un loro uso eccessivo e inconsapevole.

Un approccio lucidissimo all’utilizzo dei social, specie in relazione ai DAN (disturbi alimentari e della nutrizione) in età adolescenziale, è quello di Laura Della Ragione e Raffaela Vanzetta. Che hanno scritto Social fame (Il Pensiero Scientifico, marzo 2023), libro di cui ci occuperemo oggi.

social fame copertina

Social fame: le autrici

Il titolo gioca con intelligenza col vocabolo italiano fame e con l’omografo inglese, che significa fama, quindi desiderio di essere riconosciuti.

Il sottotitolo di Social fame spiega ancor meglio di cosa si occupa il volume: Adolescenza, social media e disturbi alimentari.

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A scriverlo sono state Laura Della Ragione e Raffaela Vanzetta. Dalla Ragione è psichiatra e psicoterapeuta, direttore UOC Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (USL 1 dell’Umbria). Vanzetta è psicoterapeuta, coordinatrice del centro di prevenzione dei disturbi alimentari INFES a Bolzano.

I social media e i problemi alimentari

Sin dalle battute iniziali, come dicevamo, Social fame ragiona sull’influenza dei social media nei giovani, e nel loro rapporto col cibo. Individuandone bene virtù e rischi: “Da una parte infatti c’è, nei cosiddetti ‘nativi digitali’, una dimestichezza, quasi una sensazione di padronanza della tecnologia ma, nello stesso tempo, si registra un’assenza di consapevolezza sull’impatto che questi mezzi hanno sulle loro emozioni, acuito dal fatto che spesso si ricorre ad essi anche come mediatori emotivi, per esprimere le proprie difficoltà e i propri stati d’animo” (p. XXI).

I disturbi alimentari

Il libro si apre con un dato sconcertante: secondo i dati dell’ultima rilevazione del ministero della Salute, in Italia soffrono di DAN oltre tre milioni di persone. I disturbi alimentari e della nutrizione sono la seconda causa di morte per i ragazzi dai 12 ai 17 anni, dopo gli incidenti stradali.

Alla base dei DAN ci sono una serie di variabili, da quelle psicofisiche a quelle socio-culturali.

Va da sé che tra queste si inserisce anche la tecnologia, e più nello specifico i social.

I disturbi alimentari e i social

I social possono essere una delle cause del problema in tre sensi. Intanto, perché amplificano “il ruolo esercitato dalla nostra cultura che associa la magrezza alla bellezza e al valore personale” (p. 5). Poi perché attraverso le piattaforme si possono diffondere in maniera capillare e rapidissima una serie di messaggi, e di dimostrazioni visive, di comportamenti negativi (pensiamo ad esempio alle pratiche di autolesionismo).

Infine, perché in Rete hanno libertà di parola dietologi e nutrizionisti spesso autoproclamatisi tali, che suggeriscono diete non di rado squilibrate, basandosi più sulla propria notorietà che su un solido curriculum di studi. Senza peraltro dimenticare che “modificare l’alimentazione di una persona ha strettamente a che fare con la salute, sia fisica che mentale. È quindi un atto altamente personalizzato e generalizzarlo po’ portare a grandi danni, su corpo e mente” (p. 56).

Dunque?

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L’educazione digitale

Le autrici di Social fame spendono diverse pagine per illustrare i mirabili vantaggi che ha portato con sé l’avvento di Internet e dei social media.

Il punto non è, dunque, vietare, ma assumere un atteggiamento consapevole nei confronti di queste nuove tecnologie. I genitori, oggi, sono una sorta di generazione anfibia: “spesso non nativi digitali, fanno fatica a interessarsi veramente a quel mondo e quindi a seguire i passi dei loro figli in internet e nei social. Oppure sono essi stessi spesso troppo presi dalle mille attrazioni dello smartphone” (p. 33).

Ecco allora che il compito primario di educare al digitale spetta alle scuole. Ma non solo a loro. Occorre un’educazione digitale continua: “L’educazione mediatica dovrebbe accompagnare la crescita dei giovani, guidandoli nelle scelte che mutano con il loro sviluppo e con il cambiamento dei loro interessi. È un compito sociale e non individuale. Al quale dovremo far fronte come società e collettività, dando delle regole, così come le diamo per tutto ciò che può costituire un pericolo nella crescita, dall’alcol al fumo, anche andando contro agli interessi economici di chi produce questi pericoli. Dobbiamo imparare e insegnare a controllare il fuoco senza rinunciare alle opportunità che ci regala” (ibid.)

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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