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Twitter, Elon Musk e la libertà di parola: che triangolo sarà?

La piattaforma è in mano al tycoon, che però giura di liberalizzarla

In un’epoca che offre sempre meno certezze granitiche, almeno una pare incontrovertibile. Elon Musk ha definitivamente acquistato Twitter.

Attraverso una serie di colpi di scena che hanno fatto dimenticare piuttosto in fretta lo schiaffo di Will Smith a Chris Rock, ecco che Elon Musk – come ha scritto parte della stampa – si è comprato la propria ossessione.

I dettagli dell’acquisizione, che vi abbiamo riportato altrove, parlano di una cifra di 44 miliardi di dollari, pari a 54,20 dollari per azione. La medesima cifra, peraltro, già offerta lo scorso 14 aprile.

Tralasciamo il balletto tra dichiarazioni d’amore e di chiusura, tra sì, no e forse, che ha preceduto l’accordo. E che mai sapremo quanto sia stato autentico e quanto solo un’abile messinscena per accrescere l’interesse attorno all’operazione.

Senza dubbio, tutti guarderanno ora a quale chimica scaturirà dall’incontro tra l’eccentrico miliardario di origine sudafricana e una delle piattaforme social più importanti e peculiari.

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Twitter, Elon Musk e la libertà di parola

C’è un aspetto che i media stanno analizzando con particolare interesse. Interesse scaturito non certo per caso, ma per una serie di dichiarazioni dello stesso Musk. A cui si associano alcune considerazioni che vedrebbero come paradossali gli aneliti democratici dell’uomo più ricco del mondo.

La questione è sintetizzabile con una sorta di triangolo che vede coinvolti Twitter, Elon Musk e la libertà di parola. Anche se alcuni media nostrani, presi in un evidente complesso di inferiorità per la lingua inglese, preferiscano dire free speech.

Questione, peraltro, tirata in ballo proprio da Elon Musk, e a cui abbiamo dedicato un altro articolo.

Musk garante della libertà di parola?

Nell’articolo appena citato osservavamo una serie di mosse del patron di Tesla che oggi, ad acquisizione di Twitter avvenuta, sembrano davvero preparatorie all’operazione.

Occorre anzitutto dire che Elon Musk è un frequentatore abituale di Twitter. Ebbene: negli ultimi mesi il miliardario si è avventurato in una serie di sondaggi, per i quali ha potuto contare sulla sua nutritissima base di follower (85 milioni).

E che sono andati tutti in una medesima direzione. Musk ha insomma domandato ai suoi seguaci se, per loro, Twitter garantisse sufficiente libertà di parola. Se i follower desiderassero un algoritmo di Twitter open source. E infine cosa ne pensassero di un eventuale pulsante “Modifica” relativo ai tweet (argomento minore ma sempre inerente a una eventuale maggior autonomia da parte degli utenti).

Una percentuale schiacciante, nemmeno a dirlo, ha dichiarato che Twitter non è abbastanza libero, che desidererebbe il pulsante “Modifica” e che bramerebbe l’algoritmo open source.

Infine, ecco un furbissimo tweet a poche ore dall’acquisizione di Twitter. In cui Elon Musk ha scritto: “Spero che anche i miei peggiori critici rimangano su Twitter, perché questo è ciò che significa libertà di parola.”

L’ossessione per la libertà

Il concetto è insomma chiaro: Twitter, nelle intenzioni di Elon Musk, dovrebbe diventare un social libero, orizzontale, plurale, all’insegna della libertà di parola e della centralità degli utenti.

Ne siamo sicuri? La ripetizione quasi ossessiva di un medesimo argomento, la libertà di parola, potrebbe significare due cose opposte: autentico amore per la causa, o volontà manipolatoria. Per cui si chiama in ballo un tema per poi svilupparlo secondo le proprie necessità.

È quello che sta pensando parte della stampa mondiale.

Libertà di parola. Ma per chi?

Intanto c’è chi dice che il Twitter di Elon Musk sarà lesto a riammettere Donald Trump (il quale ha però detto di preferire il suo Truth). E il fondatore Jack Dorsey si è fatto garante dell’operazione, citando i Radiohead: “Everything in its right place” (ogni cosa al suo posto).

Eppure, i più disincantati hanno forti dubbi su questa privatizzazione. I motivi sono almeno due: non più quotata in Borsa, l’azienda sarà libera dalle stringenti comunicazioni sui dati trimestrali.

E poi c’è lo stesso Elon Musk. Che in un tweet del 18 aprile aveva fatto sapere che, in caso di acquisto della piattaforma, la paga dei consiglieri di amministrazione sarebbe stata “zero”. Nonostante l’attuale ad Parag Agrawal ha comunque fatto sapere che a oggi non esistono piani di riduzione del personale.

Ma a preoccupare è soprattutto l’indirizzo che a Twitter potrebbe dare Elon Musk, noto per essere un accentratore di poteri. Che ne sarà, ci si chiede, degli sforzi della piattaforma per contrastare la disinformazione e l’incitazione all’odio? Fa riflettere, ad esempio, che in un tweet del 2020 lo stesso Musk avesse scritto che “i bambini sono essenzialmente immuni” dal Coronavirus.

Considerando infine l’eccentricità del personaggio, e la bizzarria di molti suoi interventi pubblici, resta una domanda. Sarà vera libertà di espressione per tutti, o Twitter diventerà un giocattolo in cui sarà essenzialmente il suo proprietario a esprimersi senza alcun vincolo?

Twitter: A Biography
  • Burgess, Jean (Autore)

L’Ue avverte Musk

L’Unione europea in queste ultime ore sembra davvero agguerrita nei confronti della tutela degli utenti social. È stato appena fatto un grosso passo avanti per quanto riguarda il Digital Services Act, che limita lo strapotere di Big Tech.

E ora l’Ue mette in guardia Elon Musk. “Qualunque sia la nuova partecipazione azionaria, Twitter dovrà adattarsi pienamente alle norme europee” ha detto il commissario europeo al Mercato interno, Thierry Breton.

Che ha aggiunto: “Diamo il benvenuto a tutti. Siamo aperti ma alle nostre condizioni. Almeno sappiamo cosa dirgli: Elon, ci sono delle regole. Siete i benvenuti ma queste sono le nostre regole. Non sono le tue regole che si applicheranno qui.”

Ovvero le nuove regole del Digital Services Act contro la diffusione dei contenuti illegali online.

Vedremo quanto sarà ligio l’uomo più ricco del mondo, che ha fumato marijuana in uno studio radiofonico, e che sogna di far vivere l’uomo su Marte (nonché di impiantargli nel cervello chip neuronali).

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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