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Twitter Files: cosa sono (e perché non convincono del tutto)

Sulla scorta dei Facebook Papers

Figurarsi se, nel suo narcisismo, Elon Musk avrebbe potuto sopportare l’idea di essere secondo a qualcuno.

Dunque, così come lo scorso anno i Facebook Papers hanno probabilmente segnato la fine dell’azienda Facebook, che da lì a poco sarebbe mutata in Meta, allo stesso modo ecco adesso spuntare i Twitter Files.

Ma, se con i Facebook Papers si era trattato di una fuga di notizie da parte di un’ex dipendente, Frances Haugen, amplificata poi dalla stampa, qui il discorso cambia. Perché è lo stesso proprietario dell’azienda a tirar fuori dal cilindro questi documenti.

Ricostruiamo l’intera vicenda. Scopriamo cioè cosa sono i Twitter Files. E vediamo perché, in questa presunta operazione di trasparenza, non tutti i conti sembrano tornare.

elon musk

Musk, la libertà di parola e i Twitter Files

Sull’ossessione per la libertà, Elon Musk ha twittato e ritwittato, indetto sondaggi sia prima che dopo l’acquisizione di Twitter.

Salvo poi, una volta insediatosi, dimostrare che il suo concetto di libertà somiglia in modo preoccupante all’assenza di moderazione e filtraggio dei contenuti.

Comunque, Musk sa bene di essere nel mirino. Per i licenziamenti massivi, perché il personale così ridotto non può più garantire una corretta moderazione dei contenuti, per la fuga di utenti e inserzionisti. Eccetera eccetera.

E come nella migliore tradizione dei romanzi spionistici, cosa fa un pezzo grosso messo alle strette? Passa all’attacco, mostrando attraverso documenti segreti che le cose non sono come tutti pensano. E che le proprie responsabilità sono meno pesanti di quanto sembrino.

Per farlo, ecco che Elon Musk ha mostrato al mondo (o meglio, ai suoi 120 milioni di follower) i Twitter Files.

Cosa sono i Twitter Files

Dunque, nella notte tra venerdì 2 e sabato 3 dicembre, Elon Musk ha pubblicato i Twitter Files.

Anzi, li ha fatti pubblicare dal podcaster e scrittore freelance Matthew Colin Taibbi, alias Matt Taibbi.

Si tratta di una serie di documenti segreti, soprattutto mail, che dimostrerebbero i legami tra i dirigenti di Twitter (sia chiaro: dell’epoca pre-Musk) con la politica americana.

Democratici e repubblicani, in eguale misura, avrebbero a più riprese interpellato il social, chiedendo la rimozione di contenuti in qualche modo scomodi o imbarazzanti.

Viene soprattutto messa in evidenza una richiesta che sarebbe stata avanzata dallo staff di Joe Biden il 24 ottobre 2020. Richiesta a cui ha fatto seguito una risposta da parte di Twitter: “Handled” (gestita).

Pubblicati a puntate, i Twitter Files nella loro prima uscita sono dedicati alla censura da parte di Twitter di un articolo del New York Post del 14 ottobre 2020, dove sono state pubblicate alcune mail compromettenti inviate a Hunter Biden, figlio del (futuro) presidente Joe.

Parla Musk, scrive Taibbi

Taibbi (suggerito, evidentemente, da Musk) scrive: “I Twitter Files raccontano una storia incredibile dall’interno di una delle piattaforme di social media più grandi e influenti al mondo.

È un racconto, degno di Frankenstein, di un meccanismo costruito dall’uomo e cresciuto a tal punto da sfuggire al controllo del suo progettista”.

E in un altro cinguettio: “Twitter ha adottato misure straordinarie per sopprimere la storia, rimuovendo collegamenti e pubblicando avvisi sul contenuto ‘non sicuro’. Ne hanno persino bloccato la trasmissione tramite messaggi diretti, uno strumento finora riservato a casi estremi, come ad esempio la condivisione di materiale pedopornografico”.

Cosa non torna nei Twitter Files

La tattica finto-autolesionistica di Musk è chiara (e dimostrerebbe anche il suo momento di fragilità). Il proprietario di Twitter ostenta tutte le falle e i limiti di ciò che ha ereditato, per chiarire il fatto che – a differenza del passato – ora ci sarà equidistanza e trasparenza.

Eppure, come scrivono i colleghi di Open, qualcosa non torna.

Dei due articoli del New York Post rimossi aveva già parlato l’ex capo di Twitter, Jack Dorsey. Inoltre, nei tweet di Taibbi non è specificato nulla dei contenuti rimossi. Rimane la vaga promessa che nelle prossime puntate saranno esibiti “migliaia di documenti interni ottenuti da Twitter”.

Tuttavia Twitter, nei confronti del New York Post, non aveva fatto altro che censurare due articoli che – attraverso prove tutto fuorché certe riguardanti il figlio di Biden – tentavano di mettere in cattiva luce il futuro presidente degli Stati Uniti.

La censura di contenuti provenienti da fonti non certe, peraltro, non era una novità per Twitter.

Dove starebbe, insomma, lo scandalo? Il presunto clamoroso scoop dei Twitter Files non è magari una mossa per stornare l’attenzione dalla finora disastrosa gestione del social da parte di Musk?

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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