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CinemaRecensioni

Anatomia di una caduta, thriller psicologico tra neve, sangue e segreti

Abbiamo visto il film di Justine Triet, Palma d’oro a Cannes

Abbiamo visto per voi Anatomia di una caduta, film di Justine Triet premiato al 76° Festival di Cannes con la Palma d’oro (e agli Oscar 2024 per la miglior sceneggiatura originale, scritta dalla regista con Arthur Harari).

Prima di parlarvi della pellicola, non possiamo non citare MUBI, la piattaforma di film d’essai che da venerdì 22 marzo ospita in esclusiva il film nel proprio catalogo. Se siamo sempre più d’accordo con Nanni Moretti, il quale insiste a dire che i film andrebbero visti al cinema, è pur vero che la piattaforma MUBI, tra recuperi del passato e nuove uscite, offre ai propri abbonati un’invidiabile scelta di titoli di grande qualità. Per cui sì, riempiamo le sale cinematografiche. E quando non possiamo, sappiamo dove ripiegare.

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Anatomia di una caduta: regista e attori

Anatomia di una caduta è il quarto lungometraggio di Justine Triet, uscito nel 2023 e, come detto, premiato a Cannes e con gli Oscar. Ma anche come miglior film straniero ai Golden Globe, e come miglior film agli European Film Awards.

Su MUBI, della stessa regista, sono disponibili anche La bataille de Solférino, il suo esordio del 2013, e Sybil, del 2019.

Curioso segnalare come La bataille de Solférino, che abbiamo visto, seppure sia un film un po’ sgangherato e irrisolto, contenga alcuni elementi che poi Triet saprà sviluppare con più equilibrio e maturità proprio in Anatomia di una caduta. La difficoltà di coniugare le esigenze private con quelle di coppia, ad esempio, e la volontà di presentare personaggi femminili finalmente emancipati e autonomi, che neppure disdegnano atteggiamenti egoistici o improntati a un certo cinismo.

Personifica queste caratteristiche, in Anatomia di una caduta, una poderosa (e misurata) Sandra Hüller, non a caso tra le candidate agli Oscar come miglior attrice protagonista. Spiccano nel cast anche Swann Arlaud, l’umanissimo avvocato difensore Vincent Renzi, e Antoine Reinartz nel ruolo dello spietato Pubblico Ministero.

La trama

Sandra è una scrittrice tedesca che vive in uno chalet delle Alpi francesi con il marito Samuel e il figlio undicenne Daniel, ipovedente.

Nelle scene iniziali, Sandra deve rinunciare a rilasciare un’intervista a una studentessa universitaria, perché il marito – che sta lavorando per isolare la soffitta – accende lo stereo a tutto volume, impedendo di proposito il dialogo tra le due donne.

Poche ore dopo Daniel, di ritorno da una passeggiata con il cane Snoop, trova il padre morto nella neve, appena fuori dallo chalet. È precipitato dalla soffitta o qualcuno lo ha fatto cadere? La profonda ferita alla tempia non chiarisce il dubbio.

Inizia così un lungo e logorante processo (logorante anche per Daniel, che assiste a ogni dibattimento: ma siamo sicuri che la legge lo consenta?), in cui il Pubblico Ministero, e con lui l’opinione pubblica, almeno all’inizio non ha dubbi nel ritenere Sandra colpevole di omicidio.

Come è morto, dunque, Samuel? Ucciso dalla moglie e suicida?

Il processo come espediente

Naturalmente ci guardiamo dal dirvelo. Anche perché in Anatomia di una caduta i fitti interventi dell’accusa, della difesa e dei testimoni sono un pretesto, per scavare nel rapporto tormentato della coppia, che si scoprirà essere governato da una sempre più ingombrante incomunicabilità.

Il “dispetto sonoro” di Samuel, cui accennavamo, è solo uno dei possibili esempi. Un altro è dato dal fatto che Sandra, tedesca, in famiglia parla inglese (una sorta di lingua franca scelta assieme a Samuel), ma al processo è tenuta a esprimersi in francese, pur non maneggiandolo con disinvoltura.

Individuo, coppia, famiglia

Anatomia di una caduta, dicevamo, ci mostra una donna autonoma e quasi anaffettiva, che con grande difficoltà ha cercato di coniugare le proprie esigenze personali con quelle di coppia e quelle familiari.

La sensazione, tuttavia, è che la sintonia tra Sandra e Samuel non sia mai sbocciata. In tribunale verranno rivelati litigi anche violenti, e Sandra arriverà a saccheggiare un’idea narrativa del marito (aspirante scrittore anch’egli), poi confluita in un libro pubblicato dalla donna.

La bataille de Solférino
  • Laetitia Dosch, Vincent Macaigne (Attori)
  • Justine Triet (Direttore)

Pregi e limiti del film

La sceneggiatura robusta e le ottime prove degli attori, assieme alla curiosità del pubblico verso un processo dall’esito imprevedibile sino all’ultimo, fanno trascorrere senza sbadigli i 150 minuti del film. E non è poca cosa.

Eppure, sotto questa mirabile architettura, non siamo sicuri che resti molto. Si è parlato di film femminista, ma perché? Forse perché una testimone (la studentessa universitaria della mancata intervista) chiede di non essere chiamata signorina perché non vuole farsi identificare col suo stato civile? O perché il personaggio di Sandra mostra con coraggio la propria ruvida personalità e l’incapacità di affidare alla vita di coppia la realizzazione di sé?

Neppure sembra troppo originale, in fondo, il modo in cui si mostra allo spettatore una famiglia in crisi: c’era riuscito in modo più incisivo e cordiale, nel 1996, Mike Leigh, con quello straordinario film che è Segreti e bugie.

Infine, è fin troppo chiaro il parallelismo tra noi – spettatori ignari della colpevolezza o meno di Sandra, dunque ipovedenti – e Daniel, protagonista suo malgrado dell’iter processuale.

Ecco: Anatomia di una caduta ci è parso un film assai consapevole, pieno di stimoli intellettuali, ma un po’ troppo vuoto di vita. Un film, per scomodare una formula trita e ritrita, girato certamente con tanta intelligenza ma con poco cuore.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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