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Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto, restiamo nel 1999 con l'opera prima di Sofia Coppola.

Cronaca di un’ossessione, giallo senza assassino, amara riflessione sulla solitudine e sull’incomunicabilità, severa critica all’educazione autoritaria, repressiva e bigotta. C’è questo e molto altro ne Il giardino delle vergini suicide, folgorante opera prima della figlia d’arte Sofia Coppola tratta dal romanzo di Jeffrey Eugenides Le vergini suicide. Dopo le criticate parentesi accanto al padre Francis Ford Coppola come sceneggiatrice (suo lo script del segmento Life without Zoe di New York Stories) e come attrice (in particolare nel ruolo di Mary Corleone ne Il padrino – Parte III), ad appena 27 anni la regista firma un’opera di sorprendente maturità, che fin dai primi minuti gioca con le aspettative e con le sicurezze dello spettatore, abbassando lentamente il velo di finta perfezione che ricopre la borghesia.

Dopo The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair, per il nuovo appuntamento con la nostra rubrica Il filo nascosto restiamo nel 1999 per un altro film di fine secolo che al tempo stesso chiude e riapre un genere. In questo caso non ci riferiamo all’horror rivitalizzato da Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez, ma al racconto di formazione che negli anni precedenti ha vissuto sia pagine leggere e smaliziate come quelle di John Hughes, sia momenti particolarmente cupi e malinconici, fra i quali merita sicuramente una menzione Stand by Me – Ricordo di un’estate. Anime che convivono all’interno de Il giardino delle vergini suicide, enigma di cui sappiamo la soluzione fin dal titolo (ribadita dalla voce narrante nei primi minuti) ma capace comunque di avvolgerci in una spirale di vitalità, tristezza e incomunicabilità.

Il giardino delle vergini suicide: incomunicabilità e solitudine nell’opera prima di Sofia Coppola

Il giardino delle vergini suicide 2

Al centro della vicenda ci sono le 5 sorelle Lisbon: Therese (Leslie Hayman), Mary (A. J. Cook), Bonnie (Chelse Swain), Lux (Kirsten Dunst) e Cecilia (Hanna R. Hall). Cresciute con una rigidissima educazione religiosa, nella periferia di Detroit del 1974 le ragazze vivono un’esistenza in bilico fra divieti e pulsioni adolescenziali, sotto il severo sguardo del padre (James Woods) e soprattutto della madre (Kathleen Turner). Fra i pochi realmente interessati a loro ci sono i ragazzi del vicinato, ammaliati dal loro fascino ma anche tubati dalle restrizioni a cui devono sottostare le coetanee. In questo contesto particolarmente complesso e sfaccettato, il primo tentativo di suicidio di Cecilia (la più giovane delle sorelle) innesca la catena di eventi che conduce a uno struggente e doloroso finale.

Con il tatto e il gusto per l’estetica che contraddistinguono anche le sue opere successive (pensiamo a Lost in Translation – L’amore tradotto), Sofia Coppola realizza un’opera rarefatta e ai limiti dell’onirico, in cui convivono stati d’animo discordanti, risvegli vitali e lugubri suggestioni. Le sorelle Lisbon sono il simbolo di un’umanità fragile e sensibile, del tutto estranea al mondo che la circonda e proprio per questo condannata a morte. Un presagio sprigionato dai candidi vestiti indossati dalle ragazze (evidente rimando stilistico a Picnic ad Hanging Rock), dalla desolazione della loro vita casalinga da inconsapevoli prigioniere e da una misteriosa malattia che attacca gli alberi della città, in un parallelo con l’emergenza dei suicidi giovanili al centro dei principali approfondimenti mediatici.

Un quadro umano raggelante

Il giardino delle vergini suicide 3

In questo quadro umano ed emotivo raggelante, Sofia Coppola tratteggia sia i più profondi abissi della società americana dell’epoca, sia attimi di dirompente umanità, che se possibile aumentano l’amarezza per la triste parabola delle sorelle. Già dai primi minuti, Il giardino delle vergini suicide evidenzia la fascinazione per la morte delle protagoniste, mostrando prima un tentato suicidio di Cecilia (la più giovane delle sorelle) e a breve distanza il tentativo purtroppo riuscito di togliersi la vita da parte di quest’ultima, che emblematicamente arriva proprio durante una festa casalinga organizzata goffamente dai retrogradi genitori, invitati dagli assistenti sociali a concedere una maggiore socializzazione alle ragazze.

Questo evento evidenzia il cortocircuito interno alla famiglia Lisbon, con i genitori più interessati all’apparenza che alla devastante portata della tragedia e le sorelle superstiti che al ritorno a scuola non si dimostrano particolarmente scosse per l’accaduto. Al di là di ciò che viene percepito dall’esterno, il malessere e il disagio si annidano però sempre più all’interno di questo nucleo familiare, scavando solchi sempre più profondi e pericolosi. A contrastare l’empatia delle sorelle Lisbon e i sinistri atteggiamenti degli iperprotettivi genitori (memorabili le prove in sottrazione di James Woods e Kathleen Turner), c’è la controparte giovanile maschile, fotografata da Sofia Coppola con una miscela di inesperienza, imbranataggine e maldestra attrazione per le protagoniste.

Mentre i giovani del vicinato cercano bizzarri modi per avvicinarsi alle Lisbon e per eludere le rigide regole dei genitori, è l’affascinante Trip Fontaine (Josh Hartnett) a scavare una breccia nella famiglia, e più precisamente nel cuore di Lux.

Il finale de Il giardino delle vergini suicide

Il giardino delle vergini suicide 4

Il giardino delle vergini suicide prende quindi la strada del teen movie, con un immancabile ballo scolastico a simboleggiare speranze infrante e una netta frattura nel destino delle protagoniste, proprio come accade a Carrie White nel capolavoro letterario di Stephen King e nell’adattamento di Brian De Palma Carrie – Lo sguardo di Satana. La prima notte di amore di Lux finisce nel peggiore dei modi, cioè con un abbandono da parte di Trip e con un conseguente totale isolamento imposto dalla madre alla ragazze, a cui fa seguito una lunga serie di privazioni, che comprende scuola, telefono e dischi di musica rock. Private letteralmente della vita, alle sorelle non resta quindi che un’agghiacciante morte collettiva, che arriva proprio pochi attimi prima di una nuova possibile fuga dalle regole in compagnia dei ragazzi del quartiere.

Un epilogo prevedibile ma comunque raggelante, che chiude nel peggiore dei modi un puzzle impossibile da risolvere, che anche a distanza di anni sfugge alla comprensione dei superstiti. È questo il caso dei ragazzi del quartiere, che si dichiarano più volte incapaci di capire pienamente il dramma delle sorelle, e dello stesso Trip, che in brevi flashforward ritroviamo in terapia e con la sua bellezza giovanile ormai irrimediabilmente sfiorita. Il giardino delle vergini suicide si dirige quindi verso un secondo finale dalle sfumature apocalittiche, meno riuscito del precedente ma capace comunque di trasmettere la ciclicità del disagio giovanile: mentre l’aria è sempre più irrespirabile e la casa Lisbon versa nel più totale abbandono, una nuova giovane si affaccia in società, prendendo simbolicamente il posto delle sfortunate sorelle.

Il giardino delle vergini suicide: il folgorante esordio di Sofia Coppola

Il giardino delle vergini suicide 5

Allo spettatore non resta che meditare su questo doloroso connubio fra amore e morte, sull’eterna lotta fra passione e repressione e sull’orrore capace di celarsi anche all’interno della famiglie apparentemente più serene e devote. Un’opera fondata sulla mancanza di comunicazione e comprensione ed esaltata da un’insistita ricerca stilistica ed estetica, con il continuo ricorso a giochi di luce, sovrapposizioni e riflessi, volto a trasmettere lo stato di sospensione dalla realtà delle protagoniste. La prima prova di una grande autrice, capace di addentrarsi fra le pieghe dell’abbandono, della solitudine e del desiderio soffocato, regalandoci momenti di abbagliante vitalità e di avvolgente malinconia.

Il giardino delle vergini suicide 6

«Scoprimmo che le ragazze sapevano tutto di noi e che noi non potevamo capirle affatto. Cercammo di dimenticarle, ma ovviamente era impossibile».

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

Il giardino delle vergini suicide
  • vari (Attore)
  • vari (Direttore)
  • Audience Rating: G (audience generale)

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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