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Auto ad idrogeno: i segreti dell’atomo | Auto for Dummies

cosa sono, come funzionano e perché non inquinano

Quando si parla di auto ad idrogeno molti storcono il naso pensando ad una tecnologia del futuro, irrealizzabile al momento e non in grado di sostituire gli efficienti ed inquinanti combustibili fossili. L’unica grande verità sull’idrogeno è la disinformazione: i dettagli su produzione ed utilizzo possono risultare complicati e questa oscura tecnologia passa in secondo piano lasciando spazio a dubbi e scetticismo.

Grazie a questo articolo Auto for Dummies conoscerete come l’idrogeno rappresenta il combustibile del futuro automotive e di come esso si stia sviluppando sul mercato.

descrizione dell’atomo di idrogeno

Chimica e tecnologia dell’idrogeno

Partiamo dalle basi: per conoscere il funzionamento di un’auto ad idrogeno dobbiamo prima “fare amicizia” con questo misterioso elemento chimico. L’idrogeno rappresenta, tra i vari elementi della tavola periodica, il più abbondante sulla Terra e nell’universo; tale peculiarità rende questo elemento estremamente appetibile vista la quantità sostanzialmente illimitata.

L’atomo di idrogeno “H” (dall’inglese hydrogen) è naturalmente presente a pressione atmosferica e temperatura ambiente (25 °C) sotto forma di gas. È possibile, aumentando la pressione o diminuendo la temperatura, ottenere idrogeno liquido più “concentrato”; tuttavia sono necessarie grandi quantità di energia per raffreddarlo abbastanza.

Un’altra fondamentale peculiarità dell’idrogeno è il fatto di trovarsi, a meno di situazioni particolari, in forma molecolare (due atomi di idrogeno uniti) o legato ad altri atomi. Per semplificare la situazione, immaginate che un singolo atomo di idrogeno non sia contento di rimanere da solo e, per una sorta di infelicità chimica, cerchi altri partner a cui legarsi.

struttura molecola di metano

Questione di affinità

Per sua fortuna l’idrogeno è un elemento molto piccolo ed in grado di fare amicizia facilmente, per questo motivo lo troviamo legato ad altri atomi di idrogeno, ossigeno o carbonio formando idrogeno molecolare (H2), acqua (H2O) o metano (CH4). Questi insiemi di atomi, meglio definiti come molecole, risultano stabili e felicemente legati fino a quando una causa esterna, descrivibile come un “divorzio chimico“, decide di separarli.

Nonostante il legame dell’idrogeno con gli altri elementi possa sembrare quasi romantico, è proprio la rottura di questa unione a fornire energia ai propulsori del futuro. Non è però questa la novità dell’idrogeno: anche gasolio e benzina generano energia alla rottura dei loro legami chimici – per inciso, anche i combustibili fossili trovano atomi di idrogeno all’interno delle loro molecole.

A differenza dei classici combustibili, l’idrogeno è capace di rompere i suoi legami senza generare prodotti di combustioni diversi dall’acqua. La combustione di idrocarburi classici ha infatti lo svantaggio di produrre anche anidride carbonica (CO2) e centinaia di altri componenti derivati dagli additivi utilizzati.

Bruciando idrogeno abbiamo invece una produzione energetica con la sola acqua come prodotto di reazione. Sembra tutto fantastico ma perché utilizziamo ancora carbone, benzina e metano per produrre energia? La risposta è semplice: la stessa energia che due atomi di idrogeno liberano quando si separano è la stessa che occorre per unirli.

La “facilità” dei combustibili fossili

Ovviamente i dettagli chimici da considerare sono notevoli ma, per semplicità, ci basta considerare uno dei princìpi cardini di fisica e chimica: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Tornando alla nostra domanda, anche il petrolio, prima della sua distillazione nei vari combustibili, ha assorbito energia per trovarsi nella forma in cui lo conosciamo oggi. Questa trasformazione è però stata gestita da madre natura che, gratuitamente, ha fatto fare amicizia ai vari atomi costruendo nel corso di milioni di anni le fonti fossili che tutti noi conosciamo.

credit: it.freepik.com

L’idrogeno invece risulta utile ai nostri scopi nella forma molecolare H2, non presente in natura (almeno sulla Terra). Occorre infatti prendere sostanze come metano, acqua o ammoniaca e, tramite particolari processi ad alto costo energetico (e quindi economico), estrarre l’idrogeno nella sua forma “accoppiata”. Questo è il primo grande svantaggio dell’idrogeno: è più costoso da produrre, oggi e nella sua forma utile, rispetto ai combustibili tradizionali.

Un altro vantaggio di questi ultimi è il fatto di essere presenti in forma liquida a temperatura e pressione ambiente; tutto ciò rende molto facile il trasporto e l’immagazzinamento in sicurezza considerando anche che queste molecole sono relativamente stabili. L’idrogeno, al contrario, è un atomo piccolissimo e fuggente ed un qualsiasi tipo di serbatoio, ad esempio quello di un’automobile, deve soddisfare particolari specifiche per contenere questo combustibile.

Considerando poi l’altissima infiammabilità di questo gas, è necessario adottare serbatoi robusti e pesanti in grado di stoccare ad alte pressioni e basse temperature l’idrogeno; il tutto a prova di crash test.

credit: lifegate.it

Problemi e soluzioni

Ipotizzando ora di trovare un modo economico e non inquinante per produrre idrogeno molecolare, ad esempio tramite elettrolisi dell’acqua utilizzando energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, liquefarlo per aumentare la sua densità energetica (tramite compressione o raffreddamento, altri processi altamente energivori), trasportarlo in sicurezza attraverso opportune reti di distribuzione e stoccarlo efficacemente all’interno dei veicoli, rimane il problema dell’effettiva produzione di potenza da questo combustibile.

Il più semplice modo di utilizzare l’idrogeno stoccato in un serbatoio è quello di brucialo, esattamente come in un propulsore a benzina. Questa tecnologia, definita come HICEV (hydrogen internal combustion engine vehicle), sembra semplice ed immediata ma in realtà offre più complicazioni che vantaggi. Un propulsore studiato per bruciare idrogeno puro (ad altissima temperatura di combustione), stoccato a pressioni notevoli in forma liquida, crea difficoltà tecniche in grado di rendere estremamente anti economico il prodotto finale.

credit: lifegate.it

Una soluzione a questo problema è rappresentata dalle fuel cell (cella a combustibile). Queste sorta di batterie sono dispositivi in grado di generare elettricità a partire da idrogeno ed ossigeno (presente nell’aria aspirata dal propulsore) senza far avvenire nessun processo di combustione termica.

L’efficienza ed il rendimento di questa tecnologia, denominata FICEV, sono altissimi rispetto al massimo 50% dei motori termici ordinari. L’utilizzo delle fuel cell ad idrogeno potrebbe rappresentare un’ottima alternativa al carburante utilizzato dalle moderne auto ibride. Prossimamente Auto for Dummies vi fornirà un approfondimento sulle fuel cell e sulla loro applicazione al mondo automotive.

 

 

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Federico Marino

Amante dei motori, specie quelli grossi e rumorosi, appassionato di tecnologia e di tutto ciò che è scientifico e innovativo. Studente in ingegneria energetica, tento di sopravvivere al caos della Grande Milano con una piccola reflex, rock 'n 'roll sempre in cuffia e tanti buoni propositi!

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