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Le 5 auto copiate cinesi (e non solo) più clamorose di sempre | Auto for Dummies

Bentornati ad Auto for Dummies, la rubrica che scoperchia il Vaso di Pandora dei segreti del mondo dell’auto. La settimana scorsa vi abbiamo parlato di auto cloni, le copie di modelli di successo che cercano di brillare della luce riflessa delle automobili da cui prendono ispirazione. Oggi andiamo un passo avanti, con le 5 copie di auto cinesi (e non solo) più clamorose degli ultimi anni. Pronti a rimanere a bocca aperta?

Martin Motors Bubble, per i cinesi le copie dell’auto più piccola, la Smart

Partiamo subito col botto nel nostro viaggio tra le copie di auto cinesi con l’unica auto di questa lista venduta anche in Italia, la Martin Motors Bubble. Nata come Shuanghuan Noble (un nome che abbiamo citato la scorsa volta, con la CEO copia della BMW X5…), come potete intuire dal titolo la Bubble era una vera e propria copia-carbone della Smart fortwo, precisamente del restyling della prima serie.

auto copie cinesi Bubble

Se da davanti la somiglianza non è così importante, è il posteriore a suscitare le maggiori critiche in Occidente: è semplicemente identico a quello di Smart fortwo. La piccola Bubble è stata prodotta in Cina dal 2007 al 2012, proprio quando la prima serie di Smart era stata sostituita. In Cina, nessun problema: la copia era di un modello più vecchio, quindi non era una copia diretta di un modello ancora in produzione. I problemi arrivarono quando la Martin Motors, azienda italiana che portava in Italia i modelli Shuanghuan, decise di presentare la Bubble al Motor Show di Bologna del 2007. “Assolutamente no”, tuonò Mercedes-Benz, titolare del brand Smart, tanto da richiedere e ottenere in Cassazione il divieto di presentazione e di vendita del modello.

auto copie cinesi bubble lateralw

Martin Motors però non si diede per vinta, e dopo una causa vinta in Grecia andò sul sicuro aggiungendo alla sua Bubble… una ruota di scorta posteriore. No, davvero. Per distinguerla dalla Smart, Martin Motors installava un sostegno di metallo con una ruota di scorta esterna, come su un fuoristrada. Una soluzione apparentemente folle, ma che le permise di distinguersi abbastanza dalla Smart originale. Come potrete immaginare, però, le somiglianze tra la Bubble e la Smart erano solo estetiche. L’interno, seppur riprendendo l’andamento centrale della plancia e delle bocchette di Smart fortwo, era spartano e realizzato con materiali di scarsa qualità.

Auto copie cinesi bubble posteriore

Il motore poi non era posteriore, e anche il telaio non era il geniale Tridion di Smart. Si trattava invece della piattaforma accorciata della Suzuki Alto, prodotta in India, con motore e trazione anteriore. Il motore poi era il 1.1 4 cilindri a benzina/GPL da 60 CV della Suzuki WagonR+, e il cambio era manuale a 5 marce. La grande differenza poi era la presenza di quattro posti. Nonostante Martin Motors Bubble fosse lunga solo 27 cm più della Smart fortwo, superando di pochissimo i 3 metri (arrivava però a 3,27m con la ruota di scorta…), offriva 4 posti. Dietro c’era anche un sorprendente quantitativo di spazio, con la possibilità di ospitare anche adulti fino al metro e 70. Il bagagliaio, però, era inesistente con 4 persone a bordo.

Auto copie cinesi bubble interni

Per avere un minimo di carico, era necessario abbattere almeno un sedile, e per arrivare al bagagliaio la sequenza è tragicomica. Per accedere al vano di carico, era necessario spegnere l’auto, prendere la chiave di accensione e sbloccare con essa la barra di metallo esterna che regge la ruota di scorta. Una volta fatto, era poi necessario aprire questa enorme barra (con tanto piacere di chi è parcheggiato dietro di voi) e poi aprire il bagagliaio in due step, proprio come quello della Smart. Tutta questa fatica per poi scoprire che lo spazio con 4 persone a bordo era ridotto a zero, e che per caricare altro era necessario abbattere almeno uno dei due sedili. Non sorprende scoprire che non fu proprio un successo di vendite. Nonostante il prezzo di 10.500 euro (comprendente l’impianto GPL), la vendita durò solo due anni, dal 2010 al 2012, senza avere eredi.

Lifan 320, la copia (malriuscita…) di MINI

Sfortunatamente, le auto presenti sul mercato italiano finiscono qui. Questo però non vuol dire che il tasso di imbarazzo di queste auto copie cinesi non cresca più, anzi. Il secondo modello di oggi è una sorpresa sotto molti punti di vista: la Lifan 320.

auto copie cinesi Lifan 320

Questa utilitaria compatta a 5 porte è prodotta dalla Lifan, una delle Case cinesi più popolari sul mercato della Repubblica Popolare. Lifan in realtà è nata solo 30 anni fa, nel 1992, come produttrice di motociclette, un mercato dove è ancora leader in Cina grazie ai suoi modelli Hongda. No, non è un errore di battitura. Lifan ha prodotto per anni copie dei modelli Honda più popolari, chiamandole… Hongda. Non sorprende quindi scoprire che anche nella produzione automobilistica non siano stati più originali.

auto copie cinesi Lifan 320 1

Dopo le prime berline classiche e poco emozionanti, Lifan si è lanciata sul mercato delle compatte, con la nascita della 320. Si, sappiamo cosa state pensando: è la copia malriuscita di una MINI prima serie R50, di cui tra l’altro abbiamo realizzato un AnniversAuto pochi giorni fa. I rimandi alla MINI sono molti, a partire dal frontale con i fari tondi ma con una strana protuberanza in basso, la mascherina che ricorda quella della celebre Cooper fino al parabrezza verticale e ai montanti neri che rendono il tetto, squadrato e verniciato a contrasto, visivamente sospeso. Anche dietro il look di MINI è ripreso con i fari, squadrati e con un disegno simile a quello dell’inglese, e il lunotto squadrato.

auto copie cinesi lifan 320 posteriore1

Dentro, invece, il rimando a MINI più chiaro è il volante a due razze, di chiara ispirazione inglese. A parte le 5 porte, sembra, citando Jeremy Clarkson di Top Gear, “che qualcuno abbia descritto una MINI al telefono e la persona dall’altro capo l’abbia disegnata seguendo quelle indicazioni.” Una vera e propria tragedia. E pensare che la Lifan 320 è anche stata venduta in Russia, come Lifan Smily, e in America Latina, dove è stato scoperto il suo vero problema: la sicurezza.

Nei test della LatinNCAP, molto meno severi di quelli europei, la Lifan 320 ha totalizzato ben 0 stelle su 5. L’ente sudamericano ha descritto come “incredibilmente improbabile” la possibilità di uscire vivi da un incidente su una di queste auto. Rassicurante, no? Il telaio di questa MINI fake è lo stesso della più grande 520, ma accorciato e reso più “carino”. L’esperienza di guida non sarà quindi così gioiosa e divertente come sulla MINI originale, ma in realtà una cosa in comune c’è: il motore. Sotto al cofano della Lifan 320 c’è infatti un 1.3 da circa 90 CV, derivato dal 1.6 da 116 CV della Lifan 520. E sapete che motore è quel 1.6? Proprio lui, il Tritec sviluppato da Chrysler e Rover per la MINI prima serie. Almeno una cosa in comune ce l’hanno alla fine.

Auto copie cinesi Lifan 330

La Lifan 320 è ancora in produzione oggi, ma al suo fianco c’è una versione “totalmente nuova”, la Lifan 330. La meccanica è la stessa della 320, e all’interno è comparso una radio tonda centrale, proprio come quella della nuova MINI F56. Fuori però, se il posteriore è rimasto pressochè identico, il frontale è cambiato molto. Dall’essere simile a quello di MINI, ora riprende i fari tondi e la mascherina “a baffo”… della FIAT 500L. Ora sembra il frutto indesiderato di una notte d’amore tra una MINI e una 500L… Per fortuna non la vedremo mai (o quasi) sulle strade europee.

Mahindra Thar, un Jeep Wrangler al garam masala

Contro ogni pronostico, è il momento di uscire dai quasi 10 milioni di km2 cinesi, perché anche lontani dalla Grande Muraglia abbiamo i nostri “falsari” di fiducia. Dove? In un altro Paese da oltre un miliardo di abitanti: l’India. Nonostante alle nostre latitudini i marchi indiani siano “roba” per pochi, a livello di numeri le Case indiane stanno riscuotendo un successo sempre maggiore. La Tata ha avuto un suo momento di popolarità con la piccola utilitaria Indica, diffusasi anche in Italia (grazie anche ai motori di origine FIAT), e oggi produce SUV e crossover molto robusti e resistenti.

Al top delle vendite però c’è un brand che conosciamo bene anche in Italia, Suzuki. Nonostante infatti sia a tutti gli effetti un’azienda giapponese, fin dagli anni ’80, produce i suoi modelli in India con il nome di Maruti-Suzuki. Oltre ad auto vendute anche in Europa come la Swift, la Alto o la Baleno, Maruti Suzuki produce modelli specifici per il mercato indiano, risultando negli ultimi anni la Casa con le maggiori vendite nel Paese.

auto copie cinesi Mahindra XUV 500

Ma non ci siamo dimenticati del brand forse più noto in Italia, Mahindra. Da sempre specializzato in fuoristrada e 4×4 duri e puri, con pick-up robusti e SUV con telaio a longheroni e tanta affidabilità, Mahindra sta iniziando un processo di modernizzazione. Partito con l’acquisizione di Pininfarina e con l’approdo in Formula E, Mahindra sta cercando di diventare una Casa moderna e multinazionale, ma senza dimenticare le proprie origini.

Auto copie cinesi Mahindra Thar

Per chi non lo sapesse, infatti, la Mahindra&Mahindra è nata nel 1947 come produttrice su licenza delle Willys CJ, la prima versione di ciò che poi è diventato noto come Jeep. Mahindra infatti costruiva su licenza in India il Jeep CJ, ciò che oggi è diventato il Wrangler, cominciando dagli anni ’50 fino ai giorni nostri. Mahindra ha infatti prodotto il vecchio Jeep CJ7, uscito di produzione negli anni ’80, fino al 2010 con diversi nomi, come MM620 o Thar, vendendolo con discontinuità anche in Italia. Dal 2010, però, la licenza è scaduta, lasciando la libertà a Mahindra di vendere il proprio Thar solamente in India e in alcuni mercati selezionati. Nonostante Mahindra infatti avesse ormai cominciato a produrre il Thar con diverse modifiche dal progetto originale, motori diversi e componenti made in India, il design era pressochè identico a quello delle classiche Jeep degli anni ’70 e ’80.

Mahindra Thar1

Con l’arrivo di più stringenti norme sulla sicurezza e sulle emissioni, però, il vecchio Thar (venduto per qualche tempo anche in Europa) doveva andare in pensione. Mahindra ha persino provato a riproporre il suo Thar in America, producendolo in Kit negli States, come veicolo non omologato per la strada da usare fuoristrada, e chiamandolo Roxor. Dopo qualche anno di disputa con FCA, dal 2022 Mahindra sarà libera di vendere il suo Roxor in America e Canada, ma non è andata altrettanto bene al nuovo Thar. Nel 2020, infatti, Mahindra ha rivisto totalmente il suo fuoristrada di punta, che per la prima volta si distacca totalmente dal design del Jeep Willys degli anni ’50.

Auto copie cinesi Mahindra Thar 2

Il problema è che questo nuovo Thar è incredibilmente simile al Jeep Wrangler di penultima generazione, il JK, prodotto tra il 2007 e il 2018, mentre il posteriore è identico al nuovo Wrangler, il JL, prodotto dal 2019. Sulla carta, il nuovo Thar usa un telaio tutto nuovo, due motori inediti made in Mahindra (un 2.0 benzina e il 2.2 turbodiesel) ed è parecchio più piccolo, con meno di 4 metri di lunghezza. Una specie di rivale di Jimny ma identico a Wrangler, in pratica. Il Thar è stato presentato in India il 15 agosto dell’anno scorso, Giorno d’Indipendenza in India. Da allora, questo fuoristrada è stato venduto con successo in India, sotto un mal celato fastidio da parte di FCA, oggi Stellantis.

Auto copie cinesi Mahindra Thar interni

Se quindi in India è “tollerata” la sua presenza, quando Mahindra ha sondato il terreno dichiarando l’intenzione di portare il Thar in Australia, Jeep è passata al contrattacco. Il problema è molto fresco, in quanto la dichiarazione sul sito australiano di Mahindra dell’arrivo imminente di Thar tra i canguri è avvenuto all’inizio dell’anno. Questo però non ha fermato Jeep, che ha fatto causa a Mahindra per violazione di copyright e plagio. Per la vittoria del Roxor in America, Mahindra sembra vicina a dover confinare il suo Thar alla sola India. Sarà così? Noi speriamo di no, perchè grazie alle sue dimensioni compatte, alla robustezza e all’estetica (seppur “ispirata”) piacevole questo Thar potrebbe avere successo anche in Italia…

Zotye SR9, tra le auto copie cinesi lei si ispira in tutto Porsche Macan

Dopo questo piccolo viaggio in India, dal curry torniamo ai bao e alla nostra amata Cina, per quello che è forse tra le copie cinesi di auto europee la più clamorosa e, paradossalmente, la più venduta. Stiamo parlando di Zotye SR9. Il nome può non dirvi molto, ma come potete vedere dalla copertina altro non è che la copia esatta della Porsche Macan. Si, avete sentito bene: in Cina si può comprare un’auto simile in tutto e per tutto alla Macan ad un quarto del prezzo. Se infatti Macan in Cina parte da oltre 70.000 euro, si può avere una SR9 a circa 14.000. Ma cosa si nasconde dietro a questa estetica pressochè identica?

Auto copie cinesi Zotye SR9 frontale

Ovviamente, la meccanica non è minimamente paragonabile alla Porsche. Zotye SR9 è più lunga di Macan, arrivando a circa 4,77 metri, e il telaio non ha le capacità dinamiche della Porsche e i motori non sono potenti come quelli tedeschi. Sotto al cofano però non c’è la fiacchezza che ci si potrebbe aspettare. Alla base della gamma c’è un 1.5 turbo-benzina da circa 150 CV. Al top della gamma invece c’è il mitico motore Mitsubishi MIVEC 4G63 2.0 turbo benzina da 190 CV, lo stesso (depotenziato) della Lancer Evo. Nel 2019 è arrivata persino una versione ibrida plug-in, la HEV, con ben 190 CV.

Auto cloni cinesi Porsche Macan

Ma come fa a costare così poco? Semplice: in Zotye hanno risparmiato sul design, copiando spudoratamente da Macan. Il frontale è davvero una goccia d’acqua: identici gli specchietti, i passaruota, il cofano e il paraurti. La mascherina è ovviamente diversa, e non c’è il logo Porsche, ma frontalmente Macan ed SR9 sono similissimi. Lateralmente poi le proporzioni sono esattamente le stesse, con la medesima linea dei finestrini. L’unica differenza è che Zotye è più pratica, con le barre da tetto di serie. In coda, infine, troviamo dei fari che ricordano molto quelli di Maserati Levante, ma per il resto siamo punto e a capo con il frontale.

Auto copie cinesi Zotye SR9 posteriore

Stesso alettone posteriore, stesso paraurti, stesso lunotto. Cambia la posizione della targa, che dal paraurti su Macan passa al portellone su SR9. A parte questi piccoli dettagli, però, abbiamo una vera e propria copia di Macan. E dentro, la questione si fa ancora più impressionante. Se con l’esterno in Zotye hanno cambiato almeno qualcosina, all’interno il livello di dettaglio è quasi affascinante. Il volante è pressoché identico, a parte il logo centrale e la qualità ben diversa dei comandi al volante. I sedili sono perfettamente identici, così come la plancia, con le bocchette dell’aria verticali attorno allo schermo dell’infotainment centrale, che si permette pure di avere una diagonale più grande di quello di Porsche.

In Zotye hanno poi copiato alla perfezione il tunnel centrale, a partire dalla forma della leva del cambio per passare alla doppia fila di tasti, passando persino per la posizione e la forma del tasto del freno a mano elettrico. L’unica differenza tangibile è il quadro strumenti, che al centro ha il tachimetro e non il contagiri. Disponibile sia con cambio manuale che automatico a doppia frizione, la Zotye SR9 è diventata in pochi anni il modello più venduto della Casa cinese. L’appeal di un modello dall’estetica europea, ottime prestazioni e un prezzo da entry level hanno fatto breccia nel cuore di centinaia di migliaia di cinesi, che dal lancio nel 2016 continuano a sceglierla.

A causa delle leggi molto permissive sul plagio cinesi, Porsche non è ancora riuscita a metterci una pezza come fu per la Landwind X7 di cui abbiamo parlato la settimana scorsa. Per non rischiare, Zotye ha realizzato un parziale restyling esterno della sua SR9, che però è ancora molto simile a Macan. Riuscirà Porsche a evitare l’ascesa della SR9? A giudicare dalla presenza nella gamma Zotye delle copie di Volkswagen Tiguan, Audi Q5 e Audi Q7… la sfida è davvero difficile.

Yogomo 330, una micro-auto cinese copia della KIA Picanto

Potremmo chiudere il nostro viaggio tra le copie cinesi di auto occidentali con la Great Wall Peri, una piccola citycar “liberamente ispirata” alla FIAT Panda, che venne bloccata dalla vendita in Europa nei primi anni ’10. O potremmo chiudere con una delle Zotye citate prima, davvero eclatanti. Invece, chiudiamo con un genere di auto presente esclusivamente in Cina, quello delle LSEV, Low Speed Electric Vehicle. Si tratta di automobili dotate di motori elettrici molto poco potenti, assimilabili ai nostri quadricicli leggeri ma con dimensioni più generose. Sono automobili molto economiche, dal prezzo che parte dai 2 fino ad arrivare ai 6 mila euro, che oltre al prezzo ridottissimo godono di altri vantaggi fiscali.

Queste LSEV però non possono essere guidate in autostrada, anche per via della potenza che non può superare gli 8 kW (circa 11 CV). Inoltre hanno spesso batterie molto rudimentali, a volte ancora con la tecnologia piombo-acido usato sulle nostre classiche batterie da auto da 12V. Dotate di autonomie comprese tra gli 80 e i 200 km, sono state un’idea del Governo cinese per alleviare la domanda di carburanti fossili e ridurre le emissioni locali nelle grandissime metropoli cinesi, dove un’auto con 10 CV permette di spostarsi in autonomia senza dipendere dai mezzi pubblici.

Auto copie cinesi Yogomo 330

Queste LSEV però sono ancora piuttosto costose da realizzare nonostante la tecnologia molto semplice che le compone. Questo significa che le Case produttrici, dove possono, cercano di tagliare le risorse inutili. Come fare? Semplice: realizzando delle copie senza alcun pudore la carrozzeria di piccole utilitarie estere, perfette per essere delle piccole elettriche cittadine. Insieme quindi ad auto dall’estetica molto particolare di questa categoria, abbiamo la Weikerui V7, una delle diverse copie cinesi di un’auto diffusissima in Europa, Volkswagen Up!, ma mai arrivata in produzione, e l’ultima auto di oggi, la Yogomo 330.

auto copie cinesi yogomo 330 side

Inutile girarci intorno: è la copia perfetta della KIA Picanto di seconda generazione, prodotta tra il 2011 e il 2018. Il frontale è identico, salvo per la mascherina (ovviamente Tiger Nose) che reca piuttosto provocatoriamente il logo Yogomo. Lateralmente le differenze sono nulle, mentre dietro la maniglia per il bagagliaio è in plastica. Mancano poi logo KIA (ovviamente), tergilunotto e terza luce freno. Le prestazioni però sono molto, molto diverse. Yogomo propone tre livelli di “potenza”: 5 CV, 7 CV e 10 CV, con batterie al piombo-acido. La velocità massima della più potente? 60 km/h.

Auto copie cinesi Yogomo 330 posteriore

All’interno per lo meno Yogomo ha usato la fantasia, più o meno, con una plancia molto banale ma diversa da quella di Picanto. C’è persino un quadro strumenti digitale… prendi questa, KIA! Il prezzo per cotanta qualità? Tra i 30.000 e i 40.000 yuan, ovvero tra i 4.000 e i 5.800 euro. E KIA che dice? Beh, la Picanto non è venduta in Cina, quindi per il governo cinese non sussiste nessun plagio. In teoria…

Qual è la copia spudorata che più vi ha sorpreso?

E con la meno discreta di oggi si chiude il nostro viaggio tra le più eclatanti copie cinesi (ma non solo) di auto di successo, europee e non. Già l’altra volta analizzavamo come il mercato auto orientale è zeppo di copie, cinesi e non, di vetture, grazie anche e soprattutto ad una legislazione molto morbida e permissiva. Di certo, le copie cinesi di auto di successo non è il miglior biglietto da visita per un Paese vivo e sempre più aperto e moderno, anche dal punto di vista del mercato dell’auto.

Il mercato cinese, e anche quello indiano di cui abbiamo brevemente parlato, è pieno di bei prodotti originali, come ad esempio le nuove elettriche Aiways, o il rinnovato brand Borgward, passando per l’anglo-cinese MG, che sta preparando un’offensiva importante in Europa. Grazie al know-how imparato negli anni anche tramite questi giochi di specchi e di “licenze poetiche”, la Cina sta facendo passi da gigante nel mondo dell’auto. Segno ne è il fatto che BMW abbia scelto di produrre per tutto il mondo la sua nuova iX3 elettrica proprio in Cina, a Shenyang. Secondo noi questo trend presto svanirà, e non perchè il Governo comincerà a punire chi copia. Il perché è un altro: le Case cinesi, sempre più all’avanguardia e moderne, tra poco non ne avranno più bisogno. E chissà, forse saremo noi a prendere spunto dalla prossima Aiways, o dalle nuove Geely o Chery.

Per ora però possiamo ancora analizzare un trend che per il momento non accenna a diminuire, per la gioia di tutti i curiosi del mondo dell’auto. Ora la palla passa a voi: cosa ne pensate? Avete mai visto un’auto clone? E invece acquistereste mai un’auto “made in China”? Fatecelo sapere qui sotto nei commenti! Noi ci vediamo la settimana prossima, per una nuova puntata di Auto for Dummies! Ciaoo!

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Giulio Verdiraimo

Ho 22 anni, studio Ingegneria e sono malato di auto. Di ogni tipo, forma, dimensione. Basta che abbia quattro ruote e riesce ad emozionarmi, meglio se analogiche! Al contempo, amo molto la tecnologia, la musica rock e i viaggi, soprattutto culinari!

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