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La cabina per fototessera. La macchina del tempo

Una specie di selfie ante litteram

Gli anni Ottanta del Novecento, cari lettori di Tech Princess, sono tra noi. Ce ne sono tracce in quasi tutte le nostre città. Si tratta di costruzioni squadrate, piuttosto ingombranti, segnalate da cartelli coloratissimi, che spesso contengono il volto di qualcuno che si produce in espressioni peggio che infantili.

Con il tramonto pressoché totale delle cabine telefoniche, spetta alla cabina per fototessera ergersi a emblema del nostro recente passato tecnologico.

Ma la cabina per fototessera, démodé finché si vuole, ci guarda con un ghigno sarcastico, perché sa che – almeno per ora – non possiamo fare a meno di lei.

Vi spiegheremo perché, non prima di avervi ricordato cos’è la cabina per fototessera.

cabina fototessera 1

La cabina per fototessera

La cabina per fototessera automatica è quell’attrazione che, misteriosamente evasa dai luna park, si è installata nelle nostre città.

Scherzi a parte, sanno tutti di cosa si tratta: è quella cabina, appunto, in cui si entra quasi di soppiatto. E dopo aver inserito le dovute monete nell’apposita fessura, e perso una mezz’ora a far salire e scendere lo sgabello sino all’ottenimento dell’altezza desiderata, si sta lì in attesa del clic. E si badi: si può (o almeno si poteva, ma confessiamo di non entrare in una cabina per fototessera da secoli) scegliere tra un solo flash o quattro scatti distinti.

Una volta espletato il rito, si rimane un tempo indefinito (anche se in teoria dovrebbero essere tre minuti) ad attendere l’esito di tanta fatica. Ma non appena le fototessere escono e sono a portata di mano, lo stolto che ha fretta viene frustato da un getto di aria a temperatura vulcanica, che serve appunto per asciugare le foto.

Dall’Esposizione universale di Parigi agli smartphone

La prima cabina per fototessera è stata installata a New York nel 1926, anche se la sua presentazione – all’Esposizione universale di Parigi, col nome di Photomaton – risale addirittura al 1890.

Le cabine come le ricordiamo noi tutti le abbiamo descritte nel precedente paragrafo.

Oggi esistono cabine che permettono di sviluppare foto con svariati effetti e viraggi, ma anche di stampare le immagini presenti nel proprio smartphone. Un’app, poi, segnala le cabine installate nei paraggi.

Il mito della cabina per fototessera

Ma il fatto che la cabina per fototessera sviluppasse foto era solo un dettaglio.

Perché quelle cabine erano luoghi mitici? Intanto, per la loro pericolosità. Di solito piazzata nei sottopassi, la cabina per fototessera tendeva ad allagarsi almeno quattro volte all’anno. Inoltre, per il fatto che di solito restava aperta 24 ore su 24 (e una volta dentro si era separati dall’esterno solo da una tendina), il novantacinque per cento dei fruitori è stato vittima di almeno un tentativo di scippo.

E poi, specie per i ragazzini, la cabina per fototessera era un’oasi di sfrenata anarchia. Si riusciva a entrare in quattordici, e di solito a furia di sollevare e abbassare il sedile lo si finiva per rompere. Dopo di che, il più delle volte la foto scattata immortalava il lobo di uno, il piede di un altro e lo zainetto Invicta di un terzo.

Ma, bontà loro, la cabina per fototessera era anche il nido dei giovani innamorati, che testimoniavano il loro sentimento dandosi zuccherosissimi baci. E, si sa, quello dei due che guardava l’obiettivo era il meno innamorato.

L’insostituibilità della cabina per fototessera

Noi scherziamo, ma è lei – la cabina per fototessera – a prendersi gioco di noi.

Perché in realtà l’unica sua alternativa, riservata all’alta borghesia, era – ed è ancora – l’appuntamento dal fotografo. Che non solo pretende un compenso dieci volte maggiore rispetto al paio di monetine di cui si accontenta la cabina. Ma che inoltre, con il suo odioso professionismo, ci impedisce di godere di tutto il rituale della cabina. Che, ammettiamolo, è la sola cosa divertente della faccenda.

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I sessant’anni della cabina per fototessera in Italia

La cabina per fototessera, dunque, almeno per adesso è insostituibile.

E in un certo senso ha appena compiuto 60 anni.

Eh sì, perché in Italia la cabina per fototessera è approdata nel 1962, grazie alla Dedem.

Le prime macchine hanno fatto la loro comparsa a Roma, ed è stato subito… selfie, o comunque un antenato del suddetto.

All’uso ufficiale, anche nel nostro Paese, è andato immediatamente ad affiancarsene un altro più intimo, e si era soliti conservare nel segreto del proprio portafogli l’immagine della persona amata o dei propri cari.

Solo negli anni Ottanta del Novecento in Italia sono arrivate le cabine che sviluppavano fototessere a colori. E nel 2018 all’azienda Pininfarina è stata commissionato il restyling delle cabine.

Ma quello che non cambierà mai, o almeno vogliamo sperare, sarà l’attesa di tre minuti, il getto d’aria bollente e alla fine, quando non lo credevamo più possibile, la fuoriuscita delle nostre quattro fotografie.

In cui ovviamente non usciremo mai come avremmo sperato.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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