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Bussano alla porta: com’è il film di M. Night Shyamalan

Bussano alla porta è disponibile nelle sale italiane dal 2 febbraio, distribuito da Universal Pictures.

Il cinema di M. Night Shyamalan è una lente di ingrandimento puntata sul contemporaneo, sempre più oggetto di riflessione del cineasta indiano. Una riflessione che passa inevitabilmente dal genere, fondendo il thriller di stampo hitchcockiano e la sensazione di meraviglia del cinema di Steven Spielberg con racconti profondamente disturbanti. È questo il caso di The Village, straordinaria metafora dell’isolazionismo degli Stati Uniti post 11 settembre, del più recente Old, pungente analisi del nostro rapporto col tempo e con le immagini, e del sottovalutato E venne il giorno, cupa favola ambientalista. Proprio a quest’ultimo è legato il nuovo lavoro di M. Night Shyamalan Bussano alla porta, che come il film del 2008 affronta il tema dell’apocalisse, basandosi in questo caso sul romanzo di Paul G. Tremblay La casa alla fine del mondo.

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L’intreccio è relativamente semplice, ma apre la porta a svariate riflessioni etiche, scientifiche e religiose. La famiglia formata da Eric (Jonathan Groff), Andrew (Ben Aldridge) e la loro figlia adottiva di 8 anni Wen (Kristen Cui) affitta uno chalet isolato in cui trascorrere una vacanza all’insegna della tranquillità e del relax. La loro quiete viene brutalmente interrotta dall’arrivo degli sconosciuti Leonard (Dave Bautista), Adriane (Abby Quinn), Sabrina (Nikki Amuka-Bird) e Redmond (Rupert Grint), che prima avvicinano Wen e successivamente si introducono con la forza nello chalet.

Una volta dentro, annunciano a Eric, Andrew e Wen che il mondo sta per finire, e che loro sono l’unica speranza di salvezza: per fermare questo processo, dovranno scegliere chi uccidere fra loro tre, e compiere personalmente il sacrificio. Se non lo faranno, rimarranno gli unici abitanti della Terra. Inoltre, a ogni rifiuto della famiglia, uno dei quattro misteriosi avventori sarà sacrificato, dando il via a un cataclisma globale.

Bussano alla porta: e venne il giorno dell’Apocalisse

Fra l’home invasion e il grottesco, in bilico fra il thriller e l’horror e attraversato dalle immancabili escursioni bibliche del regista, Bussano alla porta conferma che dopo i passaggi a vuoto de L’ultimo dominatore dell’aria e After Earth M. Night Shyamalan è tornato uno degli autori più interessanti del panorama contemporaneo. Siamo infatti di fronte all’ennesimo gioiellino di una lunga e florida carriera, capace di mescolare cultura pop, cinema di genere e attualità, e di instaurare un perturbante dialogo con lo spettatore, mettendolo ogni volta di fronte a un meccanismo narrativo difficile da decifrare e a profondi interrogativi morali.

Le domande che ci pone Bussano alla porta sono fondamentalmente due: cosa saremmo disposti a sacrificare per assicurare un futuro all’umanità? E soprattutto cosa ci serve per credere che la fine sia veramente vicina e per mettere in dubbio tutte le nostre certezze? Interrogativi che dopo una pandemia, la sempre più urgente emergenza climatica e una guerra dalle conseguenze potenzialmente devastanti sono ormai all’ordine del giorno. Su questi temi, M. Night Shyamalan fonda un racconto ambientato quasi esclusivamente all’interno di uno chalet, dove la tensione sale sempre più e si innesca una dinamica che inevitabilmente ricorda quella del capolavoro di Sidney Lumet La parola ai giurati.

Bussano alla porta: fra fede e diffidenza

Bussano alla porta

I quattro ambigui personaggi che si presentano nello chalet sono la quintessenza della disinformazione e del complottismo: si sono conosciuti in portali dalla dubbia affidabilità, dimostrano un’assenza pressoché totale di senso critico e ricorrono alle più assurde prove e a improbabili collegamenti per avvalorare le loro tesi. Viceversa, Eric e Andrew rappresentano il progressismo e i valori più positivi della società: una coppia apertamente gay di etnia caucasica e di evidente cultura che lotta quotidianamente contro l’odio e i pregiudizi, adottando una bambina asiatica affetta da una piccola malformazione.

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Istintivamente, la stragrande maggioranza degli spettatori è portata a parteggiare apertamente per questi ultimi e a temere invece coloro che con l’ennesimo riferimento biblico vengono descritti come i quattro Cavalieri dell’Apocalisse, nonostante si presentino come il frutto del più cieco estremismo pseudo-scientifico. M. Night Shyamalan gioca proprio su questo contrasto, minando alla base le sicurezze di Eric e Andrew e di conseguenza quelle degli spettatori, già provate da anni di disinformazione e complottismo sui social a proposito dei più svariati ambiti dello scibile umano. Mentre sulla TV dello chalet si avvicendano immagini di pandemie, tsunami e altre catastrofi globali, non possiamo così fare a meno di chiederci da che parte stia la ragione, in una sorta di ribaltamento della dinamica di Don’t Look Up, in cui lo scetticismo stavolta alberga nelle persone più serie e rispettabili.

La fine del mondo

Bussano alla porta

Fra le fragili mura di legno dello chalet, sapientemente utilizzate da Shyamalan in chiave di suspense e dagli stessi personaggi durante i loro numerosi aspri confronti, si insinua lentamente il dubbio. Possibile che quattro scappati di casa figli delle bufale, della frustrazione e dell’emarginazione possano essere i depositari dell’unica speranza di salvezza per il genere umano?

Ma M. Night Shyamalan non si ferma qui, e grazie alle solide performance dei suoi interpreti (su cui si distingue un Dave Bautista minaccioso e allo stesso tempo fragile e umano) porta avanti anche la seconda grande domanda alla base di Bussano alla porta. In un’epoca in cui la paura per l’imminente fine del mondo come lo conosciamo è sempre più forte, la metafora messa in scena da Shyamalan è quasi urlata: per garantirci un futuro dobbiamo necessariamente rinunciare a qualcosa a cui siamo legati. Immediato pensare quindi alla sovrappopolazione (affrontata con metodi drastici anche da Thanos in Avengers: Infinity War), ma anche alle tante comodità a cui facciamo ancora fatica a rinunciare, nonostante le palesi richieste di aiuto che arrivano dal nostro pianeta.

Bussano alla porta: un film da cui lasciarsi guardare

Bussano alla porta

Come gran parte della filmografia di M. Night Shyamalan, Bussano alla porta non è solo un film da guardare, ma anche un’opera da cui farsi guardare, per comprendere meglio chi siamo e per ragionare sulla fede nelle nostre convinzioni. Proprio la fede, messa dura a prova dai dubbi dei protagonisti e dal susseguirsi degli eventi, è un altro elemento cardine di questo lavoro. Una fede che si deve confrontare non con l’invisibile e con l’ignoto, come accadeva nel già citato E venne il giorno, ma con qualcosa che è talmente distante da noi, dalla nostra cultura e dal nostro approccio all’esistenza da essere sostanzialmente irricevibile.

Come la fede in ciò in cui credere, anche i finali di M. Night Shyamalan generano riflessioni del tutto intime e personali. Il regista indiano stavolta sterza nettamente rispetto all’epilogo de La casa alla fine del mondo, rischiando di deludere i fan di lunga data, sempre in cerca di un twist conclusivo capace di spiazzare come quelli di The Sixth Sense – Il sesto senso o The Village. Il cambio di prospettiva con cui Shyamalan ha sempre condito le sue storie stavolta è costantemente sotto i nostri occhi, sotto forma di una sorta di thriller dell’anima; inquietante, ipnotico e capace di turbare e scuotere lo spettatore anche a giorni di distanza dalla visione, come solo il grande cinema sa fare.

Bussano alla porta è disponibile nelle sale italiane dal 2 febbraio, distribuito da Universal Pictures.

E venne il giorno
  • John Leguizamo, Betty Buckley, Zooey Deschanel (Attori)
  • Manoj Night Shyamalan (Direttore)
  • Audience Rating: Non valutato

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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