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Storia e mito delle cassette audio. La macchina del tempo

Si inaugura con questo articolo una nuova rubrica

Colonna sonora per la lettura di queste righe? Qualunque, purché su musicassetta, possibilmente non originale.

Pronti? Partiamo. Qualche anno fa girava un meme sui social: era un’immagine che mostrava, come nella copertina di questo articolo, una matita (o forse era una penna Bic) e una misteriosa sagoma quadrangolare con due fori.

Campeggiava poi una didascalia, che recitava più o meno così: chiunque sia nato dagli anni Novanta in poi non sa che nesso ci sia stato tra questi due oggetti.

Il secondo oggetto in questione era la cassetta audio, o audiocassetta, o musicassetta. O, a voler essere precisi fino quasi alla comicità involontaria, cassetta a nastro o cassetta magnetica.

musicassette lettori di cassette

Una nuova rubrica: La macchina del tempo

La cassetta audio ha il curriculum perfetto per inaugurare una nuova rubrica, che vi terrà compagnia tutti i giovedì e che si chiamerà La macchina del tempo.

In questo spazio metteremo a dura prova la vostra (e nostra) malinconia, rispolverando oggetti di culto tecnologico del recente passato. Che sono stati largamente usati, diventando nei casi più fortunati delle icone della cultura pop. Ma che oggi, per via di un mondo tech sempre più rapido nell’evolversi, sopravvivono solo (o quasi) nella nostra memoria.

E anche là dove si segnalano impennate nelle vendite di questi supporti, si tratta sempre di numeri assai modesti, da nicchia.

Premete Play sul riproduttore di cassette, o per meglio dire sul mangiacassette: si comincia.

Le cassette audio: nascita e funzionamento

Non ci importerà più di tanto, in questa rubrica, raccontare in modo filologicamente impeccabile la nascita e la storia degli oggetti di cui vi parleremo. Quanto piuttosto di ripercorrerne l’alone leggendario.

Per quanto riguarda la cassetta audio, ci basti sapere che a inventarla è stato l’ingegnere olandese Lou Ottens nel 1962. E che l’anno successivo Philips ha depositato il brevetto, chiamandolo Compact Cassette.

Ma come funzionano le musicassette? In sintesi, si tratta di un nastro magnetico che gira attorno a due bobine, protette da un supporto magnetico, con materiale sonoro stampato su entrambi i lati. Come dimenticare quando si andava avanti veloce o indietro veloce per ascoltare a ripetizione, ad esempio, la terza del lato B?

Il nastro aveva la caratteristica, anzi diciamo pure il talento innato, di sdipanarsi, attorcigliarsi, annodarsi, rompersi. Per questo l’introduzione di una penna o matita nei fori della musicassetta permetteva (ai pochi baciati dalla fortuna) di salvare i nastri ribelli.

Il mito delle cassette audio

Le audiocassette hanno avuto un successo planetario almeno sino alla metà degli anni Novanta del secolo scorso, prima dell’avvento dei vari supporti digitali, dal compact disc in giù.

Caratteristica fondamentale che distingueva la musicassetta dal vinile era, ovviamente, il fatto di essere portatile.

Un mangiacassette (o anche uno stereo portatile, ma questo capitava solo nelle pellicole cinematografiche ambientate ad Harlem) permetteva di ascoltare musica ovunque, soprattutto mentre ci si spostava a piedi. Tuttavia, questa non era di certo la sola caratteristica che ha reso magiche le cassette audio. Ce ne sono almeno altre due.

Philips da 90, TDK da 120…

Il titolo di questo paragrafo avrà commosso i meno giovani. Sapete già dove vogliamo andare a parare. La musicassetta dava la possibilità di copiare musica da altri supporti: era sufficiente avere uno stereo che potesse contenere due cassette. Mentre una riproduceva, l’altra registrava.

Ma ci si limitava a replicare da cima a fondo gli album appena usciti sul mercato? Nemmeno per sogno. Il bello era semmai creare compilation secondo il proprio gusto. Che poi i più versati nelle arti grafiche completavano disegnando copertine con velleità artistiche.

Alcune musicassette vergini, le chiamavamo così, arrivavano a minutaggi impensabili (noi ci ricordiamo di TDK da 180 minuti!), il cui nastro aveva però la fragilità di un soffione.

Ma i piaceri delle musicassette non finivano certo qui.

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PLAY+REC

PLAY, STOP, REC, REW, FFWD. Inutile ricordare la bellezza di queste sigle (nonché il fatto che il novanta per cento dei ragazzini ignorasse il loro autentico significato).

Ma la perversione maggiore, diciamolo, la si provava quando si premevano contemporaneamente i tasti PLAY e REC. Questa azione permetteva di registrare i suoni dall’ambiente circostante. Ciò ha contribuito alla nascita e diffusione di una quantità incalcolabile di gruppetti musicali dalle dubbie qualità artistiche (che divertimento, però!). I più timidi, poi, adoperavano la registrazione per provini canori nel chiuso della propria cameretta.

C’è anche chi, come ad esempio colui che sta scrivendo questo articolo, ha addirittura duplicato una musicassetta piazzando uno stereo di fronte all’altro, premendo PLAY in quello che conteneva la musica da copiare e registrando con l’altro.

Lasciamo a voi lettori immaginare la purezza del suono finale.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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