Cookies: piccoli pezzetti di codice informatico spruzzati di scagliette di cioccolato, biscotti che controllano ogni nostro movimento sulla rete internet. L’Unione Europea obbliga i siti ad avvertire dell’uso dei cookies commerciali per ogni nuova connessione. Noi però possiamo solo cliccare “Ok” e rassegnarci. Non proprio. La testata olandese NPO ha smesso di usare il tracciamento delle attività da qualche tempo e i suoi introiti pubblicitari sono aumentati.
Cosa sono i cookies?
La rete Internet è il maggior raggiungimento tecnologico dell’ultimo mezzo secolo almeno. Da quando ha iniziato a diffondersi in tutto il mondo negli anni ’80 ha avuto una crescita inarrestabile, fino a divenire il leviatano che conosciamo oggi. Questo significa che alcuni dei problemi con cui è nato continuiamo ad averli anche nel 2020. Fra questo il fatto che la rete è “stateless“, non riconosce il contesto, non ricorda. Per risolvere questo problema nascono i cookies. Grazie ai cookies Amazon ricorda cosa hai nel carrello, Facebook quello che ti interessa. I siti ci assegnano questi pezzi di codice che servono perché si ricordino di noi, dandoci un servizio su misura.
I cookies sono buoni, sia quelli zuccherati che quelli informatici. Permettono per esempio alle testate online come la nostra di sapere quali argomenti sono più letti, quanto tempo state su una pagina (per capire se l’argomento interessa o meno). Tutto in maniera anonima: i dati sono aggregati e non hanno le credenziali di nessuno.
Quelli più contestati (e quelli cui NPO ha rinunciato) sono i cookies commerciali. Google o Facebook (per citare i due giganti di questo mercato) raccolgono i dati della vostra vita online per proporre delle pubblicità personalizzate. In questo modo voi vedete nei banner ciò che potenzialmente vi interessa, il sito guadagna dalla pubblicità se cliccate e comprate il prodotto, l’azienda pubblicitaria (Google o Facebook) ritaglia una percentuale. Un sistema tanto efficiente che sembra impossibile immaginarne un altro.
NPO rinuncia ai cookies commerciali. Guadagnandoci
Con la nuova normativa, l’Unione Europea impone trasparenza nell’uso dei cookies. Quando entrate in un sito mai visitato, dovete scegliere se e quali dati permettete che vengano raccolti. Per la UE è una questione di privacy: dovete essere consapevoli di quali informazione siano raccolte.
Per i siti, potenzialmente, potrebbe essere una perdita nei guadagni della pubblicità: se Google non vi propone l’oggetto che stavate cerando, non cliccate più sui banner. La maggior parte dei siti ha quindi messo “Ok” come opzione di base: se continuate nella lettura dell’articolo senza scegliere, accettate tacitamente. NPO ha invece deciso di fare il contrario, attenendosi a una lettura rigida della normativa europea.
Dal maggio 2018 NPO non ha tracciato chiunque non dichiarasse esplicitamente di volerlo. Il risultato: il 90% dei suoi lettori ha detto di no ai cookies. Non stiamo parlando di un piccolo sito con poche visite: Nederlandse Publieke Omroep è in pratica la BBC o la RAI olandese, la prima testata del Paese.
Secondo uno studio di Google, i guadagni del giornale online sarebbero dovuti calare dal 52% al 64% senza la pubblicità personalizzata. Secondo uno studio associato fra Università americane, sarebbe dovuto diminuire solo del 4%. Invece nel primo mese hanno guadagnato 100.000 dollari, usando una piattaforma sperimentale e un modello pubblicitario nuovo. O perlomeno nuovo nell’era di Internet.
Pubblicità contestuale e non personalizzata
Una volta resasi conto del fatto che solo un lettore su dieci desiderava ricevere pubblicità personalizzata, NPO si è trovata costretta a reagire. Dopo aver usato Google Ad Manager per anni, il team informatico della testata si è trovato a dover mettere in piedi un server per la gestione di pubblicità senza cookies. Un qualcosa di improvvisato e che non poteva sostenere tutto il traffico al sito. I successi di quest’esperimento hanno però portato NPO a rivolgersi a Ortec, un’azienda informatica olandese.
Il nuovo sistema funziona in modo più simile alla pubblicità sulle riviste o i giornali cartacei. L’attenzione non è rivolta alle visite e alle preferenze del singolo utente ma all’argomento della pagina. Un’azienda che vuole un spazio pubblicitario sul sito può pubblicizzare il proprio prodotto o servizio sulla homepage. Oppure può selezionare uno o più argomenti fra 23 disponibili. Poiché i giornalisti di NPO taggano ogni notizia o video in base all’argomento, il server si limita solo a indirizzare le pubblicità nei giusti contesti. Per fare un esempio: una pubblicità contestuale per quest’articolo potrebbe mostrare l’abbonamento a un giornale o un corso sul web marketing, invece di mostrare qualche tipo di dentifricio perché avete appena fatto la spesa su Amazon.
- Traficante, Francesco (Autore)
NPO nel 2019 ha confrontato 10 suoi sponsor rispetto all’anno prima in tutte le metriche più significative. Una di quelle principali è la conversione: la quantità percentuale di persone che fa l’azione scelta da chi paga la pubblicità, che sia visitare la pagina Instagram o registrarsi su un sito. Secondo questo studio (non abbastanza ampio da avere valore scientifico) la pubblicità contestuale ha fatto meglio del microtargeting.
Liberarsi dei cookies può salvare il giornalismo?
Dall’inizio di quest’anno NPO si è liberata del tutto dei cookies. A gennaio 2020 gli introiti pubblicitari sono aumentati del 62% rispetto all’anno precedente, a febbraio del 79%. Anche durante il lockdown, quando molte delle testate storiche in Europa e USA hanno dovuto licenziare giornalisti e ridurre i salari, ha continuato a crescere. Questo dipende certo dal buon lavoro del team (sia informatico che giornalistico) del sito olandese. Ma dipende anche dal fatto che NPO può tenersi tutti gli introiti dedotte le spese per la gestione del server, mentre prima doveva dare il 30% degli incassi a Google. La testata ha trovato un modo per rispettare la privacy dei lettori e aumentare gli incassi, in un momento storico dove il giornalismo fa fatica a fare utili.
Operazioni di questo tipo hanno un costo fisso da superare che per alcune testate più piccole può essere impossibile da sostenere. Al momento queste piattaforme devono essere fatte su misura, cosa che alza il prezzo del servizio. Tuttavia questo non esclude che questo tipo di soluzioni non possa essere venduto in futuro come pacchetto standard, abbassando i costi.
Ma una riflessione sul caso NPO dovrebbero farla le testate storiche europee, i quotidiani o settimanali che sono stati in crisi economica per gran parte del decennio. Sebbene molte pubblicazioni abbiamo implementato opzioni di abbonamento online, la gran parte dei guadagni avvengono grazie alla pubblicità. Che paga molto di meno perché gli intermediari prendono una grande fetta degli introiti. Abbandonare i cookies per usare un’altra piattaforma potrebbe segnalare una posizione di tutela della privacy dei lettori, oltre che rinvigorire le campagne pubblicitarie.
L’esempio di NPO non può assurgere a verità assoluta: bisogna fra test e prove per capire se questo modello può essere esportato. Tuttavia mostra che l’attenzione alla volontà dei lettori ripaga e che le pubblicità contestuali possono fare guadagni quanto il microtargeting, sotto le giuste condizioni. I buoni risultati danno inoltre la speranza che le testate giornalistiche storiche possano fare il salto digitale senza subire il contraccolpo, tornando a un modello pubblicitario che sembra nuovo ma che fino a qualche anno fa praticavano ogni giorno.
Nessuno ha mai voglia di iniziare una dieta. Ma il giornalismo dovrebbe considerare l’idea di dare un taglio ai cookies.
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