fbpx
Videogiochi

Dark Souls: il videogioco che ha fatto la storia e il suo impatto sul gaming

Dieci anni fa, il 22 settembre del 2011, usciva Dark Souls, il videogioco che ha consacrato FromSoftware nel panorama internazionale e che ha creato un nuovo genere videoludico. L’Anima Oscura della software house giapponese ha avuto un impatto gigantesco sull’industria videoludica, proponendo un modello ludico che in quegli anni stava andando perdendosi. In occasione del decimo anniversario di Dark Souls ripercorriamo la sua storia cerchiamo di capire perché si tratta di un videogioco così importante.

La storia di Dark Souls prima dei Souls

Correvano gli anni 2000 e l’industria videoludica era molto diversa a quello a cui siamo abituati oggi. Allora i videogiochi erano ancora un media tutto sommato di nicchia e che si stava affacciando soltanto in quel periodo al grande pubblico. Facendolo, però, stava anche lentamente mutando le sue caratteristiche per risultare appetibile ai nuovi potenziali mercati.

Erano proprio quelli gli anni in cui il videogioco stava cercando in tutti i modi di emulare il cinema, proprio per non risultare indigesto a tutti coloro che il medium videoludico non l’aveva mai avvicinato. Questa caratteristica divenne ben presto la base per lo sviluppo di quasi tutti i videogiochi più importanti dell’epoca, con tutti i limiti che questo comportava.

Non era più importante cercare di dare al giocatore una sfida concreta e in grado di mettere alla prova le sue abilità, il focus si era piuttosto spostato verso il racconto e la narrazione a discapito del gameplay, con giochi estremamente semplici e che davano ben poca soddisfazione pad alla mano.

Naturalmente c’erano delle eccezioni alla regola anche allora, God of War, Devil May Cry e Ninja Gaiden ne sono un esempio lampante, ma è innegabile che gli studi dell’epoca stavano lentamente abbandonando la dimensione giocosa del videogioco, cercando di tenere per mano l’utente dall’inizio fino alla fine, e ridurre al minimo il livello di potenziale frustrazione.

Il timore ovviamente era che l’acquirente avrebbe abbandonato il prodotto anzitempo, a causa dell’esperienza negativa causata dall’eventuale fallimento di una data attività da completare.

La travagliata storia di Demon’s Souls

Nel 2009 però uscì Demon’s Souls, il primo gioco sviluppato dalla FromSoftware di Hidetaka Miyazaki, ovvero il game designer dalla cui mente sono stati partoriti, quasi, tutti i progetti recenti dello studio. Demon’s Souls era un gioco che andava in controtendenza con tutto quello che veniva generalmente considerato buon game design all’epoca e non a caso fu a tutti gli effetti una scommessa per la software house.

La sua storia infatti è quanto meno travagliata.

Il gioco in sviluppo presso FromSoftware avrebbe dovuto essere inizialmente una sorta di risposta orientale alla saga di Elder Scrolls, e quindi From decise di riprendere in mano l’esperienza fatta con una sua vecchia saga, King’s Field, per proporre un titolo di ambientazione fantasy medievale in prima persona che servisse allo scopo.

Peccato però che il progetto perdesse pezzi da tutte le parti e dopo mesi di lavoro si cominciava a intravedere il rischio di cancellazione, nonostante i grossi investimenti messi sul piatto da Sony. Fu proprio Hidetaka Miyazaki ad intervenire a quel punto, che, ad onor del vero, non sembrava essere esattamente l’uomo giusto al momento giusto.

Il nostro eroe aveva una laurea in scienze sociali ed era entrato piuttosto tardi nel settore videoludico, riuscendo infine ad entrare in FromSoftware per ricoprire il ruolo di programmatore per Armored Core: Lost Raven, nel 2004. Myiazaki, però, era un uomo con un sogno, ovvero quello di diventare uno sviluppatore e creare il proprio videogioco, dando sfogo al suo estro creativo.

Un desiderio, che come racconterà in seguito lui stesso, nacque in lui dopo aver giocato ad ICO, una delle opere cardine di Fumito Hueda, che lasciò un impronta indelebile su di lui.

Insomma, miyazaki voleva dare sfogo alla sua visione creativa e la sua occasione arrivo prima di quanto lui stesso sperasse, proprio con l’imminente fallimento di Demon’s Souls. Sony infatti, piuttosto che buttare via il progetto decise di affidarlo proprio a Miyazaki, che ebbe a sua disposizione due occasioni d’oro allo stesso tempo.

Da una parte il designer poteva provare a dare forma al suo gioco dei sogni, e contemporaneamente poteva farlo in un’ambiente relativamente  sicuro. D’altronde se Demon’s fosse andato male non  sarebbe poi importato più di tanto, dato che si trattava di un videogioco già dato per morto prima ancora della sua uscita.

Il primo successo

Demon’s venne completamente rielaborato da Miyazaki. Prima di tutto la prospettiva venne cambiata dalla prima alla terza persona e poi vennero lentamente introdotti tutti quegli elementi che sarebbero poi diventati i tratti distintivi dei souls.

Ci stiamo riferendo a tutti quegli elementi ludici che sarebbero poi diventati il cardine dei Souls, quali la difficoltà estremamente punitiva, le meccaniche GDR, lo stile minimale della narrazione e i combat system meccanico e metodico, dove il giocatore deve saper gestire sia le mosse della propria arma che la stamina necessaria per attaccare e difendersi.

Come dimenticare poi le bossfight, sempre, o quasi, in grado di intimorire il giocatore con la loro mole, la gestione degli oggetti curativi, che non sono mai abbastanza, soprattutto nelle prime fasi, e l’esplorazione, che in Demon’s Souls era particolarmente crudele in termini di checkpoint.

Demon’s Souls prendeva in sintesi le mosse da un’idea tanto semplice quanto potenzialmente efficace: più difficile è la sfida che ci sta di fronte, più sarà grande la soddisfazione che proveremo una volta portata a termine.

La prima opera di Miyazaki non venne subito accolta con grande entusiasmo, come sicuramente avrete già intuito. D’altronde per pubblico e critica di allora doveva sembrare che il designer avesse letteralmente buttato il manuale del buon Game Design fuori dalla finestra.

Quando fu presentato nel 2008 il gioco fu snobbato dalla maggior parte del pubblico e persino Shuhei Yoshida, ai tempi presidente di Sony, lo definii come un gioco incredibilmente brutto dopo aver passato due ore nella zona iniziale senza riuscire a completarla. Proprio per queste ragioni Demon’s Souls uscì inizialmente soltanto in giappone, il 5 febbraio del 2009, e al lancio, come da programma, fu un flop, vendendo appena 20.000 copie durante la prima settimana.

Fortunatamente però la storia di questo gioco tanto ambizioso e controcorrente non si esaurisce con un fallimento, dato che il pubblico occidentale cominciò ad interessarsi al titolo e a recuperarlo di importazione, rimanendo a tutti gli effetti travolto dalle potenzialità di questo strano videogioco.

La narrazione intorno a questo titolo a quel punto cominciò a cambiare, con esperti del settore che lo definivano come un prodotto old school, che non aveva paura di non fare compromessi in termini di difficoltà e con un comparto multiplayer implementato in una modalità praticamente mai viste prima.

In breve, in America e in Europa Demon’s Souls piacque davvero tanto, al punto che fu pubblicato in queste zone da un diverso editore rispetto a Sony, ancora non interessata a distribuirlo. Sto parlando di Namco Bandai per l’Europa e Atlus per il Nord america, che colsero la palla al balzo cavalcando questo nuovo fenomeno mediatico.

Dark Souls e la visione di Miyazaki

Dopo Demon’s Souls Miyazaki cominciò subito a lavorare a Dark Souls, suoi seguito spirituale che uscì il 22 settembre 2011. Con Dark Souls il designer ebbe la possibilità di modellare la sua opera sin dalle fondamenta, a differenza del progetto precedente che si basava su una infrastruttura già abbozzata, e il risultato finale è stato qualcosa di a dir poco sorprendente.

Dark Souls, infatti, recuperava tutto ciò che c’era di buono ed innovativo in Demon’s e lo elevava allo stadio successivo, creando nel processo un mondo di gioco vivo, che dava l’impressione di esistere al di là delle nostre azioni in quanto giocatori.

Con il suo nuovo videogioco Miyazaki voleva qualcosa di più. Qualcosa che risultasse più omogeneo e coerente. Quindi qui il designer si diede un obbiettivo molto più ambizioso: creare un mondo completamente interconnesso, con collegamenti tra le aree che fossero credibili e, per quanto possibile, realistici.

Creò quindi il Santuario del Legame del Fuoco, un centro reale da cui si dipanano varie strade che il giocatore poteva percorrere liberamente per esplorare Lordran, il nuovo mondo di gioco. Non solo: buona parte delle aree che percorrevamo inizialmente ci avrebbero fatto poi tornare in un punto diverso di questa grande piazza, di fatto uno degli esempi più virtuosi mai visti di level design circolare.

Grazie a questa idea di design Dark Souls ha potuto cambiare prospettiva anche sul modo in cui dare le direzioni al giocatore. Il gioco infatti non ha mappa vera e propria, dato che l’intera Lordran è pensata appositamente per permettere al giocatore di orientarsi tramite indizi visivi, scorciatoie e una gestione realistica della topografia, costruita appositamente per premiare i giocatori curiosi che si prendono il tempo di esplorare.

Sotto questo punto di vista il primo Dark Souls non ha un corrispettivo in nessun altro videogioco attualmente esistente. L’intera Lordran è una sorta di sfera, piena di vie alternative per raggiungere questo o quell’altro luogo in modi differenti.

La storia silenziosa di Dark Souls

Per trarre il massimo da questa costruzione del mondo di gioco Miyazaki e il team di sviluppo optarono per tre accorgimenti specifici, utili a fare in modo che Lordran raccontasse la sua storia ai giocatori senza ricorrere a spiegoni o a lunghe cutscene narrate: la gestione dei checkpoint, i level design delle aree e le descrizioni degli oggetti.

Partiamo dai checkpoint. Negli anni in cui usciva Dark Souls i videogiochi stavano iniziando a scoprire le meraviglie del salvataggio automatico. Quasi tutti i giochi di quel periodo implementavano questa funzione, che salvava i progressi in background garantendo ai giocatori un salvagente contro le morti improvvise.

Una meccaniche che non troviamo in Dark Souls, dato che quando si muore si ritorna direttamente all’ultimo falò presso il quale si è riposati, senza se e senza ma, tutti i nemici tornano in vita, le nostre anime acculate rimangono nel punto dovei siamo morti, ed è una scelta che FromSoftware ha preso con criterio. Questa meccanica costringe il giocatore a capire la planimetria della mappa che sta esplorando, trovando la strada migliore per recuperare le proprie spoglie, onde evitare di perdere tutte le proprie anime.

Regole semplici e chiare, che si interfacciano direttamente con il level design delle aree in questione, pensato non soltanto per permettere al giocatore di orientarsi, ma anche per raccontare la storia del luogo attraverso il quale ci stiamo facendo strada.

Già perché nel mondo di Dark Souls siamo protagonisti soltanto in quanto in quanto giocatori che controllano l’avatar che si sta muovendo nel regno di Lordran, perché tutti gli eventi salienti di quell’universo sono già avvenuti. Non siamo eroi né salvatori, solo un piccolo tassello di un mosaico più grande e complesso.

Questa forse è una delle caratteristiche più coraggiose di Dark Souls. La storia di Lordran si è già conclusa quando noi giungiamo alle porte del Santuario del Legame del Fuoco, e tutto quello che possiamo fare è cercare di ricostruire gli avvenimenti che hanno portato l’intero reame alla rovina, e al massimo provare ad allungare ancora un po’ l’agonia di un mondo morente.

Ogni ambientazione contiene tutti gli elementi necessari per farsi un’idea di quello che è effettivamente è successo in quella specifica parte di mondo, che sia questa una città allagata in cui tutta la sua gente è caduta vittima dell’oscurità, o quella che un tempo era un fiorente capitale, ora vuota e desolata, bloccata in un eterno crepuscolo.

Il potere del videogioco

Una differenza molto importante nell’approccio allo storytelling di Dark Souls comparato a quello di Demon’s Souls è che in questo suo secondo lavoro Miyazaki, nonostante le apparenze, lasciò veramente pochi elementi all’interpretazione del giocatore.

E proprio qui che entrano in gioco le descrizioni degli oggetti, decisive per capire a 360 gradi la storia pensata da Miyazaki e compagni. Questa idea di raccontare la propria storia anche tramite gli oggetti era già presente in Demon’s Souls, ma lì le descrizioni importanti erano decisamente meno e molti degli eventi, anche centrali alla narrazione, erano descritti in modo volutamente fumoso.

Dark Souls storia

Dark Souls fece l’esatto opposto, e sebbene la storia di Lordran non sia facile da ricostruire, tramite un’attenta analisi possiamo comporre un quadro molto preciso di tutto quello che successe prima del nostro arrivo nel regno.

Anche qui ci troviamo di fronte ad una scelta in aperto contrasto con la sensibilità vigente nel periodo in cui è uscito il gioco. Dark Souls aveva una storia che solo per essere decifrata necessitava di un’azione concreta da parte del giocatore, che doveva fare attenzione a quello che lo circondava, leggendo le descrizioni degli oggetti, mai posizionati a caso, e parlando a più riprese con gli NPC nascosti nelle tante ambientazioni.

Dark Souls storia

Si tratta di un modo di raccontare una storia che è possibile mettere in pratica soltanto in un videogioco, dato che si tratta del medium interattivo per eccellenza e in un certo senso è ironico che praticamente nessuno abbia mai pensato prima di allora di usare gli oggetti come mezzo espressivo.

Non basta attraversare Lordran per percepire tutta la suo complessità quindi, bisogna sentirla, guardarla e immaginarla come se si trattasse di un mondo vero, con le sue regole e le sue peculiarità. Gli sviluppatori si sono premurati persino di dare una giustificazione narrativa alla meccanica di morte e rinascita e di contestualizzare il motivo per il quale le Fiaschette Estus ci fanno recuperare salute.

Il combat system

In ultimo sarebbe impossibile non spendere due parole riguardo al combat system e sulle bossfight, entrambi aspetti del gioco che dimostrano quanto FromSoftware seppe prendere il meglio da ciò che fu Demon’s Souls.

Dark Souls riprendeva il sistema di comandi del suo predecessore, che già di per sé è qualcosa su cui vale la pena spendere due parole. Prima dei Souls, infatti, i controlli nel 90% dei giochi d’azione in terza persona seguivano un pattern specifico.

Dark Souls storia

C’erano tasti come quadrato, triangolo, cerchio e croce (ipotizzando di avere davanti un controller PS4) che servivano per eseguire la maggior parte delle azioni offensive, come attacchi leggeri e pesanti di vario genere o magari anche i salti, mentre i dorsali che invece erano solitamente riservati meccaniche più occasionali, come la magia, il lock on o la parata.
Demon’s Souls prima e Dark Souls dopo invertirono questo paradigma, con i tasti dorsali che ora servivano per attaccare e i tasti frontali che invece venivano adibiti a cure, schivate e altre interazioni relativamente secondarie.

Dark Souls storia

Questo cambio di posizione era principalmente il frutto di una necessità pratica. In entrambi i giochi di FromSoftware era molto importante poter combattere tenendo contemporaneamente i pollici su entrambi gli stick analogici, per facilitare la fusione tra navigazione e combattimento. Si tratta, ovviamente di una modifica relativamente semplice, ma che cambia completamente la sensazione che si ha giocando, pad alla mano.

Gli sviluppatori hanno anche cercato di dare quanto più possibile respiro al gameplay tramite una miriade di armi, che non cambiavano soltanto nell’aspetto e nelle statistiche ma anche nelle mosse che potevamo effettuare usando attacchi leggeri e pesanti.

Dark Souls storia

E poi c’erano i boss, completamente diversi da quelli di Demon’s Souls, che erano quasi degli enigmi più che degli avversari nel vero senso del termine. In Dark Souls invece abbiamo degli scontri tra i più moderabili dell’intero medium. Combattimenti come quelli di Ornstain & Smough, Queelag e Artorias rimarranno per sempre nella storia del videogioco, oltre che in quella della trilogia dei Dark Souls.

Dark Souls: un gioco che ha fatto la storia

L’accoglienza e le recensioni di Dark Souls al lancio furono nettamente migliori rispetto a quelle di Demon’s, e questo secondo gioco con Miyazaki alla regia ebbe la forza di sfondare nel mercato: vendette molte copie, vinse dei premi e creò finalmente quello che oggi conosciamo come il fenomeno Souls.

Dark Souls era riuscito a dimostrare che una nuova via era possibile e che non per forza i videogiochi dovevano sacrificare le loro potenzialità sull’altare dell’accessibilità e che, soprattutto, questi suddetti giocatori erano perfettamente in grado di fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni, facendo tesoro di ogni errore di oggi per il miglioramento di domani.

Dark Souls storia

Allo stesso tempo un’altra cosa che Miyazaki con il suo Dark Souls era riuscito a portare alla ribalta era l’idea che non fosse necessario spiegare ogni cosa per raccontare una storia di qualità. A volte basta soltanto lasciare che un ambientazioni parli semplicemente tramite i singoli elementi che la compongono, senza spiattellare tutte le risposte in faccia agli utenti.

Un’idea semplice, anche in questo caso, ma che si sposa molto bene con la natura del videogioco, dato che consente al giocatore di assumere un parte attiva senza spezzare l’azione con filmati o lunghi dialoghi di spiegazione.

A quel punto la formula era consolidata e molti altri studi di sviluppo cominciarono a cercare di adattarla a nuovi progetti. Non solo soulslike, ma anche molti titoli tripla A cominciarono a studiare, cambiare e adattare la formula di Dark Souls ai loro videogiochi, cambiando completamente il volto dell’industria.

Il resto, come si suol dire, è storia, tanto di Dark Souls quanto del medium.

Dark Souls Remastered - PlayStation 4
  • Esplora,come mai prima d'ora,l'antica terra di Lordran nel 1 titolo della serie action RPG
  • Modalità multigiocatore unica (fino a 6 giocatori con server dedicati)
  • Rendi davvero personale il tuo stile di gioco con centinaia di combinazioni uniche di armi e incantesimi

Da non perdere questa settimana su Techprincess

✒️ La nostra imperdibile newsletter Caffellattech! Iscriviti qui 
 
🎧 Ma lo sai che anche Fjona ha la sua newsletter?! Iscriviti a SuggeriPODCAST!
 
📺 Trovi Fjona anche su RAI Play con Touch - Impronta digitale!
 
💌 Risolviamo i tuoi problemi di cuore con B1NARY
 
🎧 Ascolta il nostro imperdibile podcast Le vie del Tech
 
💸E trovi un po' di offerte interessanti su Telegram!

Francesco Castiglioni

Incallito videogiocatore, appassionato soprattutto di Souls e Monster Hunter, nonché divoratore di anime e manga. Scrivere di videogiochi è la mia vocazione e la porto avanti sia qui su Tech Princess che sul mio canale YouTube.

Ti potrebbero interessare anche:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button