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Gira la moda, il gioco di culto per stilisti in erba. La macchina del tempo

Ha furoreggiato negli anni Ottanta del Novecento

Di solito, si sogna di entrare nel mondo della moda nella maniera più eclatante, indossando cioè gli abiti delle principali collezioni.

Ma anche disegnarli, gli abiti, è un mestiere ricco di fascino e creatività, grazie al quale esiste quel misterioso universo chiamato alta moda. E grazie alle sfilate viste in TV si poteva, e si può, immaginare di essere il futuro Valentino o Armani.

I più giovani, se inclini al mondo dell’haute couture, disegnano da sempre su fogli e foglietti le loro imperdibili creazioni. Ma siccome il confronto con la realtà avrebbe rischiato di essere troppo impietoso, a un certo punto sono comparsi i cartamodelli a uso domestico. Hanno furoreggiato per decenni, nonostante fossero clamorosamente approssimativi. Si trattava di vestire delle povere figure in cartoncino applicandovi abiti, appunto di carta, che stavano (più o meno) su grazie a linguette che si piegavano nella parte posteriore delle figure suddette.

No: l’alta moda (seppur casereccia) meritava di più: per questo, intorno alla metà degli anni Ottanta del Novecento, è arrivato nelle nostre case un oggetto diventato subito di culto, Gira la moda.

gira la moda gioco

Gira la moda

Gira la moda è stato un gioco da tavolo, ma solo nel senso che per usarlo occorreva… un piano. Tuttavia era una perversione privata, in cui raramente veniva dato spazio ad alleati o concorrenti.

Lo ha messo sul mercato MB nel 1984, e ha furoreggiato suppergiù per un decennio.

In cosa consisteva? L’elemento principale era composto da tre cerchi concentrici in plastica, che potevano ruotare autonomamente. Il cerchio più interno era quello dei volti delle modelle, in quello centrale c’erano i busti, e nel cerchio esterno le gambe.

Lo stilista in erba, dunque, ruotando i tre cerchi aveva la possibilità di creare diverse combinazioni testa-busto-gambe, componendo così un certo numero di modelli (anzi, modelle, perché erano raffigurate solo donne).

E poi? Consideriamo che le varie parti del corpo e i vari vestiti erano in rilievo. Una volta terminata la combinazione, si fissava un foglio grazie a un apposito fermo, e con la tecnica del carboncino di imprimevano sul foglio i contorni della creazione. E…

La collezione è pronta

Una volta impresso sul foglio il contorno della propria creazione (chiamiamola così), la si poteva colorare e ritagliare con pastelli e forbici rigorosamente in dotazione con Gira la moda, assieme a due carboncini di ricambio.

A quel punto, come recitava la breve ma sgargiante pubblicità televisiva di quegli anni, l’abito era pronto “per la tua fantastica collezione”. Anche se non si capiva bene che uso se ne sarebbe potuto fare.

Un gioco, ebbene sì, per bambine

Fortunatamente, la pedagogia di questi ultimi anni rifiuta la divisione manichea tra giochi da maschio e giochi da femmina.

Nel 1984 non c’erano queste attenzioni, e Gira la moda era presentato senza reticenze come un gioco per bambine. Femminili erano i modelli da costruire, bambine erano quelle che campeggiavano nelle varie edizioni del prodotto. E l’intero battage pubblicitario era esclusivamente rivolto alle bambine.

Si prenda come esempio lo spot pubblicitario del 1989, che qui riportiamo: ci pare che nei ventuno secondi di video non compaia nemmeno un umano di genere maschile.

Al di là del giudizio che si possa dare su questa scelta di marketing (che, peraltro, ha funzionato), è da notare come a distanza di pochi decenni da oggi si alimentasse una fantasia che allora, evidentemente, era soprattutto se non solo femminile. Peraltro in aperto contrasto con la realtà, dal momento che la maggior parte dei grandi stilisti (per merito? Altra questione spinosa) è rappresentata da uomini.

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Gira la moda e gli anni Ottanta del Novecento

Non vogliamo certo mettere sotto processo un gioco. Di certo, se Gira la moda ha goduto del suo bel successo, qualche merito lo ha avuto. Immaginiamo fosse divertente e appagante l’idea di “creare”, diciamo così, un abito, colorarlo e mostrarlo agli amici.

L’impressione è che, però, negli stessi anni la medesima azienda proponesse sul mercato nobilissimi giochi che richiedevano ben altre attitudini psicologico-creativo-tattiche per essere svolti al meglio.

Mentre con Gira la moda si è assecondato forse il carattere più superficiale (edonistico, con un aggettivo molto di moda proprio in quei tempi) degli anni Ottanta del Novecento. D’altronde, era sempre meglio disegnare abiti che sognare di diventare yuppie.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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