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Dov’è finito il ministero per la Transizione digitale?

Il nuovo governo nasce con una vistosa lacuna

Il nuovo governo si è da poco insediato, e nella giornata di domenica 23 ottobre – con il rituale della campanella – c’è stato il simbolico passaggio di consegne tra Mario Draghi e Giorgia Meloni.

Si è molto discusso di alcune novità nei nomi dei dicasteri, che non sono certo solo ritocchi semantici, ma denotano una ben precisa visione della società. E così, il ministero per il Sud e la Coesione territoriale è diventato il ministero per il Sud e il Mare, quello dello Sviluppo economico è ora il ministero delle Imprese e del Made in Italy, quello delle Politiche agricole alimentari e forestali si chiama ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare. E soprattutto, il ministero delle Pari opportunità e la Famiglia si chiamerà ministero per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità.

In tutto ciò, è successa un’altra cosa che ha fatto storcere il naso a molti. Nel governo Meloni non c’è più il ministero per la Transizione digitale. La mossa è parsa davvero anacronistica. Vediamo di analizzarla meglio.

transizione digitale

Addio al ministero per la Transizione digitale

Il ministero per la Transizione digitale, il cui nome completo era ministero per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, ha ancora il suo sito ufficiale ma di fatto non esiste più.

La domanda che ci si pone non è tanto che fine abbia fatto il dicastero, ma chi ora si occuperà di digitale.

Anche noi di Tech Princess vi abbiamo a più riprese dato conto del piano di digitalizzazione del Paese, e degli obiettivi dell’ex ministro Vittorio Colao, che non è ben chiaro adesso da chi verrà gestito.

Si potrebbe supporre che sarà Raffaele Fitto, ministro per le politiche europee con delega al PNRR, a occuparsene. Specie perché ben il 27% dei fondi del Piano sono destinati alla digitalizzazione.

Un ruolo in questo senso potrebbero averlo anche Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, e Paolo Zangrillo, ministro della Pubblica amministrazione.

Ma a fare scalpore è che il ministero abbia perso titolarità e autonomia, e tutto ciò che concerne il digitale appare ora come subordinato ad altre e più urgenti mansioni.

Il nodo del digitale in Italia

Al contrario, e per svariati motivi, con o senza il ministero per la Transizione digitale, la digitalizzazione è fondamentale per l’Italia.

Gli esempi sono innumerevoli: dal fatto che siamo il Paese in Europa più esposto agli attacchi hacker, al piano di espansione della rete 5G ancora lungi dall’essere completato.

E ancora, l’alfabetizzazione al digitale è un fattore centrale: sia perché troppi privati adottano ancora password vulnerabilissime, sia perché continui report mostrano come le stesse aziende si preoccupino troppo poco di salvaguardare i propri dati.

Il digitale nel programma elettorale del centrodestra

Nel programma elettorale del centrodestra, in effetti, non si è dato grande spazio al digitale.

I temi a cui si è fatto cenno sono stati solo tre: potenziamento e sviluppo delle infrastrutture digitali ed estensione della banda ultralarga; digitalizzazione, efficientamento e ammodernamento della Pubblica Amministrazione; supporto alla digitalizzazione dell’intera filiera del settore turistico e della cultura.

Una vaghezza confermata dal taglio del ministero per la Transizione digitale, e dal silenzio (almeno per ora) su chi si occuperà di gestire quel 27% dei fondi stanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Le proteste di AssoRTD

Sulla scomparsa del ministero per la Transizione digitale si è espresso Francesco Andriani, presidente di AssoRTD, associazione che rappresenta i responsabili per la Transizione al Digitale d’Italia.

Oltre al rammarico, in AssoRTD c’è la netta sensazione che la chiusura del dicastero significhi un passo indietro rispetto a quanto fatto fino ad ora in termini di transizione digitale.

AssoRTD si era espressa proprio durante la campagna elettorale, sottolineando come nei programmi dei vari partiti politici fosse stata minima l’attenzione al tema della trasformazione e innovazione digitale.

Le parole di Francesco Andriani

Francesco Andriani ha detto: “Avevamo già denunciato scarsa attenzione da parte dei partiti sul tema della trasformazione digitale e, purtroppo, la nomina dei nuovi ministri ha visto lo scioglimento del dicastero presieduto da Vittorio Colao.

Ora crediamo, che per un corretto prosieguo del lavoro iniziato con la passata legislatura, sia indispensabile individuare un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che abbiamo la delega alla digitalizzazione sperando di non dover assistere a passi indietro come quello di rivedere la stessa riassegnata ad un ministero come MISE o Funzione Pubblica. Tale scelta comporterebbe secondo noi di AssoRTD una mancanza di quel focus e di quella spinta propulsiva che la transizione digitale merita nel nostro Paese.

In conclusione, non solo siamo sorpresi riguardo alla scomparsa del Dicastero ma, anzi, ci saremmo aspettati il Ministero della Sovranità Digitale visto che, come si dice, i dati della nostra pubblica amministrazione e dei cittadini sono l’oro del futuro”.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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