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Grazie Vale!

Il leggendario pilota di Tavullia ha posto fine alla sua carriera

Valentino Rossi appende il casco al chiodo dopo 26 stagioni: il mondo dello sport planetario, e non solo quello dei motori e delle moto, gli sta rendendo omaggio a tutti i livelli.

Sì, perchè Valentino non è stato solo il più grande pilota dell’epoca moderna del motomondiale. È stato molto di più: un modo di essere, un riferimento. Anche Tech Princess vuole salutarlo, in un viaggio fra statistiche, soprannomi, rivalità e soprattutto l’eredità del suo addio.

Valentino Rossi: le statistiche

Il pilota di Tavullia ha scritto e riscritto i libri dei record della MotoGP e non solo, considerando le gare disputate in categorie come la 125, 250 e 500 dove ha corso in tutti i suoi 26 anni di carriera.

Per arrivare a mettere in bacheca 9 Mondiali, le vittorie ottenute sono state 115 (89 in 500/MotoGP, 14 in 250, 12 in 125), in un saldo totale da 235 podi e ben 5.409 punti complessivi a referto.

La prima gara corsa risale al 31 marzo 1996, nel GP di Malesia, l’ultima – oggi, il 14 novembre 2021. In mezzo ci sono stati ben 431 GP disputati nei tracciati più iconici della storia.

Le esultanze di Valentino Rossi

Il 46 giallo, numero di riferimento che ha accompagnato il marchigiano nel corso dell’intera carriera, a un certo punto della sua vita si è trasformato da un pilota a vincente intrattenitore. Un’affermazione dopo l’altra, festeggiate non più coi classici giri di pista, ma con vere e proprie gag, organizzate insieme al fedele amico Uccio e al suo fan club, per allietare il pubblico presente sulle tribune dei vari tracciati, ma anche chi lo ha ammirato da casa.

I soprannomi di Valentino

Grazie Vale!

Il Dottore è sicuramente il soprannome più noto di Rossi, ma il rider italiano ha utilizzato anche uno strano nickname: Rossifumi. Nei primi anni di carriera Valentino ha infatti omaggiato Norifumi Abe, pilota nipponico degli anni ’90 e dei primi 2000 della MotoGP di cui era tifoso in gioventù, con una crasi fra il suo cognome e la parte finale del nome del suo idolo.

Le rivalità

Nel corso della sua lunghissima carriera Valentino Rossi, titolo dopo titolo, ha cannibalizzato la scena iridata ma, affinché la sua leggenda diventasse più grande, ha avuto bisogno accanto a lui di rivali che si alternassero nella sfida.

I due più importanti sono stati certamente Max Biaggi, nei primi anni 2000, in una rivalità alla quale in questi giorni lo stesso “Corsaro” ha reso omaggio, e Marc Marquez, con lo spagnolo – in attività e a quota 8 Mondiali, anche se al momento alle prese con grossi problemi fisici – che ossessionato da Rossi nei primi anni nella classe regina ha cercato di imitare a più riprese il pesarese sotto tutti i punti di vista, non riscontrando però lo stesso gradimento dal pubblico.

Impossibile poi non citare piloti come Sete Gibernau e Jorge Lorenzo: rider che hanno già interrotto la loro carriera agonistica, un altro segnale che fa capire la longevità straordinaria di Valentino.

Grazie di tutto

Il 10° posto di oggi conta solo per la cronaca, perchè a Valencia si è vissuto di emozioni e non di tempi, di ricordi e di tributi e non di cronometro e bandiera a scacchi.

È come se a tanti, nel paddock e non solo, “fosse passata tutta la vita davanti”. Sì, perchè Valentino non è stato solo un manubrio, il gas spalancato dell’acceleratore o la leva del freno. È stato tanto di più: un eroe dei due mondi.

Un riferimento tanto in Italia quanto nel mondo: ha fatto discutere, ha diviso e ha unito, come succede sempre con personaggi di questa grandezza.

È stato l’eroe del bar sottocasa, ma anche di Tom Cruise e Lewis Hamilton, che lo hanno voluto omaggiare con video. È stato Valentino Rossi.

Cosa ci lascia Valentino Rossi

Per spiegarlo, la cosa migliore è partire da chi per anni ne ha decantato le gesta incrociando la sua voce ai sorpassi, alle vittorie, ai titoli del centauro di Tavullia, ossia Guido Meda.

Uno come tantissimi, con un cognome come tantissimi, ma specialissimo per la carriera per l’umanità che non si è mai elevato oltre quella misura oltre cui comincia il pericolo di perdere la testa e quindi forse anche di perdere il discorso. Non li ha mai persi. È stato fenomeno a cogliere i cambiamenti e ad adattarsi anche quelli più difficili.

Ha usato la testa, il gas, la ferocia, l’allegria e la curiosità. Non ha mai portato a casa i problemi. Dove c’erano gli eccessi ha moderato, dove c’erano le complicazioni ha semplificato, dove c’era il buio ha illuminato, dove c’era da trasmettere ha trasmesso (e sto pensando ai giovani che adesso continuano dopo di lui). Quando c’è stato da diventare consapevole lo ha fatto.

Mentre le ragioni del ritiro si sono fatte sempre più chiare, ha cominciato a riconciliare anche con le vecchie questioni personali e a generare una nuova forma di buonsenso che resta l’ultimo atto del Rossi grandioso che abbiamo amato e che lo proietta perfetto e puntuale (lui che è ritardatario cronico…) alla paternità.

Valentino diventa papà e questa paternità riempirà il suo vuoto. Vederlo sereno, nelle immagini del passato come in quelle di oggi, lascia tutti più sereni anche noi.

E se è vero che decine di volte abbiamo gridato “Rossi c’è”, oggi diciamo che è stato meraviglioso poterlo dire e che “Rossi ci sarà per sempre”.

Valentino Rossi ha compiuto rivoluzioni copernicane, fra apprendimenti, crescite e rischi, per non cadere nella monotonia: è passato dalla Honda alla Yamaha, ha fatto tutto e il contrario di tutto, seguendo la stella polare del divertimento.

Valentino è stato maledetto, un dannato, fuori di testa: tutti termini che si sono usati per descriverlo, ma mai con accezione negativa. Uno che nella vita è riuscito ad aprire mille cerchi e mille parentesi riuscendo sempre (o quasi) a chiuderle. E la dimostrazione è avvenuta oggi: 14/11/21= 46, a Valencia, in quel tracciato dove nel 2015 gli è sfuggito il decimo titolo Mondiale, forse la ferita più grande di una carriera semplicemente stratosferica.

Dagli applausi amari di quella volta agli applausi scroscianti di oggi. Una parabola di vita che per 26 anni ci ha accompagnato: dal divano al bar in spiaggia e viceversa, lungo tutti i campionati disputati dal pesarese.

Sorpassi a 300 km/h, all’ultima curva, in spazi dove non ci sarebbe passato neanche uno spillo: lui ci buttava dentro una moto, poi cadute e interruzioni di servizio. La vita vissuta in una serie di polaroid, con scatti indimenticabili per milioni di persone.

È stato un piacere conoscerla Signor Rossi: ecco chi era in pista, uno che non Va…Lentino.

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